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 1 Due chiacchiere tra amici (presentiamoci)
 Presentazione mario dimitrio donadio
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mario dimitrio donadio
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Inserito - 06/01/2004 :  15:38:11  Mostra Profilo  Visita la Homepage di mario dimitrio donadio  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a mario dimitrio donadio
Curriculum letterario di Mario Dimitrio Donadio, nato a Yonkers New York (USA) il 12/3/1969, domiciliato a Londra (UK).
- inclusione in antologia di poeti contemporanei britannici dal titolo "Rhymes and Reason" curata dalla United Press Ltd di Londra ( dicembre 2003);
- web writer in particolare sul sito “Liberodiscrivere”, ove alla voce ricerca Mario Dimitrio Donadio e’ possibile trovare numerosi brani del romanzo in via di ultimazione dal titolo "Le Fiamme di Zaporoze - storia di cosacchi alla Grande Guerra del Nord -";
- componente dell’ avanguardia de “I poeti irpini” con inclusione in antologia minore, curata dal Comune di Guardia dei Lombardi nell’ ambito della rassegna “Sulle strade della poesia” (2003);
- partecipazione attiva , quanto possibile, a rassegne culturali poetiche e letterarie in genere a cura della stessa avanguardia (1997 – 2003);
- II posto ottenuto al concorso nazionale letterario “Un autore per domani” (Afragola 1988), riservato a studenti delle scuole superiori con il Capitolo III del suddetto romanzo.
Come detto sopra, il romanzo e’ allo stato attuale avviato verso la conclusione, mancando soltanto del Capitolo finale nonche’ dell’ epilogo. Tempo previsto per la conclusione e’ di circa 2 mesi, tenendo conto delle necessita’ professionali di lavoro ed accademiche ( essendo medico radiologo presso clinica universitaria di Londra).

Presentazione del testo:
Il romanzo “Le fiamme di Zaporoze” nasce in seguito ad anni di studio di tradizioni popolari ricavate sia dall’ aspetto letterario (spaziando dalla raccolta poetica “Kobzar” di Taras Scevcenko, all’ opera di Nicolaj Gogol, considerando anche Pushkin e Tolstoi) che prettamente storico (per mezzo di libri dedicati come il Riasanovsky, il Kirconnell) e di costume (come le pubblicazioni della Surma library di New York), ma anche attraverso rapporti diretti con ucraini depositari di tradizioni narrate ed esperienze (essendo inoltre io stesso d’ origine ucraina).
La storia si svolge agli inizi del XVIII secolo, al tempo del confronto tra lo zar Pietro il Grande di Russia e il re di Svezia Carlo XII, con al centro i cosacchi di Zaporoze.
L’ intreccio narrativo espone lo stile di vita e di pensiero della comunita’ cosacca, nella sua evoluzione traumatica, passando dall’ alleanza forzata imposta dai russi, all’ alleanza volontaria, ma in definitiva sfortunata, con gli svedesi frantumata alla grande battaglia di Poltava).
Il pressante istinto di liberta’ dei cosacchi, unito a senso d’ onore e’ presente sin nell’ apertura del Capitolo I del romanzo:

