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 La voce di Orfeo
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Elisa Marzola
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Inserito - 08/09/2004 :  10:59:12  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a Elisa Marzola
Questo é una parte del primo capitolo del mio libro...se non vi spiace vorrei commenti...Grazie

La voce di Orfeo

Il sole caldo e radioso brillava nel cielo limpido e azzurro sopra la città di Ninve, era appena l’ora nona del mattino del 20 Miel della Stagione dei Venti per il Calendario di Gego, erano le prime ore dopo l’alba, Jack era sveglio da molto e dalla finestra della sua camera guardava allontanarsi al leggero soffio del vento le nuvole bianche e spumose che lente si trascinavano oltre le colline dell’Eren.
Quel giorno non aveva per nulla voglia di recarsi al bar dove lavorava e questo lo metteva a disagio, poiché non gli capitava spesso di sentirsi così, e le rare volte in cui gli succedeva, c’erano ragioni profonde, questa volta però era diverso, non riusciva a darsi una spiegazione, forse era inquieto per gli strani sogni fatti quella notte, non erano ben nitidi, alla pallida luce del mattino ricordava solo una voce che non riconosceva, anzi, era sicuro di non averla mai sentita, eppure gli aveva parlato, ma non ricordava le parole, era solo una voce, a pensarci ora con lucidità non sembrava nemmeno tanto importante, ma allora perché lo inquietava tanto? Sospirò e alzò le spalle, era inutile continuare a pensarci.
Richiuse la finestra, la città sotto di lui stava prendendo vita e passò qualche altro istante ad osservare il via vai della gente, poi si voltò stancamente e incrociò il suo stesso sguardo nello specchio, uno sguardo azzurro e intenso che ora per qualche strano motivo a lui sconosciuto appariva teso e preoccupato, quell’espressione stravolta dipinta nel suo bel volto gli strappò un sorriso, oggi non é giornata si disse e si diresse verso la cucina illuminata dal tiepido sole che già annunciava la bella stagione.
Jack abitava in un piccolo appartamento al quarto ed ultimo piano di una palazzina nei pressi del centro di Ninve, era stato Claud a trovarglielo, il proprietario del bar in cui lavorava, ma soprattutto il suo più grande amico, la cucina era tutt’uno con la piccola sala che fungeva allo stesso tempo da entrata e dava su uno stanzino con tre porte, due di queste portavano alle camere, Jack vivendo da solo ne utilizzava solo una, l’altra, la più piccola, era diventata una libreria, la terza porta dava invece su un bagno.
Appena entrò nella luce soffusa che penetrava dalle righe della persiana, Jack accese la televisione per guardare il primo telegiornale del mattino, prese una tazza dalla credenza e si mise ad ascoltare la voce della giornalista accorgendosi amaramente che il cartone del latte in frigorifero era completamente vuoto, oggi decisamente non é giornata si ripeté; ma in quel momento qualcosa attrasse la sua attenzione «...verificato un terribile uragano. Le tre città di Giana, Fil e Bonyla hanno subito danni gravissimi, la Pineta Dose é stata completamente distrutta, i soccorritori sono al lavoro da ore, il bilancio provvisorio é di trecento vittime, ma i dispersi sono ancora molti, sentiamo il nostro inviato...».
