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 MA.RU.
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Gabriella Cuscinà
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Inserito - 20/01/2004 :  12:58:03  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Gabriella Cuscinà Invia un Messaggio Privato a Gabriella Cuscinà
MA. RU.

La professoressa Bianca Maria da tempo si interessava del problema della droga e aveva operato in questo campo svolgendo lezioni all’università, facendo ricerche, conferenze e scrivendo dei saggi sulla prevenzione e sui rischi
nell’assunzione di stupefacenti. Era molto preparata a riguardo e veniva considerata un’esperta, consultata da medici e psichiatri che combattevano questa piaga sociale. Dotata di spirito battagliero, più di una volta aveva allontanato dei giovani dal tunnel funesto dell’eroina o dalla spirale della cocaina.
Possedeva un sito Internet e lì pubblicava taluni discorsi e lezioni svolte ai suoi studenti. Riceveva e-mail da tutte le parti del mondo e in tutte le lingue,
richieste d’aiuto e di consigli, cui rispondeva puntualmente e con il massimo impegno. Si era resa conto che oramai l’opinione pubblica si era assuefatta a quel dramma giovanile e lo considerava come un sassolino gettato nello specchio di un lago: i cerchi svanivano e l’acqua tornava tranquilla. Ma non era così per lei che identificava nei ragazzi il suo lavoro, la sua vita e il principale interesse.
Avvertiva come la gente parlasse di droga con indifferenza, come un fenomeno d’attualità, talvolta con cinismo, tal altra con comprensione, però tutti si accorgevano della drammaticità del problema solo nel momento in cui erano toccati da vicino perché un figlio o un congiunto era finito in quel famoso e buio tunnel.
All’università, durante le lezioni, si era soffermata a ricordare ai suoi studenti che già dal 1990 lo Stato aveva potenziato l’assistenza sanitaria dei tossicodipendenti istituendo, presso le Asl, un servizio pubblico chiamato Sert, che era un centro di accoglienza e di orientamento terapeutico. Infatti lì la cura non si attuava solo con il metadone o altri farmici, ma sottoponendo l’interessato a mirati trattamenti psicologici.
Aveva cominciato a chattare con una ricercatrice il cui nickname era MA.RU.
Costei si dichiarava coinvolta nel problema in quanto il suo mestiere di biochimica la portava ad affrontare esperimenti e ricerche su composti chimici e sostanze allucinogene. Si descriveva come un’anziana signora dai capelli grigi, dalla faccia magra e già segnata di rughe, con gli occhi azzurri che parevano sempre un po’ stanchi per il continuo sforzo di guardare nel microscopio o di interpretare le annotazioni che scribacchiava sui taccuini. A Bianca Maria pareva di conoscerla da sempre e di averla davanti gli occhi. Si era affezionata inspiegabilmente a questa corrispondente e cercava di mettersi in comunicazione con lei anche più volte al giorno. Quella le rispondeva e le narrava tante cose della sua vita trascorsa. Anzi il suo conversare in chat era sempre improntato a narrarle episodi del passato, esperienze fatte ed esperimenti eseguiti in più occasioni e i risultati conseguiti. Come se avesse trovato finalmente una confidente cui poter svelare le sue scoperte senza timore di essere giudicata o criticata. MA.RU. le dava consigli, delucidazioni, le spiegava talune strane reazioni chimiche e gli effetti di alcuni particolari e sconosciuti composti delle droghe. Le aveva detto che sovente si commetteva l’errore di creare nei giovani dei pericolosi tabù. Cioè gli allucinogeni venivano demonizzati senza preoccuparsi di spiegare cosa siano e quali differenze esistano tra i vari tipi di stupefacenti o come e perché accada che si resti vittima del loro fascino perverso.
Aveva un linguaggio tipicamente scientifico e diceva che bisognava battersi contro l’ecstasy che produce sensazioni di onnipotenza nei ragazzi, i quali assumendola non accusano più alcuna fatica e vanno soggetti a collassi cardiocircolatori, ictus, danni cerebrali permanenti, morte per disidratazione, ipertermia e occlusione delle arterie causata da eccessiva ritenzione di liquidi.
