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 La vendetta del cane
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Gabriella Cuscinà
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Inserito - 18/09/2015 :  12:12:08  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Gabriella Cuscinà Invia un Messaggio Privato a Gabriella Cuscinà
La vendetta del cane

Abitavano in villette adiacenti. Nella villa di destra stavano Giulio e Gina e in quella di sinistra abitavano Renato e la moglie Rita. Avevano ognuno più di settant’anni.
I rispettivi figlioli erano sposati e lavoravano in città lontane.
I quattro amici avevano preso l’abitudine di stare spesso insieme. Giocavano a carte, cenavano preparando pietanze succulente e particolari. Talora, sia gli uomini sia le donne, facevano a gara a chi cucinava la pietanza più gustosa.
Renato adorava profondamente la sua Rita ed era ricambiato con dolcezza e dedizione. Era un appassionato di armi, ne faceva collezione e possedeva la regolare licenza per tenerle in casa. Ogni tanto si divertiva a usarle, sparando a un tiro assegno che si era fabbricato di sua mano. Rita gli raccomandava di stare attento, ma lui rispondeva di non preoccuparsi perché era un tiratore scelto e un esperto di balistica.
Giulio e Gina avevano un cane di razza Labrador nero e bellissimo. Lo avevano acquistato quando era un cucciolo appena nato e adesso rappresentava il loro tesoro. La bestia li amava ed era particolarmente affezionato a Gina. Si chiamava Otello, era un Labrador Retrive di stazza media, di buon temperamento, intelligente, socievole, docile e tranquillo. La sua indole buona lo rendeva un vero cane da compagnia.
Otello scorrazzava per il giardino di Giulio e ogni mattina gli andava a prendere il giornale che il postino portava a casa. Gina gli dava da mangiare e da bere, lo ripuliva, gli metteva il guinzaglio e lo portava a spasso per le vie del quartiere.
Quando restava solo perché i padroni erano usciti, Otello si comportava da cane da guardia e ringhiava a chiunque si avvicinasse al cancello della villa. Poi al ritorno di Giulio e Gina, cominciava ad abbaiare e saltava festoso.
Quando la padrona si ammalava e non poteva accudirlo, era come se Otello lo capisse, restava mogio e triste dentro la cuccia in giardino. Infatti, la povera Gina era cardiopatica e spesso si affatica per niente, aveva il sopraffiato e doveva sdraiarsi per non peggiorare la sua precaria condizione di salute.
Un giorno, Giulio era uscito e Gina era sola in giardino a innaffiare le rose.
Renato, sul prato difronte, stava provando una nuova pistola. Rita era pure fuori e lui si sentiva padrone della situazione. Rimirava incantato la bellissima arma: era un revolver piccolo e compatto. Lo rigirava tra le dita e ogni tanto faceva finta di sparare.
A un tratto, involontariamente gli scappò un colpo. Si udì uno sparo e poi niente.
I vicini erano abituati a sentire ogni tanto qualche colpo provenire dalla casa di Renato, dunque non ci fecero caso.
Poco dopo, si udì il guaito disperato di Otello. Era una specie di latrato lugubre, di lamento funebre!
Renato provò dei brividi lungo la schiena e una sensazione opprimente, quasi un presagio di sventura. Non aveva mai sentito il cane gemere a quel modo. Avanzò verso il giardino adiacente e vide Gina riversa a terra. Non si muoveva e non respirava. Eppure non aveva ferite. Era evidente che il colpo di pistola non l’aveva neppure scalfita. Accanto a lei, il cane continuava a lamentarsi.
Renato capì che era morta e chiamò subito Giulio col cellulare. Nella sua mente, cominciava a comprendere ciò che era accaduto: Gina, sentendo sparare contro di lei, aveva avuto un infarto repentino e fulminante.
Nel frattempo Otello era misteriosamente scomparso.
Arrivò Giulio, s’inginocchiò accanto alla moglie piangendo affranto. Non riusciva a capacitarsi del fatto. Insieme al medico arrivato poco dopo, costatò comunque l’arresto cardiaco.
Rita, giunta anche lei di premura, chiese al marito cosa fosse successo, ma lui non parlò a nessuno dello sparo accidentale. Ne provava vergogna. D’altra parte, non fu trovato né il bossolo del revolver, né qualcuno dei vicini accennò a uno sparo.
Otello non si fece mai più vedere e Giulio pensò che la bestia si fosse allontanata per il dolore della morte della padrona.
Trascorsero così circa sei mesi, durante i quali ogni tanto Renato intravide Otello che lo guardava da lontano. Era sempre più magro e scheletrito.
Una mattina, Rita era rimasta sola a casa e a un certo punto uscì in giardino.
Si sentì assalire da dietro improvvisamente e non riconobbe Otello. La bestia la attaccò alla gola dilaniandole la carotide e in breve l’uccise, sbranandola in tutto il corpo. La poverina non ebbe neppure il tempo di urlare.
Quando Renato tornò, la trovò distesa in un mare di sangue. Capì che era stata sbranata da un cane e sospettò basito, di quale cane potesse trattarsi. Infatti, osservando meglio, si accorse che Otello era andato a morire nell’esatto punto dove era deceduta Gina. La bestia era pelle e ossa, ma evidentemente aveva avuto la forza di uccidere Rita. Anche Giulio rincasò e restò inorridito dalla scena. Lui però non poteva capire. L’unico che comprese e ricordò per sempre fu solo Renato.
La vendetta del cane era stata inverosimile, assurda quanto studiata. Otello, da quando Gina era morta, aveva nutrito un odio profondo verso Renato.
Il cane conosceva la verità ma non poteva parlare. Per questo era scomparso, per preparare la sua vendetta.
Qualche tempo dopo, Renato si disfece di tutte le armi e rimase a piangere e a disperarsi per la morte di Rita, finché un giorno non morì di crepacuore.
Allora la vendetta di Otello fu del tutto completa.


Gabriella Cuscinà

   
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