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 Il portagioie di batik
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Roberto Mahlab
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I

Europa Centrale - 10 settembre 2001

"Mi racconterai sempre dei tuoi viaggi?". Con i suoi occhi curiosi di quattordicenne aveva appena soppesato con sorpresa il portagioie e sorridendo faceva finta di non riuscire piu' ad inserirne le tre parti di diverse dimensioni che lo componevano, l'una nell'altra, come scatole cinesi.
Ero un suo fan, avevo sofferto e tifato durante le finali dei campionati regionali in cui avevo avuto la fortuna di ammirare gli affondi della giovanissima fiorettista e nel mezzo della giungla malese mi ero ricordato del suo desiderio di conoscere quell'oriente che sognava di visitare un giorno, terminata la scuola.

Portagioie esterno
Malesia - fine agosto 2001

Il negozio sorgeva in una radura, tutto in legno, all'interno gli artisti del batik, l'arte del disegno su stoffa, offrivano le loro creazioni.
Era tutto cosi' bello che non sapevo che cosa scegliere, dalle camicie alle pantofole, un arcobaleno di colori dipingeva farfalle e fiori di tessuto. "Descrivimela, chi e', che cosa fa'" si avvicino' una delle artiste e dopo aver ascoltato con concentrazione mi accompagno' ad un bancone su cui erano esposti dei portagioie in Batik, sul rosso della stoffa di uno di essi aveva disegnato arpeggi bianchi, come mastra pasticcera su una torta. Lo presi nelle mani, conquistato, aprii la prima cerniera e ne scoprii all'interno un altro e poi un altro ancora dentro il secondo.

Portagioie interno
Lisbona, Portogallo - primi di settembre 2001


Il lampeggiante dell'auto della polizia intervallava il buio della notte a spicchi di luce triangolari illuminando l'Atlantico e la spiaggia sabbiosa dell'Estoril, noi non ci facevamo piu' caso, dovevano prendere le loro precauzioni dovunque nell'Europa di quegli anni, per proteggerci. Mi incamminai lungo la riva, con le mani in tasca. Avevo deciso di abbandonare per una sera gli amici che erano li' convenuti per una riunione delle comunita' ebraiche del continente e di andare a respirare l'aria dell'oceano.
La Mercedes nera mi rincorse abbagliandomi e si arresto' con una sgommata alle mie spalle, facendomi voltare, un finestrino si abbasso' e una voce di donna mi chiamo' :"Credevo che te ne fossi andato con gli altri al Casino' Dell'Estoril, dai, sali, andiamo a ballare".

Portagioie di mezzo
Shanghai, Cina - inizio di agosto 2001

Il mio amico d'affari Yu sprizzava gioia, poteva finalmente mantenere la promessa di portarmi a visitare i dintorni della citta', ricambiando quanto avevo fatto per lui in Italia.
In Cina era stata appena liberalizzata la possibilita' di prendere la patente e il mio amico si era appena iscritto ad una scuola guida, avevamo cosi' dovuto noleggiare una macchina con autista, uno dei mestieri in quel periodo tra i piu' pagati del paese, agli autisti erano riservati i bocconi piu' prelibati dei pranzi e delle cene di lavoro, viziarli si doveva sempre, per non far la fine di quel gruppo di uomini d'affari che aveva perduto l'aereo vagando per ore a Shuzhou in attesa di un guidatore che si era preso con tutta calma sia l'auto che il tempo di un lunghissimo pasto lontano diversi chilometri, non soddisfatto del vitto che gli veniva offerto durante le riunioni ufficiali.

L'autostrada attraversava l'immenso paese, tutto intorno metropoli gigantesche intervallate da campi verdissimi, lasciammo a est Wuxi, citta' delle industrie della seta.
"'Wuxi' significa 'senza bronzo' in cinese", mi spiegava Yu, "Si narra che la citta' si chiamasse in origine 'Youxi', che significa 'con il bronzo' e fu fondata 3000 anni orsono dalla dinastia Han. Per un lungo periodo fu famosa proprio per la produzione di armi fabbricate con quel metallo, fino a che esso venne usato tutto e cosi' la prima parte del nome muto'. Quando il bronzo termino', la popolazione fu felice, perche' gli invasori non furono piu' interessati a conquistarla".
Il cielo era grigio di nubi e la pioggia si mise a battere sulla nostra auto rendendo difficoltoso guardare all'esterno, eppure una ombra ancora piu' imponente pareva averci ricoperto.
"Guarda! " Yu mi stringeva il braccio euforico "quella gigantesca statua sulla collina!"

