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 Caco assassin
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marco vedrietti.
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Inserito - 16/09/2004 :  14:42:17  Mostra Profilo  Visita la Homepage di marco vedrietti. Invia un Messaggio Privato a marco vedrietti.
Il cachi è albero delle Ebenacee, di origine tropicale, con foglie coriacee oblunghe, fiori ascellari e frutto a bacca (Diospyros kaki).
Le piante di cachi crescono in gran parte del nord Italia. È, il caco (pare che chiamarlo “caco” sia scorretto, popolare, ma io conosco una sacco di gente scorretta, e sono scorretto io stesso e che c’è di male nel considerare il nome corretto un plurale?) un frutto dalle varie vite e dall’indole anarchica, tanto che matura nel tardo autunno, quasi in inverno, insieme ai crisantemi.
Chissà di cosa sanno i crisantemi? Bisognerebbe mangiarli in insalata per saperlo, crudi non mi fiderei, ma chissà con noci e mele, immagino i morti che si levan dalle tombe per contendere i crisantemi a quelli che se li mangiano.
Crisantemi a parte, i cachi maturi sono arancione, si colgono quando l’albero ha perso tutte le foglie, sono dolci e polposi, non succosi, se acerbi legano la bocca, se maturi, sono una prelibatezza, vanno mangiati con coltello e forchetta per sbucciarli, a usare le mani ce le si ritrova appicicaticce o, meglio, con termine che non credo italiano, taccolente (vale come per caco/cachi: in italiano esistono turbolento e lutulento, perché non “taccolento”?). Le macchie di caco son terribili da mandar via, come quelle delle pesche.
Cachi, caco, fermiamo un attimo l’attenzione sul fato che “cachi” è un termine che deriva dal giapponese, come del resto le piante, ed il volgo, si diceva, lo chiama caco, ma “caco”, in greco antico, vuol dir cattivo, non ha nessuna attinenza con la pianta, almeno così sembra, infatti il caco sa anche essere cattivo: lui e la sua pianta presentano certe controindicazioni, non riportate sulla confezione (che rabbia per l’UE).
Il caco appena nato sembra un fiore fatto di plastica, è carnoso e racchiude il fruttino, il frutto esce lentamente, slarga i petali che lo racchiudono e si espande, questi piccoli cachi si staccano facilmente, e sono perfetti per la fionda.
L’albero di caco è bello: ha il fusto alto ed un fogliame fitto ed ombroso, di foglie larghe e solide, mimetizzati dalle foglie, i giovani cachi crescono sereni.
Alcuni dei giovani cachi, verso la fine dell’estate, cominciano a cadere, si sa: la gioventù, l’incoscienza, la curiosità di vedere il mondo, a quell’età il caco è di un bel verde brillante, un pò acido, grande come un’albicocca ed ha la forma di una zucca, incidentalmente, quando tocca terra (o la testa dell’incauto che prende il fresco all’ombra della pianta) è duro come un sasso, ma se lasciato a sé stesso, in pochi giorni marcisce e diventa mefitico, ammorbando l’aria intorno, e gli incaricati devono piegare la schiena e raccoglierli, quelli sodi ed inodori e quelli sfatti e marci. Col passare dei mesi diventano grossi, e restano duri, e quanto sopra succede in dimensione maggiore, o, meglio, ne cadono di meno, ma son più grossi, fan più male e puzzano di più.
Quando cadono, le foglie formano per terra una specie di parquet, ostico da tirare su, in più strati, i più bassi dei quali marciscono e diventano scivolosi e, come sopra, putridi. Pare che sia un ottimo concime, ma la sua consistenza è decisamente spiacevole.
Quanto costa la loro dolcezza: traumi cranici, schiene piegate, puzza e scivolate, ma arriva novembre, e se non ci si è rotti niente si può cogliere il frutto, ricordiamolo, l’albero di cachi ha il fusto alto.
In certe zone della Svizzera (così mi ha detto l’uomo che mi ha mostrato lo strumento, un muratore emigrato in gioventù che dalla terra del cioccolato e delle banche aveva riportato una ricca pensione in franchi svizzeri ed il prezioso strumento) hanno inventato uno strumento a tenaglia montato in cima ad una lunga canna, alle tenaglie, azionate da una maniglia posta alla base, della canna, sono fissati due morbide forme di cuoio che accolgono il frutto, una volta che lo si è preso basta ruotarlo un paio di volte e la prelibatezza si stacca ed è in mano vostra, dopo averne raccolti una cinquantina si è a posto. Questo il metodo intelligente.