- Ricordati figliolo che se a Narva dovessi incontrare la morte il mio cuore sanguinerebbe dal dolore, ma se venissi a conoscenza di qualche tua viltà nulla a questo mondo potrebbe mai alleviare il peso della mia delusione. Coraggio Bohdan, m’accorgo di farti paura, ma pensa a quanti ragazzi partiranno insieme a te stanotte.
Su siediti accanto a me e discorriamo -.
Così parlava in una sera d’autunno dell’anno 1700 Nicola Donekiev che era stato uno dei migliori polkovnek ai tempi dell’hetman Doroscenko, rivolgendosi al figlio Bohdan, teso all’idea dell’imminente partenza: - Padre, - disse egli sedendosi - Perché devo battermi per lo zar Pietro? Sta conducendo il nostro popolo alla rovina. Ci priva del cibo, della terra, del diritto di vivere liberi. Quegli è un demonio, padre, ne sono certo. Tutto ciò che abbiamo conquistato con l’hetman Chmelnitsky i russi ce lo stanno togliendo -.
Bohdan indossava una camicia bianca ornata con ricami rossi e dorati sul collo e sui polsi. Tra le mani stringeva una kuchma con schlik rosso che poco dopo poggiò sul tavolo dinanzi a sé: - Sai bene figliolo.. - riprese Nicola: - Noi non possiamo combattere contro i russi, ma presta fede alle parole del nostro hetman Mazepa. Verrà il giorno in cui scacceremo lo zar Pietro. Lo spirito di Chmelnitsky è ancora vivo e ricorda: i russi potranno privarci di ogni cosa, ma nulla potrà mai cancellare dalle nostre menti e dai nostri cuori la sua immagine, il suo esempio -.