Una volta le aveva raccontato di aver fatto un nuovo esperimento. Aveva avuto una illuminazione, una specie d’ispirazione. Siccome stava lavorando ad alcuni allergeni, improvvisamente aveva pensato di crearne di nuovi. Di quelli cioè che potessero rendere chiunque allergico agli stupefacenti.
Subito Bianca Maria le aveva risposto che il mondo non aveva bisogno di nuove sostanze che potessero provocare allergie, poiché ogni reazione allergica procurava attacchi di asma, nausea, edemi e così via. Quindi il vantaggio sarebbe stato inesistente.
MA.RU. aveva ribattuto che quella era la classica osservazione di chi non aveva fiducia nella scienza, il cui vero scopo non è quello di procurare vantaggi. Perché la scienza non ha scopo. Come l’arte, si giustifica da sola. Infatti uno scienziato non deve rendere conto a nessuno e non è la direzione verso la quale rivolge le sue energie che stabilisce se la sua è scienza pura o scienza applicata.
“Immagina,” aveva scritto “se un giorno tutti i ragazzi del mondo non potessero più assumere alcun tipo di droga perché allergici! Non credi che sarebbe una vera rivoluzione? Non sarebbero sconfitti per sempre i narcotrafficanti? Se un ragazzo si sentisse male dopo la prima dose di narcotico, credi che la riproverebbe? Ecco perché ho studiato a fondo gli allergeni e ho cercato di crearne di nuovi.”
La professoressa Bianca Maria fu affascinata e coinvolta da queste rivelazioni segrete e da queste idee. Cominciò a parlare ai suoi studenti del fatto che i vari tipi di droghe “leggere” e “pesanti” erano state superate dalla diffusione sul mercato di altre sostanze stupefacenti di natura farmacologica, dagli effetti forse più devastanti di quelli dell’eroina e della cocaina. Si soffermò a dire che l’ecstasy è un allucinogeno fabbricato in laboratorio che può portare a stati depressivi e alla paranoia poiché distrugge la serotonina, uno dei mediatori chimici del cervello umano. Annulla i freni inibitori, eccita e viene venduto a costi bassi, ma è un incrocio tra la simpamina e l’LSD e, se mescolato all’alcol, costituisce un veleno.
Non voleva svelare il segreto e le speranze dell’amica, ma sempre con maggiore veemenza si impegnò nella battaglia contro la droga. Cominciò a interessarsi al dibattito, attuale in Italia, sulla legalizzazione della vendita delle droghe leggere e sulla loro liberalizzazione. La professoressa era contraria a tale libera vendita, ma diceva altresì che la maggior parte dei giovani non sono bevitori e fumatori incalliti e nonostante ciò, lo Stato non si pone alcun problema etico nel mettere in vendita alcol e sigarette.
All’università prese a dire che le più grandi organizzazioni criminali traevano i propri proventi non solo dal traffico di stupefacenti, ma anche dalla microdelinquenza, da quei minori cioè che spacciano droga indisturbati. Se si riuscisse a effettuare una somministrazione controllata di droghe leggere, si eviterebbe non solo il rischio di overdose e di AIDS, ma si sottrarrebbe anche il tossicodipendente al mercato nero della droga e alla necessità di ricorrere a scippi, furti e rapine per procurarsi il denaro. Ma di queste ultime idee non era convinta neppure lei stessa, la verità era che sperava nella rivoluzione annunciata da MA.RU. Auspicava che riuscisse veramente a trovare, per il futuro, degli allergeni in grado di allontanare per sempre i giovani dagli allucinogeni.
Improvvisamente però l’amica non le scrisse più. Sembrò scomparsa nel nulla.
Come era apparsa e l’aveva coinvolta in un rapporto di confidenza e complicità, così era svanita senza lasciare traccia di sé, se non tutte quelle belle idee e quelle parole di speranza.
Bianca Maria continuò a scriverle sempre, ma non ricevette alcuna risposta.