Jack stentava a crederci, l’Isola di Giana devastata da un uragano, in ventitré anni di vita mai aveva visto una cosa del genere, né su Giana, né su tutto l’Estel, se non avesse visto le immagini con i propri occhi non ci avrebbe mai creduto, nemmeno se gliel’avessero giurato. Stava di fatto però, che ultimamente nell’Estel, stavano accadendo molti fatti strani, tutti apparentemente senza spiegazione, ma Jack era convinto che per quanto incredibile potesse essere, una spiegazione ci fosse sempre, nulla andava mai al caso. La scorsa noveria la Pineta Lon nel Rodel aveva preso inaspettatamente fuoco in più punti contemporaneamente dopo una pioggia incessante, fortunatamente non c’erano state vittime, ma la piccola foresta era andata interamente distrutta. Sospirò perplesso mentre metteva a bollire l’acqua per il the, era tutto così strano, forse davvero non c’era una spiegazione, forse questa volta si sbagliava, infondo cosa mai poteva saperne lui di tutto questo. Ripensò all’incendio, l’uragano, per quanto strano, poteva essere ritenuto un caso isolato, ma l’incendio su una pineta fradicia? Chissà cosa ne pensava Claud di tutto questo, si ripromise di chiederglielo appena arrivato al lavoro, era sempre bello chiacchierare con lui, riusciva a tirargli su il morale ogni volta che ne sentiva il bisogno e quella mattina ne aveva davvero bisogno anche se non capiva bene perché, era come se qualcuno lo stesse disperatamente cercando e non riuscisse a trovarlo, rabbrividì per come avesse trovato in un istante le parole che così bene descrivevano quella pressante sensazione. E’come se qualcuno mi stesse cercando con tutte le sue forze, ma nonostante tutto, non riuscisse a trovarmi, ma chi può essere e soprattutto perché?
L’acqua bolliva e Jack si alzò per prendere una bustina di the dalla credenza, prese la scatola e vi frugò dentro, incredulo la capovolse sopra il tavolo ma non cadde nemmeno un granello di polvere.
«Oggi non é proprio giornata!» Sospirò stancamente.

Quando Jack arrivò al bar, Claud aveva finito di sistemare anche i listini del giorno, lo salutò come ogni mattina e lui come sempre rispose allegramente, non c’era nulla di strano era tutto come al solito, si sentì sollevato, senza un motivo preciso. Claud era un bell’uomo, aveva trentacinque anni, i capelli e gli occhi scuri e il sorriso sempre pronto per chiunque entrasse nel suo locale, con Jack però non fingeva mai, era sposato da sei anni con Elena, ma già da un po’ le cose tra i due non andavano molto bene, Jack lo sapeva benissimo, Claud non gli aveva mai tenuto nascosto niente e lo stesso aveva fatto lui, si fidava di pochissime persone. Claud era una di queste. Jack con sguardo assorto si mise al suo posto dietro il bancone, non c’era nessuno a parte un vecchietto al tavolo in angolo che sedeva curvo sotto un grigio mantello incappucciato, aveva appoggiato al muro color avorio un bastone di legno con una strana lavorazione all’estremità, Jack cercò di capire che forma fosse, ma era troppo nella penombra e non riusciva a scorgerlo, lo osservò perplesso mentre tossiva.
«Lo conosci per caso?». Gli chiese Claud vedendolo interessato a squadrare lo strano individuo.
«Mai visto prima!». Rispose con un filo di voce sempre più scettico.
«Lo sospettavo!». Gli disse a bassa voce. «E’ lì da mezz’ora, é entrato senza salutare, si é guardato intorno per circa cinque minuti e poi si é piazzato lì; strano personaggio vero?».
«Abbastanza direi!».
«Mah!». Claud sembrava allo stesso tempo perplesso e incuriosito. «Vorrei tanto sapere da dove viene quel tipo!». Disse guardandolo in tralice, poi alzò le spalle. «Piuttosto hai sentito l’ultima notizia?».
Jack distolse subito lo sguardo del vecchio all’angolo, ricordò le immagini di poco prima e ritornò alla realtà, osservare quella figura l’aveva in un certo senso trascinato in una dimensione innaturale, era come sognare ad occhi aperti, si riscosse subito da quei pensieri inutili, i sogni di quella notte l’avevano scosso a tal punto? Accidenti se solo riuscisse a ricordare!
«Jack! Mi senti?»
«Come? Oh! Si, certo, brutta storia, vero?». Doveva stare attento altrimenti Claud si sarebbe accorto che qualcosa non andava in lui e dare spiegazioni di inutili paure, strani sogni e voci fantasma non era proprio ciò di cui aveva bisogno.
«Mai vista una cosa del genere!». Esordì Claud con voce innaturale e drammatica, era come se stesse recitando in un teatro gremito di persone: «Mai sentito parlare di uragani nell’Estel!». Jack sorrise.