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Inserito - 06/01/2004 :  15:45:13  Mostra Profilo  Visita la Homepage di mario dimitrio donadio  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a mario dimitrio donadio
Saggio di stile (per chi volesse conoscere cosa e come scrivo):
Capitolo XI (apertura):
I cosacchi di Baturin erano ormai giunti a Kiev da una decina di giorni.
In attesa dei contingenti della Zaporoskaja Sic e di Starodub, essi trascorrevano il tempo in festeggiamenti vari e gare d’abilità con armi e cavalli.
- Guarda Andrea. Ammira le dorate cupole delle chiese che si riflettono nelle luci del tramonto – diceva Nicola Donekiev rivolgendosi a Scevcenko. Gli indicava col dito la città che si stendeva ai piedi della collina dove essi si trovavano: - E’ uno spettacolo meraviglioso, non credi? -.
Andrea scosse il capo e proruppe con un atteggiamento di rispetto: - Avete ragione. La nostra meravigliosa Kiev. Non l’ avevo mai veduta prima d’ ora - : - Nemmeno mio figlio l’ ha mai vista. Andrea, ho voluto prenderti nella mia sotni perché sei stato il compagno di Bohdan e ciò ha molta importanza per me -.
Il sole lentamente calava e le prime ombre della sera, da oriente, cominciavano a invadere il cielo ancora colorato di rosso. I riflessi del tramonto brillavano come tante fiammeggianti scintille nelle acque del Dnepr che scorrevano increspate da una brezza leggera.
Dalle vicine campagne, schiere di contadini ritornavano alle proprie case cantando in coro all’ allegro suono d’ una bandura. Portavano sulle spalle gli attrezzi adoperati nel curare la terra in attesa del risveglio di primavera.
Dietro di loro si rincorrevano e gridavano con gioia i bambini nel tentativo di ritardare il languire del giorno.
Una donna comparve sul sentiero. Assorta nei pensieri, eppure serena nell’ aspetto, portava sul seno il figlioletto che dolcemente dormiva appoggiando la guancia alla sua spalla.
Avanzava con lentezza lungo la via; talvolta osservava il capo del bimbo. Raggiunse un’ icona disposta ad un bivio e chinò con riverenza la testa iniziando a pregare. E non avvertiva alcuna stanchezza nel tenere il braccio il bambino, anzi era felice e sorrideva.
I suoni, tutte le voci del giorno andavano spegnendosi in fondo alle strade. Rimaneva una flebile eco, mentre il tramonto si trasformava in fretta nella sera e le tenebre ponevano in risalto i bianchi tronchi delle betulle e gli ultimi cumuli di neve nei boschi.
Nel cielo stellato si levavano i bagliori dei fuochi accesi nei campi militari, nella città e nei camini delle case disperse nell’ immensa pianura.
Donekiev e Scevcenko rimasero a lungo in quel luogo tranquillo. Erano affascinati dalla visione di quelle scene. Non osavano pronunciare parola ché temevano di rompere l’ atmosfera d’ incanto e il sopraggiunto silenzio. Cresceva nei loro animi l’ orgoglio e il desiderio di vivere nella libertà della steppa, nella fratellanza cosacca.
Capitolo XIX (apertura):
Un’ immensa distesa, una sterminata pianura coperta di neve s’ aprì dinanzi agli occhi stupiti ed affascinati di Bohdan e Anna che avevano scelto di trascorrere un periodo di tempo nelle regioni meridionali, lì dove si stendeva la steppa cosacca.
La ragazza non aveva mai visto un simile posto. Era curiosa, ansiosa di conoscerlo a fondo, dopo che tante volte ne aveva sentito parlare. Voleva svelarne i meravigliosi segreti, giungerne al significato più intimo. Quel luogo rappresentava per lei la realizzazione di ciò che aveva sempre e soltanto immaginato, di ciò che aveva per lei il sapore della leggenda. Rappresentava la sorgente dell’ energia e della fratellanza cosacca che aveva imparato ad ammirare e percepire nelle poesie e lezioni di Schekeryk. Gli spazi infiniti apparivano come padri che insegnavano saggezza, forza e intraprendenza; erano simili a madri che nutrivano gli spiriti di più fertili e mistiche energie.
Come suo padre, come tutti gli zaporozi che aveva conosciuto, ora anche Anna avrebbe fuso lo spirito nell’ essenza della vita cosacca; ne sarebbe divenuta parte come membro d’ immensa famiglia. Dopo il matrimonio con Bohdan, dopo aver visto la steppa, avrebbe acquistato identità di zaporoze.
Un benefico senso di calore le scaldava il cuore, la rendeva trepidante e pur tuttavia sicura. Andava per affacciarsi su un nuovo mondo. Non era più come a Dorpat. In passato, solo nei limiti dei sogni e dell’ immaginazione aveva potuto costruire future certezze di vita, ritrovandosi negli ambigui ambienti della nobiltà. Confrontandosi con gli altri più volte era stata posta in dubbio la sua vivacità; l’ animo aperto e spontaneo era stato considerato inopportuno, talora finanche deriso. Di riflesso ella s’ era costretta a vivere delle garanzie offerte dalla propria famiglia e da Schekeryk. Ora sentiva crescere in sé la sicurezza, sentiva rafforzare la fiducia nel proprio essere, ma stavolta non derivava dagli altri. Quella sensazione sgorgava limpida e chiara, in maniera spontanea, dalla profondità dello spirito. Sentiva d’ aver trovato un proprio punto di riferimento nell’ esistenza.
Bohdan non era più andato nella steppa da quando era entrato nell’ esercito cosacco al compimento del diciottesimo anno d’ età. Ricordava quando vi si recava con il padre per addestrarsi nel periodo estivo e talora anche in inverno. Aveva appreso le tecniche della sopravvivenza all’ aperto; era divenuto avvezzo alle avversità della natura. Ricordava quando aveva imparato a cacciare e pescare, l’ orgoglio e la gioia provati allorché già da bambino era capace di catturare la preda più grossa. Esisteva un piccolo rifugio in legno e in pietra che il padre costruì dieci anni prima.
La steppa…
Un luogo senza tempo e senza confini, ove lo sguardo, spaziando tutt’ intorno dovunque si perde all’ orizzonte; lì dove la terra sembra congiungersi al cielo e nell’ aria sibila il vento correndo libero come zaporoze in cavalcata sfrenata.
Delle tempeste la profonda potenza a rivelare di Dio la maestosa esistenza, inducendo rispetto e suscitando desideri di sfida alle difficoltà della vita.
Capitolo XXIV (apertura):
La foce della Neva. Una vasta pianura apparve dinanzi agli occhi degli zaporozi.
Rade macchie di alberi, varie paludi che con l’ approssimarsi dell’ inverno andavano chiudendosi nelle prime lastre di ghiaccio.
Un luogo piuttosto deprimente, reso ancor piu’ desolato da un cielo grigiastro, velato da un’ irregolare coltre di nubi che seppur sottile era capace di coprire qualsiasi riflesso di sole.
Sul limitare della costa erano gia’ visibili cantieri e impalcature; una moltitudine d’ uomini che da lontano parevano muoversi con frenesia di formiche. Su un isolotto posto in prossimita’ della foce del fiume si notavano le ampie pareti in pietra di una costruzione che era gia’ in avanzata fase di realizzazione. Li’ risultavano concentrati gli sforzi maggiori, contrassegnati da una particolare rapidita' d' esecuzione. Si venne a sapere dai russi che si trattava di una fortezza.
A Bohdan sovvennero allora le parole del padre quando gli disse che lo zar avrebbe fatto in modo di proteggere al meglio la nascente citta’. Cio’ che vedeva ne era una chiara conferma.
I cosacchi di Baturin vennero sistemati in quartieri situati a sud ovest, a poca distanza dall’ area dei cantieri. I cosacchi provenienti da altre localita’, invece, in quartieri diversamente orientati, in maniera tale da creare un perimetro di sicurezza, rinforzato inoltre dal gran numero di soldati imperiali che di continuo affluivano.
Crebbe ancor piu’ forte la convinzione dell’ impossibilita’ d’ un attacco svedese. In tali condizioni nulla pareva davvero poter filtrare attraverso quella fitta rete militarizzata.
Gli altri zaporozi, coloro che avrebbero lavorato nei cantieri, furono sistemati in tende di campi posti direttamente sulle zone d’ attivita’.
Dallo Stato Maggiore dello zar vennero subito comunicati i piani di sorveglianza. Turni di pattuglia di tre ore da effettuarsi in ogni momento. Le azioni sarebbero state coordinate tra cosacchi e soldati imperiali con specifiche aree di competenza. Gruppi di cinque zaporozi affiancati da cinque russi, i primi preposti a un veloce controllo a cavallo, i secondi a muoversi a piedi battendo a fondo boschi e zone acquitrinose.

