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Roberto Mahlab
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Inserito - 10/05/2020 :  23:27:31  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
Sophie era seduta in un angolo del tavolo, era nuova e non sapeva come presentarsi, "da dove vieni?", le ho chiesto. "Sono in Italia per un semestre di scambio universitario", ha risposto con slancio. Il rabbino aveva appena intonato i primi inni della Haggadah del Seder di Pesach di stasera, la sala era piena e miriadi di lingue si inseguivano, "stasera siamo qui come un unico popolo, dalle mille provenienze, benvenuti amici dalla Lituania, dalla Turchia, dall'Iran, da Israele, dagli Stati Uniti e dall'Italia e da chissà quante nazioni!", la tonante voce del rabbino esprimeva gioia.

Tra una preghiera e un inno, al nostro tavolo la curiosità la faceva da padrona, "e tu da dove vieni?", chiedeva Liath. "Sono nato in Italia, i miei genitori provengono dalla comunità ebraica di Bagdad". "Bagdad!", ha esclamato Liath allargando gli occhi, "uno dei miei antenati era di lì". "I miei genitori sono americani, ma i loro genitori provenivano dalla Polonia", ha aggiunto Sophie. "La mia famiglia era nello Yemen", riprende Liath, "io sono nata in Israele e ho sposato un italiano e adesso viviamo qui con i nostri bambini". "Mia sorella ha i figli a Londra e adesso è là", mi inserisco.

"A marzo ero in Iran", dice Max e lo guardiamo con stupore, "non è un ottimo posto per gli ebrei!". "Eppure una famiglia mi ha accolto con gentilezza e mi ha portato a vedere il mausoleo di Mordechai e della regina Ester e ho messo il video su youtube", assicura e ci segniamo tutti di andarlo a vedere al ritorno a casa.
"Mio padre a Bagdad lavorava nell'ambasciata francese, poi arrivò il telegramma del governo filonazista di Vichy che imponeva all'ambasciatore di cacciare gli ebrei, ma lui rispose che se lo avesse mandato via la legazione avrebbe cessato di funzionare", ho raccontato.

"I miei nonni sono fuggiti dallo Yemen ma si sono portati dietro le ricette della nostra cucina, assaggiate questo charoset fatto con datteri di Israele e tanti altri ingredienti", ci ha proposto Liath e tutti ne abbiamo spalmato un poco sulle matzot.
"Io non capirò mai dove e come lo ha trovato", interviene con tono perplesso Cheryl, "voglio dire mia sorella è andata in Messico e ha sposato l'unico messicano che parlava yiddish" e ci fa ridere tutti.
"I miei si sono sposati a Tel Aviv e poi sono venuti in Italia e hanno creato lavoro" e le storie hanno cominciato a rincorrersi tra i sessanta ospiti della cena.

"Io studio psicologia, dopo il semestre qui tornerò a San Francisco", mi racconta Sophie e iniziamo a parlare di quanti pazienti utilizzatori dei social i medici psicologi si stanno ritrovando a curare.
"A me piace solo il pesce", Liath allontana il piatto di filetto portato dal cameriere, la guardiamo stupiti perché era appetitoso, "figuratevi, l'italiano che ho sposato è di Amalfi e adesso capite perché adoro il pesce" e non possiamo fare altro che annuire tutti convintamente.

Le ore trascorrono con il rabbino che tenta invano di farci fare attenzione solo alla cerimonia e poi si arrende e intona con un ragazzo che viene dalla Virginia un inno ebraico a ritmo country.
"Perché questa sera è diversa dalle altre sere", recitiamo nella preghiera più nota.
"Perché stasera l'intero popolo ebraico, da dovunque provenga, è riunito nel Seder di Pesach, in Europa, in America, in Asia, in Australia, in Africa a celebrare il passaggio dalla schiavitù alla libertà".

Salutarsi è difficile e commovente alla fine della cena, mille lingue e mille provenienze e Storie tornano ad essere mille rivoli che si spargono per il pianeta, ma il legame del nostro popolo è ancorato nel nostro cuore per sempre.

Roberto Mahlab

   
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