«Il mondo sta cambiando! Non é più tutto come una volta!». Disse poi, privo di espressione, Jack conosceva benissimo quel gioco. «Non sai quante volte ho sentito stamattina queste parole, ti giuro ogni vecchietto che entrava la stessa identica cosa, le stesse frasi, sembrava una congiura!».
Jack rideva divertito. «Quando é entrato lui...». Disse accennando con la testa all’uomo all’angolo. «Mi si sono rizzati i capelli, ma come ti ho detto non ha nemmeno salutato, ringraziando il cielo, chissà...». Esclamò ridendo. «...magari mi ha letto nel pensiero!».
«Allora si sarà spaventato!» Scherzò lui, ma Claud lo guardò storto dicendogli: «Se leggeva nella tua di mente a quest’ora avrebbe già attraversato tutti gli Ardesia-Lor di corsa!»
«Non sapevo di fare quest’effetto! Ma scherzi a parte, tu cosa ne pensi?»
«Non lo so Jack». Era serio e piuttosto preoccupato: «Non é una cosa di cui rallegrarsi, é stato un brutto uragano e mi dispiace dirlo, ma davvero non si era mai verificato un evento simile, tuttavia, quello che veramente mi preoccupa é che si sia abbattuto sull’isola a ciel sereno e...»
«Che cosa?» Lo interruppe Jack allibito e incredulo.
«Ma come non hai sentito la notizia stamattina?»
«Ho acceso la tv tardi e ho sentito solo la fine, c’erano delle immagini tremende». Jack era alquanto scosso, non avrebbe mai creduto possibile una cosa del genere, era tutto così surreale: «Prima l’incendio dopo la pioggia, poi l’uragano a ciel sereno... se me lo raccontassero non ci crederei, ma quelle immagini...» Erano stampate nella sua mente, nitide come la pioggia, distruzione ovunque Giana era stata distrutta, Giana l’isola più bella di tutto l’Estel, chissà perché gli veniva in mente ora, disse: «Non c’ero mai stato Claud». Tra i due calò il silenzio, poi Claud annuì sospirando e allontanandosi disse tra sé in un sussurro inudibile:
«Sta tornando». L’uomo all’angolo tossì e lo sguardo pensieroso di Claud si posò su di lui, si avvicinò nuovamente a Jack e sottovoce gli disse:
«Non ha ancora preso niente, io sono stato occupato e a dir la verità m’ero scordato della sua presenza...» Jack lo rimproverò con un’ammonizione: «Può capitare!». Ribatté Claud scusandosi.
«Si, diciamo piuttosto che non ti andava di andargli vicino più di tanto!» Disse Jack cogliendo nel segno.
«Può essere!»
«Andiamo Claud! Non sei un bambino dell’asilo e quello non é l’uomo nero!» Non credeva ai suoi occhi, era la prima volta che lo vedeva comportarsi in quello strano modo, poi lo assalì un dubbio: «Non vorrai che vada io!»
«Certo che ci andrai é lì da quasi un’ora e non sembra abbia intenzione di andarsene molto presto!»
«Non é questo il punto!» Non riusciva a crederci.
«Non é l’uomo nero!» Scherzò Claud e gli batté una mano sulla spalla, Jack era ammutolito: «Ah! Da parte mia chiedigli dove ha trovato quel bastone! Su vai!»
Sospirò, dopo una notte di incubi e voci, mi mancava questa! Accidenti a me, perché ho voluto venire? In quattro anni non sono mai stato a casa, non potevo starmene a letto? Lo dicevo io che non era giornata!
Si avviava verso lo strano individuo, l’idea non gli piaceva per niente e si accorse d’essere nervoso, più cercava di non pensarci più si sentiva inquieto e teso, ma perché? Dopotutto doveva solo chiedergli se voleva ordinare qualcosa, l’aveva fatto milioni di volte, eppure gli tremavano le mani, ma cosa aveva di straordinario? Era solo un vecchio, d’accordo era vestito in modo strano, aveva un bastone tutto bitorzoluto... già il bastone, lo aveva attratto all’inizio e ora lo vedeva bene, era intagliato all’estremità in una decina di piccoli ramoscelli che s’intrecciavano intorno a una sfera trasparente, forse, pensò Jack, cristallo. Che fosse un indovino? Arrivò in prossimità del tavolo e gli occhi dell’uomo si posarono su di lui, non era vecchio come aveva pensato Claud, era giovane, avrà avuto al massimo una dozzina d’anni più di lui, aveva uno sguardo profondo d’un verde chiarissimo, i capelli spuntavano a ciocche dal cappuccio, erano lunghi fino alle spalle, sembrava affaticato.