Il metodo divertente, quando si è giovani, è quello di arrampicarsi sull’albero e sporgersi da un ramo all’altro per prendere i cachi e lanciarli di sotto, dove è bene che qualcuno li prenda, se no si spiaccicano (da maturi sono fragili) e li prenda bene, sennò gli si spiaccicano in mano. Naturalmente, i cachi è meglio coglierli quando non sono ancora maturi, se no il rischio di spiaccicamento cresce, mentre quelli non del tutto maturi al massimo si spaccano (e magari sulla testa di chi non ha una buona presa). Le versioni locali dell’intelligente marchingegno a tenaglia svizzero sono una cesoia fissata in cima ad una canna ed alla cesoia fissato un cestino, od una retina che raccoglie i frutti, oppure un cerchio di metallo lavorato come i merli di un castello, con sotto la rete, incastrando il picciolo del caco alla base dei merli e ruotando lo strumento il frutto (ed eventualmente il ramo e la foglia) casca nella rete, cinque cachi nella rete pesano anche due o tre chili, e bisogna calare la rete e svuotarla, se no si sfonda, ed il braccio duole. La cesoia è azionata da un lungo cavo libero, che ha la perfida abitudine di incastrarsi nei rami. Inutile, solo il marchingegno presunto svizzero risparmia tempo e fatica, permettendo anche di lavorare soli.
Bisogna poi stare attenti a non ammaccare il frutto, se no, nella zona ammaccata, matura già marcio, questo vale sia quando lo si coglie sia quando lo si mette fra le mele le quali, per un motivo che mi sfugge, accelerano la maturazione, ma essendo molto più dure del maturando lo possono bozzare.
Il frutto poi, e questo è strano, matura meglio al freddo secco.
Si diceva della cattiveria del frutto e della pianta, ed un po’ ne avete saggiata nelle righe precedenti, ebbene, la corteccia del caco è liscia e fatta a scaglie, la si può accarezzare senza timore di schegge, sembra la pelle di un rettile, e come il rettile è infida. Non ho mai considerato i rettili infidi, insomma, se i serpenti non hanno le zampe devono strisciare, mica possono volare (a vederli balzare, però, un po’ di impressione la fanno), ed un coccodrillo, se deve staccarti un braccio, non lo fa mica in maniera infida. Ma noialtri esseri umani abbiamo la brutta abitudine di definire tutto con categorie nostre, ignorando bellamente il fatto che le cose esistono anche senza nome.
Sta di fatto che la corteccia del caco ha questa ambigua natura: vegetale ed animale, forse dipende dal fatto che non è una pianta europea, ma asiatica, cinese, per la precisione, ed i nostri avi più remoti non la conoscevano, ne’ la cantavano, ne’ insegnavano ai figli a guardarsene, ed in aggiunta è stata introdotta in europa come pianta ornamentale, non per fini alimentari. In Giappone ci fanno i bonsai. Ecco, deve essere l’origine cinese. Raccontava Dino Buzzati che i primi segni del male che uccise Curzio Malaparte si erano manifestati durante un viaggio in Cina: un dottore cinese piccolo, pulito e gentile gli aveva detto che un virus piccolo e gentile si era infilato nelle sue vene, e vi stava tenendo un piccolo e gentile party, essendo tanto cinesemente piccolo e gentile, al massimo il virus avrebbe causato solo una piccola e gentile malattia…
Non tiriamo in ballo il pericolo giallo, ma seguiamo quel signore il quale, in un freddo giorno del tardo autunno, esce di casa. Abita in pianura, in una zona rurale, resa squallida dalla stagione e dal tetro sole. Nel giardino una pianta di cachi, spoglia di foglie, sembra un albero di natale con le palline rosse. Ha il signore l’acquolina in bocca? È dolce il caco, è buono, e forse il signore da bambino lo adorava, ma ne aveva mangiato poco, forse aveva desiderato i dolci, ma ne aveva mangiati pochi, ed il caco può soddisfare antiche voglie. Il signore non ha strumenti, salvo una cesoia, una scala ed un cestino di vimini con attaccato un gancio ricavato da una vergella per il cemento armato. Appoggia la scala alla pianta e sale, taglia i cachi più bassi, poi sale fino a quelli più alti, agli ultimi non ci arriva, ma che se li godano gli uccelli, riempie il cestino, scende, lo svuota e sposta la scala. Dopo aver ripetuto l’operazione x volte è stanco, ma ci sono ancora molti frutti sull’albero, e la compie un’altra volta, dovrebbe farlo ancora, ma gli ultimi cachi sono fuori portata e di spostare la scala proprio non ne ha voglia. Allora, incoscientemente, dalla scala si sposta sull’albero, babbeo, non hai più vent’anni ed il tuo peso ti può sbilanciare, e la corteccia è liscia ed umida di bruma ed hai colto già un sacco di frutti ed il cestino pieno ti sbilancia.
Ci credereste che così ne sono morti tanti, o si sono fatti molto male? Come i bambini che si arrampicano sulla credenza per guadagnare la marmellata, ma gli adulti, cadendo, si fanno molto più male dei bambini.
Bisognerebbe proprio importare dalla Svizzera massicce quantità di quegli arnesi, ed organizzare corsi sull’uso, a cura delle scuole guida, magari, e rilasciare un patentino.
Guardando le piante cariche di frutti penso sempre che sono morti in tanti, e rotti altrettanti, sempre uomini, spesso anziani, ed i frutti, indifferenti, sembra sempre che sorridano.


   
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