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 Il fascino delle analogie
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Roberto Mahlab
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Inserito - 19/08/2021 :  11:45:05  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
La mia segretaria ieri pomeriggio prima di tornare a casa ha mormorato osservando i grandi alberi della via i cui rami quasi toccano il terrazzino dell'ufficio:" le foglie non sono cadute, sono gialle ma sempre sui rami".

E poi è uscita.

Voleva farmi capire che le dovevo andare a staccare io?
Quando fa così infatti è perché si aspetta che io faccia qualcosa e quindi al calare dell'oscurità avrei dovuto tirarle giù tutte, tutte e centinaia di migliaia, passando la notte in bianco e al gelo e, se ci fossi riuscito, l'indomani mattina non mi avrebbe osservato con sguardo di rimprovero.

O forse era tutta farina della mia immaginazione ? Forse si trattava del classico senso di colpa della nostra tradizione ?
Da noi in fondo le mamme ebree si devono vantare con le altre mamme ebree dei successi del figlio e, se non eccelli, non lo possono fare e ti guardano storto per giorni e ti fanno sentire in colpa.
E' difficile che i bambini ebrei abbiano il coraggio di tornare a casa se hanno preso un brutto voto, per questo evitano di prendere un brutto voto, altrimenti a casa è peggio che essere rimproverati a scuola, per questo dobbiamo sempre eccellere.

Certo anche un paio di pirati della Tortuga erano ebrei, magari la famosa mamma ebrea, quando il capomafia ebreo torna a casa alla sera, gli chiede se è stato il migliore e, se non lo è stato, lo guarda storto.

Non ti fa sentire a tuo agio tornare a casa in una famiglia ebraica con un brutto voto o perché non hai rapinato la banca meglio di un gangster non ebreo.
Il senso di colpa non è sopportabile.

Certo fanno così anche le mamme ebree degli scienziati, mica è necessario essere dei fuorilegge, forse la mamma di Niels Bohr diceva al figlio che la mamma di Einstein le aveva confidato che Albert avrebbe cambiato il mondo con la teoria della relatività e Bohr si sentì talmente in colpa ascoltando il tono contrito della madre che si sentì obbligato ad inventarsi la teoria quantistica.
Se è vero che gli ebrei contribuiscono al progresso dell'umanità in modo sproporzionato rispetto al loro numero, è un progresso basato sul senso di colpa, mai deludere qualcuno, altrimenti si sta male, non l'altro, noi.

Per questo diamo sempre fiducia a tutti e spesso le prendiamo, ma la prima cosa che ci chiediamo quando avviene è : "cosa ho fatto che non dovevo?"

In passato ero invitato agli incontri con un bel gruppo di persone, poi li ho invitati io a mangiare a casa mia e ho preparato loro le pietanze migliori che sapessi fare. Un giorno mi hanno inseguito per strada gridando : "tu, ebreo, Israele deve essere distrutto".
Erano i miei migliori amici, allora. Mi sto ancora chiedendo se sia stata colpa mia perché avevo messo troppo olio nella salsa alle olive.
Penso di aver scatenato io l'antisemitismo nel mondo.

Comunque stamattina la mia segretaria è arrivata in ufficio e ha guardato fuori dal terrazzino e ha annuito perché non c'erano quasi più foglie sugli alberi, forse ero stato io, forse il vento della notte, l'arcano non verrà rivelato in questo racconto.

Come ogni mattina le ho portato il tè alla mesopotamica, mentre lei si sedeva di fronte al computer. E muovendosi per afferrare un foglio che stava volando via, il suo braccio ha preso di taglio la tazzina e la bevanda si è rovesciata tutta tra la tastiera e il tavolino e appiccicare le cose tra loro si trasformò in arte.

Io mi sono voltato dall'altra parte, con un groppo che all'improvviso mi premeva sullo stomaco. E ho chiuso gli occhi sperando che non accadesse di nuovo qualcosa che avevo già vissuto.

E invece la sua voce mi inseguì :"guarda che cosa ho fatto!".
Di nuovo, come quel giorno sulle piste da sci, mio padre aveva imparato a sciare perché era uno dei suoi sogni quando viveva nel paese totalitario da cui dovette fuggire e il suo desiderio era che io diventassi bravo e mi aveva affidato alle cure di uno dei migliori maestri di St Moritz. E alla prima lezione il maestro mi mise sulla cima di una specie di burrone e mi disse di scendere, come quella volta che mio padre mi gettò nella piscina e mi disse di nuotare. E io obbedii. Bevvi tanta acqua e caddi molte volte, ma alla fine diventai un bravo nuotatore e un bravo sciatore. E il mio maestro, che ormai sciava con me per il suo stesso piacere, stava zigzagando tra le cunette di fronte quando all'improvviso i suoi sci si incrociarono e cadde. Io volsi lo sguardo. E lui invece mi chiamò :"guarda come sono caduto!".

"Scendi dall'auto", mi disse un giorno mio padre e io scesi. "Ma perché sei sceso?", mi disse subito dopo. "Perché me lo hai detto tu!", mormorai stupito. "E se io ti dico di fare una cosa senza senso, tu la fai?", mi rimproverò. Come fanno sempre i padri ebrei, per insegnarci che dobbiamo imparare a camminare da soli.


Le analogie, noi pensiamo solo grazie alle analogie che collegano il nostro presente al nostro passato. E' l'affascinante tesi di Douglas Hofstadter (l'autore del celebre "Gödel, Escher, Bach") e di Emmanuel Sander, nel loro recentissimo libro "Superfici ed essenze, l'analogia come cuore pulsante del pensiero".

Roberto Mahlab


   
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