Si fissarono per un lungo istante, fu Jack a parlare per primo: «Desidera ordinare qualcosa Signore?» Chiese con voce incerta, si sentiva sempre più nervoso e lo infastidiva non poco il non sapere la causa di questo stato d’animo. Ora che lo aveva visto invece di tranquillizzarsi era ancora più agitato.
«Non sono un Signore ragazzo». Gli rispose una voce vivida e calda, questo sorprese Jack: «Ma...si». Disse osservandolo: «In effetti desidero qualcosa».
«Dica». Jack prese la penna, era pronto a scrivere l’ordinazione.
«Un infuso di Lyres». Disse lo strano individuo sorridendogli amabilmente.
Jack lo guardò stravolto: «Come ha detto scusi?» La mano iniziò a tremargli nuovamente, si sentiva terribilmente a disagio.
«Un infuso di Lyres, grazie». Ripeté con lo stesso tono di voce e la medesima espressione di prima. Lyres? E che roba era? Se fosse stato sicuro che si trattasse di un sogno, avrebbe potuto riderci sopra, ma sapeva che era la realtà, una realtà che sembrava diversa, innaturale, dove tutto era stato stravolto, cosa stava succedendo a Gego? I pensieri correvano veloci nella mente di Jack mentre vedeva immagini di luoghi sconosciuti, vicini o lontani che fossero, valli e montagne, non c’era mai stato ma le riconosceva, erano gli Ardesia-Lor, poi tutto divenne meno nitido, l’immagine scomparve ma immediatamente, la sostituì quella di una foresta lussureggiante e immensa: Nevea; erano luoghi dell’Estel, prati, laghi, fiumi di cui conosceva solo l’esistenza, riusciva a vederli e a riconoscerli, ma come poteva? Ecco ora scorgeva il Mistico Deserto di Sharda dall’alto come in volo, poi un’isola ma questa non la riconosceva, non capiva...Jack fissava quell’uomo negli occhi con sguardo assente e senza rendersi conto di ciò che gli stava accadendo; l’uomo sospirò, scosse il capo e chiuse gli occhi con disperata tristezza, poi posò una mano sul braccio di Jack:
«Tutto bene ragazzo?» Gli disse con voce allegra, sembrava quasi divertito: «Hai capito o devo ripetertelo ancora?» Jack si riscosse subito, non capiva cosa fosse accaduto, si sentiva solo confuso, ma incredibilmente più calmo.
«Ho capito Signore...» Non sapeva cosa rispondergli, a dire la verità, non sapeva nemmeno se aveva capito: «...ecco io non credo che...»
«E’ il Lyres il problema?»
Non solo! Avrebbe voluto rispondergli Jack, tutto era un problema, a cominciare da quelle visioni dell’Estel, sembrava che stesse sorvolando tutto il territorio, aveva sentito persino il vento sulla pelle e il calore del sole sul viso in quell’attimo in cui lo aveva sfacciatamente guardato, ne era stato come accecato e tutto era diventato meno nitido, sapeva che quell’uomo centrava, lo sentiva, quando quella mano si era posata sul suo braccio, tutto era ritornato normale e lui si comportava come se non fosse accaduto nulla, ma non era così, lo sapeva bene, ma allora perché fingeva? Non aveva senso visto che ne erano entrambi consapevoli, a meno che...
«Se é il Lyres il problema allora lo risolviamo subito». Prese a frugare in una piccola borsa marrone che teneva a tracolla nascosta sotto la strana veste, Jack non l’aveva notata prima, era logora. Ne estrasse cinque foglie, erano piccole e rotonde ma di un vivo color rosso, le presentò a Jack: «Ecco queste sono foglie di Lyres, ora sai farlo un infuso o devo insegnartelo io?»