Era ancora lontana chilometri, ma mi pareva superare in altezza le alture attorno.
"E' la statua di Budda, da soli due anni il governo riconosce la liberta' di culto e in cosi' breve tempo i fedeli hanno innalzato un tempio e una statua alta centouno metri, ricoperta di bronzo".
Uscimmo dall'autostrada per arrestarci proprio nel parcheggio del parco del tempio. La sacra e imponente figura si raggiungeva salendo una lunghissima scalinata di pietra chiara.
"Se riesci a contarli tra uno sbuffo di fatica e l'altro, sono 365 gradini, uno per ogni giorno dell'anno, si narra che siano forieri di buona sorte, vieni saliamo".

Ai piedi del Budda c'era una entrata per un ascensore che ci porto' fino ai suoi piedi di piombo, non ci era permesso di salire fino agli occhi, onore riservato ai capi di stato.
Il panorama era mozzafiato, da un lato il lago Taihu e le pagode dei villaggi, dall'altro le colline fittamente boscose. Salimmo altri gradini fino ad entrare in una immensa sala buia, illuminata fiocamente solo da fiammelle che si levavano da ogni parte. Disposte a cerchi c'erano delle scalinate con migliaia di piccole statuette, ciascuna con una candela accesa.
"Ogni credente compra mentre e' in vita un pezzettino della scalinata per se' e per i membri della sua famiglia. Quando uno dei familiari abbandona questa esistenza, nel loro pezzetto di scalinata viene messo un piccolissimo Budda e viene accesa una candela, guarda gli spazi, tanti, tra i Budda, attendono di essere riempiti". L'impressione di tempo sospeso, del passaggio.

"Yu, sembra trascorso cosi' poco tempo" l'autista era in ritardo e cosi' noi eravamo entrati in un ristorante che offriva il grande pesce del lago al forno, le bacchette si muovevano rapide e precise per l'appetito "mangiavamo pesce anche quattro anni fa, ricordi? Il tuo paese stava per prendere possesso di Hong Kong e ci chiedevamo che cosa sarebbe accaduto, se sarebbe avvenuto in pace".


Roberto Mahlab
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II

Hong Kong - 30 giugno 1997

La bandiera di Sua Maesta' britannica fu ammainata per l'ultima volta, l'amministrazione passo' in un istante al governo cinese, non un gesto di violenza, non una rottura dell'accordo che consentiva ai cittadini dell'ex colonia di continuare a prosperare adottando un sistema economico diverso da quello della nuova patria, anche se molti erano partiti dopo aver ottenuto un passaporto di altri paesi. Un sospiro di sollievo, al ricordo di ancora otto anni prima, quando le tenebre avevano avvolto l'immenso paese.

Tianjin, Cina - fine maggio 1989

Era una giornata calda, quella primavera il sole non mancava neppure per un giorno, mio padre, mia madre e io avevamo percorso gia' tre quarti dei cento chilometri che ci separavano da Pechino. La serenita' era tripla, essere li' tutti insieme, avere concluso dei contratti favorevoli e avere respirato l'euforia della liberta', il dolce profumo di una esaltante primavera, il gusto struggente di un momento che ci rempiva di incredulita' e di esaltazione, eravamo li', a vivere la gioia e la spensieratezza dei nostri amici di vita e di lavoro, il vento che aveva spazzato via in un attimo la crudezza della loro esistenza, il movimento degli studenti che reclamava liberta', liberta', e che si era esteso a macchia d'olio e rapidamente in tutta la Cina.

Le strade solitamente piene di biciclette lo erano adesso di imponenti manifestazioni, centinaia di migliaia di persone sfilavano pacificamente, le forze dell'ordine non si vedevano neppure per dirigere il traffico, nel silenzio parevano muoversi tutti insieme verso un futuro diverso, i sacrifici compiuti finalmente sarebbero serviti per far piena parte dei popoli delle nazioni libere. I quotidiani che fino al giorno prima riportavano solamente le descrizioni dei piani quinquennali e delle visite di stato, erano divenuti in poche ore la voce entusiasmante di tutto il popolo, gli studenti e poi i lavoratori, gli intellettuali, i professori universitari, la loro voce di speranza era l'unico allegro motivo degli articoli dei cronisti, era tutto naturale, cosi' come il giorno segue la notte.

