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 Il racconto di Giorgiana
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Gabriella Cuscinà
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Inserito - 17/02/2003 :  09:07:51  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Gabriella Cuscinà Invia un Messaggio Privato a Gabriella Cuscinà
Il racconto di Giorgiana

In quella sala d’attesa non vi era confusione. Solo poche persone sedute su comode poltroncine. Giorgiana aveva di fronte una signora magrissima, bionda,
con il naso adunco e lucido, gli occhiali da miope a nascondere due grandi occhi.
Più la guardava, più le pareva di ravvisarla, d’averla già conosciuta magari in un lontano passato. Quel volto in fondo le era familiare.
Era venuta allo studio dell’avvocato per esporgli un problema che l’assillava da qualche tempo.
Ad un certo punto, anche la donna segaligna aveva iniziato a guardarla con insistenza. Ogni tanto sorrideva appena e continuava ad osservarla.
- Noi ci conosciamo - disse ammiccando - non ricordo come e quando, ma già ci siamo conosciute.-
- Dal primo momento che l’ho vista, ho avuto anch’io questa impressione signora, -
rispose Giorgiana affabilmente.
- Forse abitiamo dalle stesse parti e ci incontriamo spesso. Io abito vicino la cattedrale. -
- No, io abito dalla parte opposta. E poi è come se rivedessi il suo viso dopo molto tempo. -
Un signore, intanto, stava uscendo dallo studio e un altro ancora vi stava entrando. Erano rimasti in cinque ad aspettare.
I ricevimenti si succedevano ad intervalli più o meno lunghi.
L’età di quei signori era varia, ma la sua dirimpettaia invece non era giovanissima.
Anzi doveva avere proprio la sua stessa età. Provò a sondare.
- Mi scusi, che scuola ha frequentato lei? -
- Oh! Frequentai il Liceo Alighieri molti anni fa! -
- Anche io! Nella sezione C. -
- Anche io! Stessa sezione. Mi chiamo Erica Monti. -
- Porca miseria! Sei Erica! Io sono Giorgiana. Giorgiana Rossi. -
- Ecco chi sei! Certo! Ora mi ricordo! Sì, sì, sei proprio tu. La mia compagna preferita.-
- Anche tu eri quella che prediligevo. Che piacere rivederti! Raccontami, cosa hai fatto nella vita? Perché sei qua dall’avvocato? Niente di serio spero. -
- No, è per un caso d’eredità che mi sta facendo penare.-
- Eredità! Che parola disastrosa. Se sapessi! Sono qua per la stessa ragione.-
- Ma va! Guarda un po’ che combinazione! -
Intanto le due donne si guardavano e s’accorgevano come il tempo possa cambiare tutto nella gente: la pelle, le fattezze, i colori, le espressioni.
Giorgiana si ricordava di una ragazza magra e ben fatta, dai capelli chiari e vaporosi.
Il naso di Erica era sempre stato aquilino, ma piacente. Gli occhi grandissimi, li rammentava sempre sognanti e senza quelle lenti pesanti.
Dal canto suo, Erica stava pensando ad una ragazza bruna e bellissima; non molto alta, ma dalle forme scultoree. Sempre allegra e dalle battute salaci. Aveva invidiato in Giorgiana la prontezza nelle risposte e anzi aveva appreso da lei ad essere più immediata, più pronta nel rispondere agli altri. Una ragazza solare! Parecchio brava a scuola e non sgobbona. Intelligente e propositiva. Sempre disposta ad aiutare i compagni.
- Ti chiamavo Giorgi, ricordi? Ma cosa hai fatto? Ti sei sposata?-
- Sì, mi sono sposata e ho avuto quattro figli maschi. Mio marito è un uomo ricchissimo ed è questo il vero motivo che m’ha condotto qui.-
- La ricchezza di tuo marito? E che c’entra scusa?-
- C’entra, c’entra. Ma tu invece? Di che eredità si tratta?-
Si erano sedute vicine ed avevano preso a conversare come ai vecchi tempi. Come quando erano due ragazze che si confidavano i loro segreti.
- Ho ricevuto un grosso lascito da una vecchia zia che è morta, ed ora non so cosa debba fare per gestire convenientemente tutto questo denaro.-
- Ah bene! Sono contenta, in fondo dunque è un motivo piacevole. Io invece voglio chiedere all’avvocato come dividere i beni di famiglia tra i miei figli. Pensa che non sono mai andati d’accordo. Sin da piccoli, hanno sempre litigato e più il tempo trascorreva, più hanno cominciato quasi ad odiarsi a causa del denaro di mio marito.-
- Mi spiace Giorgi, devi averne sofferto.-
- Una vita d’inferno! Per fortuna oggi sono tutti sposati e due anche divorziati.
Ma quello che mi tormenta è il fatto che non vadano d’accordo.-
Giorgiana scuoteva il capo ed era scoraggiata. La sua agiatezza era divenuta fonte di tristezza!
- Come si chiamano i tuoi figli? -
- Il più grande si chiama Manlio, poi c’è Stefano, quindi Benedetto e per ultimo Attilio. Se li vedessi! Sono tutti bellissimi, modestamente. Però non riescono ad essere in pace tra loro. Vi sono stati dei periodi in cui neppure si parlavano.-
Lo sconforto era dipinto sul suo volto. La splendida ragazza di una volta s’era trasformata in una signora afflitta e dal volto segnato da molte pieghe amare.