«No Signore, certo che no, glielo faccio subito!» Rispose Jack con poca convinzione, si chiedeva se per caso non si stesse prendendo gioco di lui, forse era il brutto scherzo di qualcuno che voleva divertirsi alle sue spalle, magari proprio Claud. No era impossibile, sospirò dirigendosi al bancone. Mi ha chiesto se so fare un infuso! Ma chi si crede di essere? Non é certo quello il mio problema, sono queste foglie...
Quando Claud lo vide arrivare con le foglie in mano sgranò gli occhi e iniziò a fissarlo con sguardo interrogativo poi chiese più che mai scettico:
«Che cosa dovrei farmene scusa?»
«Un infuso. Se vuoi il mio consiglio é meglio accontentarlo, magari poi se ne va, non lo so...» Disse guardando nella sua direzione quasi in un sussurro: «...é...inquietante».
«Inquietante?» Rise Claud sarcastico prendendo le foglie e mettendole a bollire: «Quello é solo un vecchio pazzo, dai retta a me! Chissà che si crede!»
«Non é affatto vecchio! E’ già tanto se ha la tua età, é questo che mi inquieta e poi... i suoi occhi Claud». No, non sarebbe mai riuscito a trovare le parole adatte a descriverli, erano così profondi e intelligenti, era come se sapesse molto più di quanto un normale essere umano potrebbe o dovrebbe sapere. Lui sapeva tutto.
«Allora é solo pazzo!» Sentenziò Claud con un’alzata di spalle. Curiosamente si mise ad osservare una di quelle foglie osservandola e rigirandola tra le mani: «Ma che razza di pianta sarebbe questa?»
«Lui l’ha chiamata Lyres, non so da dove diavolo l’abbia tirata fuori e non sono nemmeno sicuro di volerlo sapere, anzi sono sicurissimo di non volerlo!» L’unica cosa che voglio é che se ne vada al più presto, il solo pensiero di dovermi avvicinare a lui a portargli quella roba mi mette ansia, mi dispiace Claud, amico mio, ma questa volta ti sbagli di grosso, non é affatto matto.
Poco dopo Jack attraversava il bar con un vassoio in mano sul quale era posata, un’unica tazza fumante colma di un liquido rossastro e denso che emanava un forte profumo dolciastro, nonostante quella sensazione di benessere sentita in quel frangente di visioni innaturali, ancora una volta era tornato a sentirsi teso come una corda di violino.
«Eccoti finalmente!» Esclamò in un misto di approvazione e di impazienza, mentre guardava la tazza fumante che Jack delicatamente e con mano esperta gli poggiava sul tavolino. Inspirò profondamente l’aroma dolciastro: «Ben fatto ragazzo!» Jack si sentì sollevato, sorrise amabilmente e si voltò per andarsene.
«Non mi fai compagnia?» Compagnia? Neanche morto! Avrebbe voluto rispondergli, ma il suo buon senso e la sua educazione glielo impedirono, doveva trovare una scusa plausibile e doveva trovarla in poco tempo, si voltò verso di lui e incontrò di nuovo quello sguardo lucente...
«Siediti qui e facciamo due chiacchiere, il locale é vuoto, inoltre c’é il tuo amico lì dietro che per giunta ti spia!» Jack si girò sbalordito verso Claud, i due si fissarono per un istante, entrambi sconcertati, poi Claud alzò le spalle poco convinto e Jack annuì.
«Certo! Le faccio compagnia!» Disse sorridendo rivolto nuovamente all’uomo misterioso. Ormai, non posso tirarmi indietro e visto che sono qui, tanto vale che provi a capirci qualcosa di più. Jack si sedette sulla sedia di fronte a lui e senza più alcuna esitazione, lo fissò dritto negli occhi con un misto di timore represso e curiosità crescente, l’uomo senza distogliere lo sguardo dal suo, spinse la tazza fumante verso di lui. Jack sconcertato ancora una volta osservò prima la tazza poi lui, quel tizio era imprevedibile, era riuscito a stupirlo di nuovo.