Passarono i mesi e quando ormai delusa e affranta, disperava di averne notizie, un giorno ricevette un e-mail inquietante. MA.RU. diceva di essere dovuta scappare e di essersi rifugiata in una località sconosciuta. Le spiegava di essere in realtà una scienziata del C.N.R. ovverosia del Centro Nazionale Ricerche. Era stata perseguitata da una grossa organizzazione di narcotrafficanti che le avevano sabotato l’auto, il laboratorio e messo la casa a soqquadro. L’avevano dunque minacciata di morte se avesse continuato le sue ricerche sugli allergeni contro le droghe. Aveva dovuto dare le dimissioni e fuggire all’estero poiché in Italia nessuno la garantiva e le assicurava l’incolumità. Adesso la pregava di non scriverle più perché sarebbe stato pericoloso.
La meraviglia e il dispiacere della nostra professoressa furono enorme e sentì sfumare le sue speranze. Provò sentimenti di ribellione e avrebbe voluto gridare al mondo intero quella inaudita ingiustizia. Capì che ancora una volta la malavita aveva usato il sistema della prevaricazione e della violenza.
Un giorno si trovò a parlare con un suo amico del C.N.R. e gli chiese informazioni su una tale scienziata che si firmava telematicamente MA.RU. Chiese se la conoscesse e cosa sapesse di lei. La risposta fu che quel nickname apparteneva alla dottoressa Maria Russo che aveva dato le dimissioni dal Centro per problemi personali. Ma l’amico non sapeva altro, anche perché quella era sempre stata una persona molto schiva ed enigmatica. L’unica cosa interessante di cui era al corrente, consisteva nel fatto che tutte le ricerche di quella scienziata erano andate inspiegabilmente distrutte nell’esplosione del suo laboratorio.
Bianca Maria fu ancor più addolorata da queste informazioni e si chiese se la sua amica non avesse mai messo a parte qualcuno del Centro Nazionale sulle sue ricerche.
Un anno dopo, furono dissipate le sue perplessità in quanto le giunse un messaggio dell’amica in cui le diceva di non aver più potuto lavorare ai suoi allergeni poiché le formule erano andate distrutte e nessuno le conosceva o sarebbe stato in grado di portare avanti le sue ricerche. Tra l’altro era ammalata di un male incurabile e le restavano solo pochi mesi di vita. Era serena però, aveva vissuto quell’ultimo periodo della sua vita in un luogo incantevole, aveva fatto le cose più impensate e conosciuto gente splendida. Non lasciava al mondo alcun parente prossimo e forse nessuno si sarebbe ricordato di lei. Ma Iddio le aveva dato tanto, le aveva offerto la possibilità di studiare, di conoscere il mondo affascinante della biochimica e della bioingegneria, aveva visto al microscopio cose formidabili e aveva sondato un universo meraviglioso fatto di microcellule e microrganismi. Aveva fatto delle scoperte su nuovi farmaci che già aiutavano la gente ad affrontare meglio le malattie. Aveva conosciuto scienziati che, come lei, avevano dedicato l’esistenza al miglioramento della qualità della vita sul nostro pianeta. Forse non era vissuta per se stessa, forse, come diceva Pablo Neruda, aveva vissuto la vita degli altri. Forse la propria vita era fatta di tutte le vite. Le diceva addio e annoverava, tra le cose più belle di quegli ultimi suoi anni, l’averla conosciuta e aver potuto scambiare pensieri e confidenze con lei. La pregava comunque di non rispondere a quella mail.
Bianca Maria pianse tutte le sue lacrime e fu sconvolta da quelle parole. Capì che dei malfattori avevano avuto la meglio. Le sue speranze sarebbero rimaste solo dei sogni. Sogni basati su un’idea ingegnosa e geniale, che aveva messo in allarme il mondo dei narcotrafficanti e le organizzazioni criminali internazionali. Certo se nel futuro fosse davvero esistito un allergene da poter usare come un qualsiasi vaccino, che rendesse allergici da ogni tipo di narcotico, sarebbe stata una scoperta sensazionale. Ma restava ancora solo un sogno, un bel sogno creato dalla fantasia forse troppo sbrigliata di una scienziata sconosciuta e che avrebbe ricordato per sempre.


Gabriella Cuscinà

   
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