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 La forza della voce/"Per il futuro di chi amiamo"
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Roberto Mahlab
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Inserito - 08/01/2014 :  17:49:25  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
All’esterno la piacevole brezza del mare. Mi accoglie il titolare di uno storico negozio di articoli di consumo di una città della riviera e racconta quanto accade.


“Come è andato il lavoro in questi giorni di grandi movimenti per le feste?”
“Non ci sono più i Natali come negli anni scorsi, il giro di lavoro è tornato al 2006. Consideriamo che ho rilevato nel 2004 un negozio da rilanciare, c’è stata una lenta crescita fino a febbraio del 2012, l’inizio del baratro.

“Chi lo ha causato?”
“E’ stato provocato dalla classe dirigente a livello politico e amministrativo”.

“Un giudizio netto … bisogna rimuoverla?”
“Sì. La domanda che mi pongo a questo punto è : all'orizzonte c'è qualcuno che abbia intenzione e voglia di cambiare le cose?”

“C’è dunque un abisso tra politica e società?”
“La politica ad un certo livello non sa neppure come funziona la società, non si rende conto di come stia girando l'Italia o lo vuole ignorare”.

“Per interessi differenti da quelli che dovrebbe perseguire?”
“Sì, gli interessi della casta”.

“Chiunque arrivi deve poter dunque rovesciarla ...”.
“C'è stato un rinnovamento con dei giovani, sono veramente facce nuove o alle loro spalle c'è chi tira le fila?
Avranno la capacità di cambiare un modo di fare politica che in 15 anni ci ha portato a questo disastro?”

“In altri paesi si nota la ripresa …”
“La politica è più vicina alla società reale in altri paesi, in Italia non ne stiamo uscendo dalla crisi, basta invece uscire di casa e incontriamo chi ha difficoltà per la spesa con a casa un figlio disoccupato”.

“L’informazione fa il suo dovere di raccontare?”
“Rappresenta una realtà diversa perché è una informazione filtrata”.

“La società, il popolo, non hanno capito cosa accade?”
“Ci sono ancora mancanze di comprensione. Non è diffusa ancora la consapevolezza che si deve smuovere il sistema perché non va, bisogna cambiarlo, questa è una differenza rispetto ad altri paesi, fino a che c’è qualcosa nel mio orticello, va ancora bene, non siamo al pieno della comprensione”.

“In generale ci si dovrebbe muovere prima di arrivare al fondo …”
“E invece noi aspettiamo di esserci, molti si devono convincere di quello che forse hanno capito”.

“Perché succede questo?”
“Purtroppo ognuno pensa a sé, si sono persi morale, etica e senso della comunità, conta la mia esigenza che si pone a scapito di quella altrui.
I politici presi a rubare qui non vengono puniti e questo lancia un segnale, le persone di tutti i giorni dicono ‘allora ha fatto bene, perché ha vinto, è così che si vive in Italia’.
Io ho due bambine piccole, ci sono dei loro compagni di classe che fanno i furbetti con la calcolatrice sotto il banco, i giovanissimi imparano così che i furbi vincono senza fatica. E saranno quelli che porteranno avanti la cultura attuale”.

“Con il progetto ‘la forza della voce’, si scopre che le persone in grandissima maggioranza la pensano allo stesso modo di quanto lei descrive, ma si sentono isolate e quando iniziano a parlare scoprono al contrario di essere protagoniste di un dramma generale. Ha un senso?”
“Assolutamente sì. Ognuno di noi parla a sua volta e provochiamo una reazione a catena”.

“Quel ricrearsi della coscienza collettiva presente in altre società?”
“Sì. La società però ha bisogno di input esterni, di vedere esempi positivi”.