«Coraggio, bevilo!» Gli intimò severamente, suonava come un ordine, ma a sentire quell’odore dolciastro, Jack lo vedeva più come una minaccia.
«No. Grazie». Disse poco dopo scandendo bene le parole, non ci pensava neanche lontanamente a ingurgitare quell’intruglio, non sapeva neppure da dove venissero quelle strane foglie, chissà che effetti potevano avere, per quel che ne sapeva lui potevano anche essere veleno.
«Non é veleno te lo assicuro». Disse in tono gentile.
«Come ha detto scusi?» Jack era sconvolto, fissava l’uomo con occhi sbarrati, com’era possibile? Che fosse stata una sagace intuizione? Oppure una semplicissima coincidenza? O...leggeva nel pensiero? Ma no, mi sto lasciando troppo trasportare dagli eventi ultimi e dalle circostanze, devo restare calmo! Devo restare calmo!
«Ho detto che non é veleno, puoi stare tranquillo». Jack si convinse che fosse una semplice intuizione, infondo era la cosa più ovvia che potesse venire in mente, quell’uomo lo stava condizionando, chissà perché si interessava tanto a lui, perché era così, lo capiva, era interessato proprio a lui. Jack.
«Dimmi ragazzo, se fossi vestito come tutta la gente là fuori...» E accennò alla vetrata che mostrava la via principale di Ninve gremita di persone che andavano e venivano chi per lo studio, chi per il lavoro, chi per visitare la città: «...e al posto di questo vecchio bastone avessi una comune valigia appoggiata alla sedia sulla quale siedo e ti offrissi amichevolmente un buon liquore che non hai mai sentito nominare, lo berresti?»
Perché riusciva a stupirlo ogni secondo che passava in sua compagnia, che cosa stava facendo? Jack lo osservava severamente, senza mai dar segno esteriore del suo tumulto interno, senza mai abbassare la guardia. Che risposta voleva? No, non era questa la strada giusta, era la verità che lui cercava.
«Direi probabilmente che non bevo liquori...» Sorrise amabilmente nonostante lo sguardo severo di lui: «...ma sarebbe una bugia, vede signore, non credo affatto che l’aspetto conti in questo genere di cose». Il volto del suo interlocutore s’illuminò allargandosi in un sorriso compiaciuto, come se fosse stato lui stesso a superare un esame particolarmente difficile:
«Allora posso presentarmi, non sono un “Signore” il mio nome é Orfeo, potrei sapere il tuo?»
«Mi chiamo Jack Aurier!» Si strinsero la mano e grazie a quel semplice gesto entrambi si sentirono più distesi, Jack sentì che quella di Orfeo era gelida.
«Allora Jack, il Lyres nel mio paese é una pianta abbastanza comune, se uno sa dove trovarla ovviamente!» Aggiunse sorridendo. Jack aveva la tentazione di chiedere a Orfeo a quale paese si riferisse ma qualcosa glielo impedì: «Ha delle proprietà formidabili comunemente é usata come un infuso e ha il potere di dare una grande energia, non so...» Fece una pausa osservando Jack quasi divertito: «...ho l’impressione che tu ne abbia bisogno». Jack era ammutolito, continuava a guardare Orfeo con occhi sbarrati trattenendo il fiato mentre il cuore accelerava i battiti, leggeva veramente nel pensiero allora? «Bevilo, ti puoi fidare, l’ho ordinata per te!» Jack era senza parole, lui sapeva che quel mattino non aveva fatto colazione, poiché era a questo che si riferiva dicendo che ne aveva bisogno.
«So molte cose Jack! Ma non tutto!»
«Come?» Chiese in un bisbiglio che gli costò grande fatica, non riusciva a calmarsi: «Lei legge nel pensiero?» Non sapeva per quale motivo gli avesse rivolto quella domanda, ma Orfeo continuava a osservarlo senza dire nulla. Jack si chiedeva perché, cosa voleva da lui quell’uomo? Si era seduto perché non aveva scelta, ma anche per saperne di più, ma ogni sua parola riempiva la conversazione di nuovi enigmi, gli aveva chiesto se leggeva nel pensiero, normalmente gli sarebbe sembrato assurdo porre seriamente a qualsiasi persona una domanda del genere, ma in quel momento niente gli pareva più normale, gli eventi delle ultime settimane e di quella mattina in particolare, il bar stranamente vuoto, non era mai successo e Orfeo...