- Giorgi, ti ricordi a scuola quando studiavamo che la ricchezza non costituisce la vera felicità? Tu, a quanto pare, ne hai fatto l’esatta esperienza.-
- Già e ti ricordi Erica quando studiammo le favole di Esopo? Quella del contadino che aveva i figli discordi? Mi è sempre rimasta impressa nella memoria.-
L’altra aveva assunto l’espressione vaga di chi non ricorda proprio nulla. S’era tolta gli occhiali e si stava stropicciando gli occhi.
- No, non la ricordo, qual era?-
- Il contadino non riusciva a far andare d’accordo i suoi figlioli ed allora ricorse ad un espediente pratico. Bene! Ho fatto anch’io come il contadino di Esopo. –
- Cosa? Un espediente? Che hai combinato?-
- Qualche anno fa, io e mio marito invitammo i nostri figli a cena. Vi erano pure le mogli di Manlio e di Benedetto. I nipoti non erano presenti. -
Nel ricordare queste cose, lo sguardo di Giorgiana s’era animato ed ora quasi, sembrava di nuovo la bella ragazza di una volta. Solo le mani avevano un leggero tremito nervoso.
- Prima d’iniziare a mangiare, proposi ai miei quattro rampolli di cimentarsi in una prova d’abilità e forza fisica. Dunque diedi loro quattro quaderni. Ognuno doveva riuscire a spezzarli tutti insieme. –
- Ma che idea bislacca! Perché, cosa speravi di ottenere?-
Erica la guardava incuriosita e ritrovava l’amica dalle trovate geniali. Rivedeva la compagna esuberante e trascinante.
- Esopo raccontava che il contadino diede ai figli un fascio di verghe da rompere tutte insieme, ma essi non ci riuscirono. Allora il genitore consegnò loro le verghe ad una ad una. Naturalmente le spezzarono senza difficoltà. “Così anche voi “ disse “ se sarete uniti e d’accordo, non sarete sopraffatti da alcun nemico, ma se litigherete, offrirete agli altri un facile bersaglio.” –
- Ah sì! Ora ricordo quella favola. Ho capito: hai sostituito alle verghe dei quaderni. E che hanno detto i tuoi figlioli? -
- Dapprima si sono stupiti, poi hanno creduto che volessi animare la serata e si sono cimentati. Non ti dico quel che è successo! -
L’amica era divertita, ormai totalmente coinvolta dalla narrazione.
- Manlio è il maggiore e quindi provò per primo. Pensava di farcela poiché in fondo, i quaderni non erano troppo grossi. Divenne tutto rosso per lo sforzo e accorgendosi che non ce la faceva, cominciò ad innervosirsi. Ad un tratto, diede uno strattone ai quaderni e ruppe, con il pugno, la vetrina di un mobile che stava dietro.
Erica si mise a ridere.
- Spero che non si sia fatto male – soggiunse.
- No, non si fece nulla, si dispiacque solo per il mobile antico.
Provò allora Stefano. Lui è spocchioso e beffardo e disse che ce l’avrebbe fatta.
Sistemò a dovere i quaderni e cercò di spezzarli. Macché! Li rigirò, respirò a fondo, preparò i muscoli, e riprovò. Divenne anche lui rosso paonazzo e cominciò a sudare. Mentre sudava, iniziò a tossire e l’accesso di tosse divenne forte e frequente. Non riusciva a respirare. Gli dovemmo dare dell’acqua .
- Giorgi, ma hai attentato alla loro salute! -
- Ascolta, ancora deve venire il bello: a questo punto si cimentò il terzo dei miei figli. Benedetto è un gran mangione ed un tipo molto robusto. Soffre per una forma di gastrite e colite. Prese i quaderni, li guardò con attenzione come fossero insetti nelle sue grosse mani e si sforzò di spezzarli. Si sforzò ma non riuscì. Si sforzò ancora e, più si sforzava, più gonfiava il ventre voluminoso. Ad un certo punto, gli scappò una rumorosa scorreggia. Sua moglie lo redarguì e lui arrossì per la vergogna.
Erica era sbellicata dalle risate.
- Ah ah ah ah. Poverino! Povero Benedetto! Ah ah ah ah.
- Attilio non volle neppure provare. Disse che non ce l’avrebbe fatta mai. In realtà è il più smilzo dei fratelli.
Adesso però l’amica era dubbiosa. Non riusciva ad immaginare bene l’epilogo di tutta l’intera vicenda.
- Insomma, cosa accadde dopo? -
- Consegnai ai miei figli un quaderno ciascuno e chiesi che ognuno spezzasse il suo.
Lo fecero senza difficoltà. Allora spiegai loro che, nella vita, avrebbero vissuto proprio come quei quaderni e cioè se fossero rimasti uniti insieme ed in armonia, avrebbero costituito una forza. Nessuno avrebbe potuto far loro del male. Se invece fossero rimasti soli ed isolati, distanti e in odio fra essi, chiunque li avrebbe potuti gabbare, turlupinare, sopraffare. Dissi loro che tanto più è grande la forza della concordia, della pace e dell’affetto tra fratelli, tanto minore è il pericolo di essere sopraffatti dalla discordia, dal rancore e dall’odio degli altri.
Erica era incantata da questo racconto; ascoltava e guardava l’amica come affascinata.
- Dunque i tuoi figli in seguito sono rimasti in pace tra loro?-
- Almeno per quella sera. Manlio abbracciò Stefano e Benedetto abbracciò Attilio.
Poi tutti e quattro si strinsero tra loro. Fu una delle poche volte che vidi il loro padre con le lacrime agli occhi.


Gabriella Cuscinà

   
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