La sera prima, durante la cena dell'arrivederci con i nostri amici di affari cinesi, avevo raccolto per un attimo una sensazione di spiffero gelido, si parlava di movimenti di truppe verso Pechino, di ripristino della situazione precedente pretesa da alcuni membri del potere.

Mi ero appisolato e la frenata brusca del taxi mi fece battere leggermente la testa contro il vetro del finestrino, in mezzo all'autostrada c'era un posto di blocco, un militare aveva alzato la mano e con un gesto duro indicava al nostro autista che non si poteva passare.
Un cielo azzurro senza una nuvola, i campi attorno fino all'orizzonte rigogliosi di erba verde chiara, un silenzio completo, il tempo sospeso, senza neppure sorpresa, una macchina sola su un nastro di asfalto e in mezzo alla strada un grosso ramo e un uomo in divisa verde scura con una stelletta rossa sul cappello, un viso dai tratti decisi, magro, un uomo alto, il braccio sinistro alzato e gli occhi duri. Un luogo cosi' normale in un giorno cosi' normale per vivere quel singolo momento di coinvolgimento in una vicenda che avrebbe fatto tremare il pianeta.

Mi volsi verso i miei genitori, quello spiffero gelido era divenuto cruda realta', iniziai a balbettare qualche parola sul lavoro, sulle copie dei contratti, mi guardarono severamente, per dirmi senza voce ma con una sola occhiata che era l'ultima questione da farsi passare per la mente in quelle circostanze. E il ricordo dei miei amici ieri sera cosi' tesi, come a stringere tra le mani qualcosa che presentivano sarebbe stato strappato da una forza brutale.

Pechino, Piazza Tiennammen - 4 giugno 1989

Mentre attraversavamo la pista verso l'aereo che ci avrebbe riportati in Europa tra due file di soldati armati e rigidi e dallo sguardo privo di sensazioni, i carri armati iniziavano l'avanzata verso gli studenti.


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Roberto Mahlab
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III

Shanghai, Cina - inizio di agosto 2001

"Non ci perdemmo mai d'animo " riprese Yu "forse avevamo precorso i tempi, forse avevamo forzato troppo, forse non avevamo saputo fare tesoro della saggezza e della prudenza che sono ataviche nel nostro popolo. Ma il percorso non si pote' arrestare e ottenemmo, almeno, la liberta' di commerciare liberamente, di risvegliare l'innata capacita' della nostra gente e l'intero paese si trasformo' in una officina di frenetiche attivita', ottenemmo di girare il mondo per far conoscere i nostri prodotti senza essere piu' obbligati a farci accompagnare da un sorvegliante politico, ricordi quel giorno nella bellissima citta' di Como?"
Ricordai con una risata, fu il giorno in cui la nostra amicizia divenne cemento.

Como, Italia - maggio 1988

Yu aveva fame, aveva voglia di uscire dall'albergo, il sogno di essere in Italia, non voleva certo fuggire, aveva famiglia in Cina, ma l'accompagnatore politico era irremovibile.
A mio padre si illuminarono gli occhi appena ebbe l'idea e senza una parola mi chiese la complicita', si mise ad intrattenere l'accompagnatore fino a stancarlo, l'uomo infine saluto' e disse di voler andare a dormire e invito' Yu a ritirarsi nella sua stanza. Salutammo Yu e ci allontanammo nel giardino dell'albergo. All'improvviso mio padre si volto' e fece un segno e il nostro amico fu di corsa vicino a noi. Quando lo salutammo davvero poche ore dopo, mentre l'accompagnatore era sempre nel mondo dei sogni, ci disse che era stato il piu' bel giorno della sua vita, la bellezza del mondo era entrata nel suo animo per sempre.

Shanghai, Cina - inizio di agosto 2001

"Sai " Yu era in uno dei frequenti momenti di espansivita' "l'inizio della nostra attivita' non fu facile, perdemmo carichi interi di prodotti chimici, venduti a credito a quei (imprecazione cinese) di Hong Kong e poi spariti nel nulla".

Maggio 1997 - al largo del mar della Cina

Il capitano del mercantile apri' la busta con i documenti del carico di prodotti chimici, ridusse in pezzetti le bolle di carico e le sostitui' con altre contraffatte. Invece di dirigersi a sud, ordino' di fare rotta verso le Filippine. Il carico, come molti altri carichi, sarebbe stato sbarcato in porti controllati da una organizzazione e poi sarebbe stato venduto in diverse zone del pianeta. Gli intestatari dei nuovi documenti erano societa' anonime di Vancouver e di Sidney, ma agli indirizi indicati era gia' tanto se esisteva una fatiscente costruzione.