Finalmente si decise a rispondere:
«No, non leggo il pensiero, nessuno può». Era serio, Jack a quella risposta si sentì sollevato: «Però in qualche modo é come se lo facessi». Jack non capiva a che gioco stesse giocando, era esasperato, se doveva dirgli qualcosa perché non lo faceva e basta invece di procedere per piccole frasi incomprensibili, voleva che capisse da solo forse, ma Jack non aveva alcuna voglia di ragionare sulle dritte che gli dava Orfeo, tuttavia...
«Perché mi ha chiesto come mi chiamo? Sembra che lei sappia molte cose, mi cercava vero? Lei sapeva benissimo chi ero, anzi sa molte più cose di quanto vorrei, allora? Perché me lo ha chiesto?»
«Sei astuto!» Esclamò compiaciuto: «Conoscevo il tuo nome certamente, ma volevo essere sicuro che tu ti fidassi di me, almeno abbastanza da dirmi il tuo nome».
«Astuto anche da parte sua! Ebbene Orfeo, sono stanco di giocare. Chi é lei? Ma soprattutto cosa vuole da me e perché mi cerca?» Chiese alterato, voleva arrivare fino in fondo alla questione, ne era più che convinto.
«Non c’é bisogno di usare quel tono di voce con me!» La calma di Orfeo era sorprendente, la pazienza di Jack però era al limite, sembrava che lo stesse mettendo alla prova anche sotto questo punto di vista, Jack non voleva dargli soddisfazione così cercò di controllarsi respirò profondamente cercando le parole per riformulare la domanda:
«Orfeo é il suo vero nome?»
«Si, é il mio vero nome e sono un Rivelatore».
«Cosa significa?» Jack guardava Orfeo con curiosità ma anche con paura crescente, in cuor suo Jack ora cominciava a capire.
Prima di rispondere Orfeo respirò profondamente, il suo volto sereno diventò preoccupato:
«I rivelatori hanno la particolare capacità di vedere delle cose prima che accadano e possono riguardare qualsiasi persona, ma non sono mai complete, noi chiamiamo questo fenomeno Riflesso Futuro. Cominci a capire non é vero?»
«Si, vada avanti». Aveva visto qualcosa che lo riguardava, avrebbe potuto dirgli che non gli interessava, ma non sarebbe stato vero, voleva sapere con tutto sé stesso cosa aveva saputo Orfeo sulla sua vita, sul suo futuro, sapeva che era la verità, Orfeo non stava mentendo.
«Qualcuno Jack ti chiederà di partire per un lungo, lunghissimo viaggio, nessuno sa dove questo ti potrà condurre, ma certamente ti cambierà la vita per sempre se accetterai di andare e di aiutarla, si Jack aiutarla, forse avrai paura di lei, forse non ti fiderai, ma qualcosa influenzerà la tua scelta, anzi qualcuno: una bambina sconosciuta a entrambi, non conosco l’esito del tuo conflitto interiore, non so quale sarà la tua decisione, ma una sola cosa ti voglio dire, non si tratta solo di Jack Aurier».
«Ma che cosa significa tutto questo?» Jack era letteralmente sconvolto, non riusciva a capire nulla del discorso fattogli da Orfeo, non riusciva nemmeno a pensare lucidamente, aveva un senso tutto quello che stava accadendo nell’Estel in quei giorni, perché a lui questa rivelazione?
«Credo Jack che più chiaro di così non avrei potuto essere, nemmeno io che sono un rivelatore conosco tutto né potrò mai conoscere tutto, mi dispiace di non poterti dire più di questo, credimi, ma non fa parte del mio compito e non vorrei nemmeno che lo facesse»
«Qual’é allora il tuo compito? Se come dici questa persona verrà a chiedermi di partire veramente, perché avvisarmi, a quale scopo?»