“Cosa sceglierebbe come simbolo di questi tempi tra ombre e luci?”
“Un esempio, la scuola dei miei figli. Per riportarla ad essere decorosa, siamo dovuti intervenire noi genitori, all’inizio eravamo tre persone fino ad arrivare al 40 percento delle famiglie. I genitori hanno ristrutturato la scuola, con una festa per raccogliere i fondi che ha avuto tante adesioni, ecco la coscienza collettiva, prima eravamo genitori che a malapena si salutavano. Far capire, coinvolgere, la solidarietà, fare insieme, senza secondi fini, tutto questo risveglia i valori. Se in tanti saremo disposti a farlo, ecco che avremo i buoni esempi”.

“Quali sono le resistenze ad atteggiamenti del genere?”
“Visto che politica non si interessa, pensa solo a sé stessa, anche a livello locale, le persone si chiedono : perché dovrei farlo io? Anche perché pago le tasse e chissà dove vanno. E’ un pensiero distruttivo da cui deve nascere la costruzione, per rinascere e non solo per lamentarsi. Dobbiamo agire per la comunità che siamo noi stessi e poi non accettare più di farci umiliare da una politica che perseguita il lavoro”.

“Il suo messaggio?”
“Non è giusto stare alla finestra, perché lo dobbiamo ai nostri figli, smettiamo di commentare in modo distruttivo, invece dobbiamo farlo in modo costruttivo, per cambiare. Dobbiamo comprendere che si è perso il merito nel pubblico e il privato vogliono smantellarlo altrimenti paradossalmente diventerebbe un ‘cattivo esempio’ che porterebbe al cambiamento e alla fine dei privilegi per la casta. Gli anziani dicono : noi siamo arrivati. Siamo noi allora a dover lottare per chi amiamo. Tu giovane, cosa vuoi per i tuoi figli? Che futuro avranno?, Dobbiamo cambiare il sistema per il futuro di chi amiamo”.

“In tutte queste vicende, i politici si sono mai fatti vedere?”
“In negozio no, anche giusto per chiedere ‘come va?’ alla parte della società che mantiene tutto quanto.
Riguardo alla scuola, un paio di amministratori locali hanno capito e ci sono stati, qualche persona motivata c’è, sono pochi e poi magari con il tempo vengono inglobati oppure fatti fuori se persistono. Sono mosche bianche pericolose perché intaccano il sistema”.

“Le ragioni della sofferenza economica del territorio?”
“Balzelli, tasse, la gente che non ha soldi per la crisi oppure che non spende per pessimismo. Riguardo alla distribuzione, la politica è orientata a favorire i centri commerciali che hanno soffocato i negozi, ma se non ci fosse l'asfissia fiscale ci sarebbe posto per gli uni e gli altri”.

“In Italia non è la concorrenza, ma lo stato a far chiudere le attività?”
“Chi può si trasferisce all'estero e per i piccoli non c'é neppure il ricambio, nessuno subentra, i più giovani dicono ‘chi ce lo fa fare”, cercano un posto fisso o pubblico, la mentalità è di lavorare il meno possibile, lavoriamo meno e guadagniamo di più di quanto avverrebbe in una attività personale o privata”.

“Finisce con tutti o assunti dallo stato o disoccupati …”
“Prendiamo gli studi settore, se io dovessi assumere, andrei fuori da quello che pretendono io guadagni e mi fanno chiudere, allora meglio correre da solo, anche perché se chiudo, come mangio?”

“Sembra la descrizione di una società schiavizzata … ”
“Sì”.

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(La forza della voce. Che ciascuno, anziché essere portavoce di se stesso, racconti quello che avviene agli altri che ha attorno, che conosce, di cui ha saputo, con cui parla, di chi ha vicino, racconti gli episodi che opprimono chi lavora, chi non lo può fare, chi vuole fuggire, chi viene schiacciato, che ciascuno sia la voce di dieci voci ciascuna delle quali probabilmente si sente isolata e non sa che le stesse vicende accadono a moltissimi altri, di modo da immedesimarsi e da coinvolgere).

   
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