Shangahi, Cina - inizio di agosto 2001

"Ma dopo aver subito perdite del genere, come hanno fatto le aziende cinesi a sopravvivere? La tua ad esempio?"
"A quel tempo tutto era controllato dallo stato e lo stato assorbi' le perdite, certo non potevano perdere la faccia e rivelare la quantita' di merce e denaro scomparsi".
"E' stato quello il prezzo del passaggio pacifico di Hong Kong alla Cina?"
"Forse" il mio amico rispose imperscrutabile versandomi del te' alle erbe.

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Roberto Mahlab
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IV

Portagioie esterno
Malesia - fine agosto 2001

"I fenicotteri sono uccelli eleganti con zampe lunghissime, collo sinuoso, piume rosa-lilla.
Sono socievoli e formano grandi e spettacolari stormi sui laghi".
Non mi stancavo mai di osservarli nascosto dalle altissime palme vicine alla spiaggia dell'isola di Penang, quando si ergevano su una zampa sola e quando aprivano le larghe ali colorate. Ero consapevole di essere l'intruso e stavo attento a non fare alcun rumore, i miei occhi cercavano le differenze tra gli alberi, palme per l'olio, per i frutti, albero della gomma.
Mi trovavo la' per quest'ultima.

Nel pomeriggio mi avvisarono dalla direzione dell'albergo che era arrivato un messaggio per me, era strano, avevo appena lasciato i miei amici d'affari e non mi aspettavo che altri mi conoscessero. Strappai i bordi della busta gialla e lessi :"Sono il principe Aziz. Telefonami."

Ero intento a cercare di capire l'origine di quelle parole e il leggero urto sulla spalla sinistra mi colse di sorpresa, mi voltai ma non c'era nessuno, spostai gli occhi e vidi che dove ero stato toccato ora c'era uno strano piccolo disegno bianco, pareva una farfalla, un segno per farmi riconoscere da qualcuno?

Il giorno dopo mi aspettava la mia guida, Buden era il suo nome, aveva promesso di portarmi attraverso i sentieri della giungla, di insegnarmi la differenza tra gli alberi. Buden era di media statura, una barba bianca come cotone gli incorniciava un serissimo e abbronzato viso rotondo, pareva vestito con un sacco di iuta chiara e portava in mano un lungo bastone ricurvo in alto, nel punto della presa della mano, sandali scuri ai piedi. Si fermava ogni duecento metri ad attendermi, non mi aspettavo una tale calura e grondavo sudore, per fortuna avevo ascoltato il suggerimento di portare nello zaino diverse bottiglie d'acqua.

"Sai, qui nella giungla non abbiamo bisogno delle comodita' della vostra vita" con un largo cenno delle mani rivolte a tutto quanto ci circondava continuo' :"vedi queste foglie strane? Sembrano coppe avvolte in foglie verdissime e sono proprio questo, coppe di foglie, ora le tocco con il mio bastone e..." Come da una bottiglia spezzata cadde un litro d'acqua. "Si chiamano le monkey cup, si riempiono del prezioso liquido durante la stagione delle piogge e sono la fonte per uomini e animali".

"E tu compri il dentifricio per lavarti i denti vero?" prosegui' staccando da un tronco un rametto "prova il gusto di questo..." Il cuore del rametto sapeva proprio di dentifricio. "Noi usiamo questi rami, i 'crangee'".
Buden osservava che prendevo appunti su un blocchetto e si chino' su delle foglioline che crescevano come erba ed avevano la forma di palline. "Se per caso finisci l'inchiostro, non preoccuparti, qui ne abbiamo in abbondanza. Schiaccio' una pallina e le sue dita furono cosparse di una macchia di color nero "si chiamano 'kuludu'".

Fu un improvviso colpo sordo sulla gamba destra, sopra al ginocchio, ero paralizzato e non avevo il coraggio di guardare qualcosa che sentivo mi stava guardando.
"Ehi!" Buden era piegato in due dal ridere, ti e' caduto addosso un piccolo di iguana, era su una palma!" Mi feci coraggio e guardai verso terra, una creatura di forma preistorica lunga dieci centimetri ricambiava l'occhiata, un musetto cosi' dolce che veniva voglia di accarezzarla, ma scappo' via.