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Inserito - 06/01/2004 :  15:55:19  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Admin  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Admin
Cario Mario,
Benvenuto su Concertodisogni.. come vedrai la nostra isola del rispetto è leggermente atipica se confrontata ai tipici luoghi presenti sul web.. anche il nostro approccio lo è.. sono certo che saprai farti apprezzare con i tuoi racconti e le tue poesie all'interno delle nostre gallerie artistiche... e sono convinto che molti concertisti ti scriveranno per farti complimenti...
Detto questo passiamo alla parte seria.. lo vedi quell'ufficio in fondo a sinistra? quello con scritto "Cassiere" in lettere d'oro? ecco quello e' il luogo dove tutti noi andiamo a depositare i nostri averi quando entriamo in quest'isola.. noi siamo molto democratici e vogliamo che tutti abbiano le stesse possibilità.. ok una volta che hai lasciato tutto potrai andare a cercare la tua casa all'interno dell'isola.. mi raccomando stai attento se incontri un tipo con dei baffetti biondi che porta al guinzaglio due grossi labrador e porta una cicatrice a forma di sorriso.. quello è l'unico rischio dell'isola.. bhe.. se si eccettuano anche Cocco e Drilly.. ma pochi hanno avuto modo di conoscerli.. (e non hanno avuto modo di poterlo raccontare.. brrr..)

Ancora benvenuto e buon divertimento!
ciao

Il vicepresidente della traballante giunta golpista di concertodisogni.

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Inserito - 05/11/2008 :  08:09:24  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Admin  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Admin
Ultimamente l'interesse per questo concertista si è notevolmente elevato.. si vocifera di una prossima pubblicazione su RCS Libri.. facciamo quindi i nostri complimenti a Mario Dimitrio Donadio per i suoi successi e la sua carriera letteria.. che ci piace ricordare su concertodisogni.
Ciao
Beppe Andrianò


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