«Devi essere almeno in parte preparato ad affrontarla. Per quanto riguarda il mio compito, esso non é ancora finito, ci incontreremo ancora Jack, almeno lo spero dal più profondo del cuore».
Si alzò per andarsene ma Jack lo afferrò per il braccio:
«Ancora una cosa: chi é lei?»
«Lei? Ha molti nomi Jack, noi la chiamiamo Arila, ma tutto ciò che la avvolge, la sua stessa esistenza è un enorme segreto, un mistero che solo una cosa può rivelare, ma chissà se infondo è vera. Ora devo andare, ma prima ti voglio dire di non parlare mai con nessuno del nostro incontro hai capito? Mai e per nessun motivo e...un’ultima cosa voglio dirti, un consiglio, e tienilo bene a mente, perché mai Orfeo si è permesso di darne nella sua vita, farò un’eccezione, ti voglio dire che il caso non é il protagonista di questa storia, capire queste parole è compito tuo», jack lasciò il suo braccio e Orfeo si avviò verso l’uscita.
Jack era senza parole, guardava allontanarsi Orfeo e la sua mente pareva annebbiata, rimaneva lì seduto all’angolo del bar mentre Orfeo aprendo la porta si voltò sorridente per dirgli:
«Berrai il Lyres, Jack!» E se ne andò camminando per la via centrale di Ninve, chissà se veramente lo avrebbe rivisto ancora, chissà se avrebbe incontrato quella donna di cui parlava Orfeo, come si chiamava? Ah, Arila. Jack sospirò stancamente, si alzò prendendo la tazza di Lyres e si avviò al bancone, il liquido dolciastro era ormai raffreddato, Claud lo prese in mano annusandolo:
«Così voleva darla da bere a te! Tutto sommato non sembra male! Per caso la vende?»
«No, non è quel genere di persona», disse jack tristemente, Claud posò la tazza:
«Allora cosa voleva?», era serio e questo stupì Jack, fino ad ora non aveva mai preso sul serio la cosa, aveva continuato a scherzarci sopra, ma ora lo stava guardando con quell’aria preoccupata, era strano da parte sua, per la prima volta da quando lo conosceva si chiedeva se fosse opportuno parlargli della sua conversazione con Orfeo, infondo era stato proprio lui a dirgli in ultima di non parlare con nessuno di quello strano incontro, ma era giusto nasconderlo a Claud?
«Mi ha fatto una profezia, ma non chiedermi di più» Jack sospirò, aveva mille pensieri per la testa, in quel momento avrebbe solo voluto tornare a casa a riflettere anche se probabilmente non sarebbe servito a nulla, aggiunse: «Non mi va di parlarne».
«Come vuoi non insisto»
«Vado a prendere una boccata d’aria va bene? E butta via quella roba, non ho per nulla intenzione di berla.» Mi dispiace Orfeo ma almeno questo l’hai sbagliato.
«Va bene e dato che ci sei lascia pure la porta aperta, chissà che entri qualcuno, non ho mai visto il mio locale deserto a quest’ora del mattino!». Jack annuì e uscì a respirare a pieni polmoni l’aria fresca di Gego, fissò la porta in modo che restasse aperta e si accorse con un sorriso quale era il motivo di quella desolazione.
«Claud! Ti sei dimenticato di girare il cartello stamattina! Per forza non entra nessuno, pensano che sia chiuso!»
«Ma non è possibile, sono convinto di averlo fatto, è la prima cosa che faccio quando arrivo ogni mattina!» Jack ridendo della dimenticanza di Claud mentre girava il cartello disse scherzosamente:
«Stai diventando vecchio caro mio!» ma smise subito era scritto “CHIUSO” da entrambi i lati. Claud gli si avvicinò prendendogli il cartello dalle mani lo rigirava incredulo, era senza parole, Jack guardò tra la folla, gli venne in mente solo una cosa, anzi un nome e lo ripetè a bassa voce, soprappensiero:
«Orfeo»
Claud senza dire una parola gettò il cartello e tornò dietro il bancone con i primi clienti che erano appena entrati nel locale.

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