"Mi fa' un po' male dove mi e' caduta addosso" avevo scoperto il ginocchio dove erano apparsi due puntini rossi" "Ehi Buden, non e' che e' velenoso vero?".
"Amico mio" rispose tentando senza riuscirci di rimanere serio "che si sappia non lo e', ma aspettiamo per dirlo, chissa' in questa giungla e poi " aggiunse indicandomi un'ombra gigantesca dietro ad un tronco dal diametro di due metri "sei fortunato, pensa se ti cadeva addosso l'iguana adulto!" Sicuramente se mi fosse caduto addosso non avrei avuto il tempo di chiedermi se il suo tocco fosse velenoso, osservando la sua mole da balenottera.

"Seguimi, non perdermi, altrimenti chi ti trova piu' qui nella giungla" Buden correva e per qualche minuto tenni il suo passo finche' non scomparve. Finii in una radura e lo chiamai, ma non ci fu risposta, tornai indietro e mi ritrovai in un'altra radura, forse la stessa. Mi appoggiai ad un albero. "Fermo!" Buden comparve e mi urlo' "quell'albero e' velenoso e guarda che i tuoi piedi sono a pochi centimetri dalle formiche che sbranano...".

Saltai via fino a sbattere contro un altro albero.
"E quello e' un albero diverso, l'albero che cercavi". Un raggio di sole illumino' la grande lama che era comparsa nella sua mano e che puntava verso di me e in quel momento io mi diedi dello sciocco, mi ero fidato di una guida che non conoscevo, quel messaggio incomprensibile all'albergo, anche se non era il momento, ero veramente arrabbiato con me stesso.
Buden si avvicino' di corsa e il coltello segui' una decisa traiettoria, chiusi gli occhi.

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Roberto Mahlab
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V

La lama si infilo' in alto alla mia sinistra nel tronco dell'albero a cui ero appoggiato, appena aprii gli occhi vidi quelli di Buden che mi osservavano con sorpresa "che ti prende? Guarda, ho fatto un bel taglio nella corteccia dell'albero della gomma!". Da dove il coltello era conficcato usciva un liquido bianchissimo che colava fino a terra. Era il lattice che raccolto in recipienti sarebbe stato inviato alla lavorazione e mescolato a diversi additivi fino a trasformarsi in gomma, materia prima strategica. Mi chinai e lo raccolsi accorgendomi che a contatto con l'aria mutava colore, tra le mie mani formava elastici inverosimilmente morbidi e resistenti, con quel piccolo getto potevo circondare tutto il tronco senza che il materiale, che si stava solidificando e volgendo al marrone scuro, si spezzasse.

"Vedi, e' vivo, i germi e l'aria lo modificano". Mi resi conto con meraviglia di essere circondato da una delle piu' grandi piantagioni di alberi della gomma esistenti in quella parte del mondo.
Tornammo in citta' attraverso la parte della foresta ricoperta da alberi di rattan, il legno usato per fabbricare mobili. Avevo appreso che anche la giungla era una casa, dotata di tutti i confort con i quali noi adorniamo le nostre case di mattoni.

"Le anatre 'Mandarine', dal piumaggio iridescente, disegni che lasciano a bocca aperta dalla meraviglia, uccelli acquatici, hanno evoluto forme complesse di comunicazione, usando richiami e segnali visivi per mantenersi in comunita'".
Il laghetto artificiale in cui si moltiplicavano circondava il ristorante del centro culturale dell'isola, tutto in legno, all'interno una decina di tavoli che facevano corona ad un palcoscenico.

Mi accorsi di essere osservato dal tavolo vicino, un uomo e una donna, i tratti tipici mediorientali, entrambi di carnagione e di occhi scuri, entrambi sorridenti, entrambi con un portamento nobile. Fu un attimo collegarli al messaggio ricevuto in albergo ma, prima che potessi avere una qualsiasi reazione, si spensero le luci della sala e si aprirono le tende del palcoscenico, il grande spettacolo della cultura musicale dell'Asia multietnica.

Al centro una ragazza cinese molto bella, un dragone d'oro disegnato sulla lunga veste rosso scarlatto, chiedeva al pubblico di partecipare alla indiavolata 'bambu' dance', si trattava di saltellare dentro e fuori due canne di bambu' unite e divise ritmicamente da alcuni ballerini malesi. Un rapido sguardo tra lei e l'uomo seduto al tavolo vicino al mio e la ragazza fece segno a me e io feci un segno negativo con la testa. Mi indico' a dito e io declinai di nuovo, "un uomo e' un uomo perbacco", pensai, "anche in mezzo alla giungla", scese dal palcoscenico e mi prese sorridendo per mano e io mi precipitai dietro di lei. Le canne di bambu' si aprivano e si chiudevano sempre piu' rapidamente, non distinguevo piu' se era ancora un gioco, finche' la musica cesso' di colpo, frecce di sfida tra gli occhi miei e quelli della ragazza con il drago d'oro. Ero esausto e scesi dal palcoscenico senza accorgermi che l'uomo dai tratti arabi mi si avvicinava, un tocco sulla spalla, leggero, amichevole come il suo sorriso, subito dopo lui e la donna che l'accompagnava si allontanarono fuori dal locale.



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VI

Portagioie interno
Lisbona, Portogallo - primi di settembre 2001

"Fino al 1496, data dell'espulsione decretata da Dom Manuel I, le comunita' ebraiche erano parte integrante della popolazione portoghese a cui diedero lustro nel campo della filosofia e delle scienze, in quello del commercio e delle scoperte geografiche. Le radici ebraiche possono essere notate nelle antiche strade del quartiere denominato Judiaria Grande di Lisbona, nelle collezioni di scritti e incisioni risalenti ai periodi dell'Inquisizione conservati nei musei della capitale, nelle sinagoghe dei quartieri medioevali della Costa Verde, nell'architettura delle case di Belmonte, nelle arti decorative di Planicies, nei reperti storici dell'Algarve, delle Azorre e di Madeira".
Era con voce fiera che il presidente dell'associazione culturale che ci ospitava raccontava i fasti passati di una comunita' in un paese dell'Europa che, se e' vero che li espulse, evito' di perseguitarli con la violenza di cui erano oggetto nel resto del continente. Le comunita' errarono per il mondo e portarono con se' la dolce lingua delle canzoni del 'fado'.

Scendemmo dalla Mercedes di Karina che non credeva quasi alla sorte che le aveva fatto conoscere un ballerino appena reduce dalle danze etniche della Malesia, l'uomo avrebbe voluto trovare il coraggio di dirle che era tutto un equivoco, che durante la danza del bambu' immortalata in quelle fotografie che le aveva mostrato, il suo unico obiettivo era evitare che le canne si richiudessero sulle sue caviglie.

Mi trascino' per le vie presso il canale, i locali erano molto grandi e luminosi e uno appresso all'altro, colmi di migliaia di persone, al pari della Spagna la notte del Portogallo non conosceva riposo. Si uni' a noi un gruppo di suoi amici e scorrazzammo a lungo nell'antico quartiere dell'Alfama, nei minuscoli locali una chitarra e una cantante dalla voce capace di toni su scale diverse erano sufficienti per intonare le tristissime melodie del fado. Era una notte di luna piena sull'oceano ed eravamo contenti di correre sulla spiaggia, l'eredita' del passato non era sensazione onnipresente dei nostri animi nati e cresciuti in un mondo diverso.

Quando tornammo all'albergo, lei si trovo' a rifiutare molte corti, io ero ospite, ma l'attesi a pochi metri, affiche' mi vedesse in caso di difficolta'. Si libero' e mi si avvicino' sorridendo :"grazie mio cavaliere". Quel mattino mi aveva rivelato di sua iniziativa che non avrebbe mai lasciato le rive del suo oceano per recarsi altrove.

Il nostro allegro e rumoroso ingresso nel salone dell'albergo si cheto' all'improvviso, il nostro amico Yaacov era seduto con una espressione preoccupatissima, era assorto a guardare su uno schermo televisivo le ultime notizie dalla sua Terra insanguinata, le immagini narravano abbastanza.
"Ehila' Gad, e' quasi l'alba, che ci fai ancora in piedi a soffrire? Tanto lo sappiamo come vanno le cose".
"No, non lo sappiamo ancora. Puo' andare peggio. Succedera' qualcosa di grosso, lo sento, ci sara' la guerra".

Europa Centrale - 10 settembre 2001

La mia piccola amica fiorettista mi lancio' uno sguardo di allegra presa in giro, i portagioie erano l'uno dentro l'altro, come in origine, si incastrarono, come tre vicende, una nave al largo del mar della Cina, una gara a chi trovava per primo una piantagione, un mondo che scivolava verso l'ignoto.
"E' davvero un regalo bellissimo, grazie", ora era seria "mi racconterai ancora dei tuoi viaggi? E di come gira il mondo? Magari domani?".


Fine
Roberto


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