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 La casa dei palloncini
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luisa camponesco
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La casa dei palloncini

La sagra del paese, con il suo carico di allegria, di colori, di odori, di grida di bambini., puntuale nel giorno del patrono ripropone le sue bancarelle, l’albero della cuccagna e la pesca di beneficenza, ah dimenticavo, c’e anche la gare di bocce.
Mio figlio mi precede correndo.
- Mamma guarda!
Per Mattia tutto è una novità, quattro anni di vita e un mondo da scoprire.
Impossibile tenere a freno la sua vivacità, mi sfugge, corre ed eccolo davanti al carretto dei gelati.
- Gelato, gelato …. – grida saltellando per attirare la mia attenzione.
- Bambino, che gelato ti piace?
- Cioccolato, cioccolato.
Lo raggiungo e cerco di convincerlo a prendere un cono alla frutta, niente da fare, allarga le braccine e mi dice: Cioccolato grande.
Lo accontento, ma lui guarda deluso il cono piccolo. Fortunatamente la sua attenzione volge altrove, con lo sguardo segue un palloncino rosso sfuggito dalle mani di un bimbo. Il palloncino ondeggia indeciso, pare fermarsi per un istante poi si eleva sino a diventare un puntino fra le nubi.
- Guarda mamma., ma dove va?
- Torna a casa. – una risposta istintiva la mia direi, inconsapevole.
Mattia sgrana gli occhi.
- I palloncini hanno una casa?
Sono impreparata a rispondergli, cerco di distrarlo.
- Andiamo a vedere l’albero della cuccagna.
- Ma i palloncini hanno casa? – Mattia insiste.
Prendo tempo, anzi prende forma nella mia mente l’idea di raccontare una bella storia.
- Ti racconterò della casa dei palloncini, ma adesso dobbiamo andare a casa.
- Promesso?
- Promesso!
Le promesse fatte ai bambini vanno mantenute altrimenti perdono fiducia negli adulti, devo trovare il momento opportuno e le parole giuste per raccontare una storia bella ed incredibile.
La cena preferita da mio figlio è a base di latte e biscotti al cioccolato lo accontento volentieri, ma non così spesso come lui vorrebbe
- Finisci il tuo latte Mattia è già ora di andare a nanna.
- Questa sera racconti vero mamma? – chiede mio figlio mentre nasconde un paio di biscotti nelle tasche del pigiama. Fingo di non accorgermene anche perché sto pensando ad altro.
La finestra della sua cameretta si affaccia sul prato del vicino, una bella costruzione circondata dal giardino e alberi da frutta, quello che Mattia non sa è che la storia ebbe inizio proprio in quella casa, tanti, tanti anni prima. Fra sentieri di terra battuta e prati incolti quella casa di mattoni e pietre doveva sembrare un’isola in un mare verde.

°°°

Nell’estate del ’39, mentre i contadini raccoglievano il fieno da portare nelle malghe di montagna, Giuseppina li guardava dall’alto dei suoi nove anni. In vacanza nella casa dei nonni si godeva quei giorni di spensieratezza correndo sui prati e raccogliendo papaveri. Nessuno poteva sapere che quella sarebbe stata l’ultima estate di pace.
-Giusi la cena è pronta!
- Vengo nonna.
Il profumo del minestrone era invitante tanto quanto l’aspetto, le verdure coltivate dal nonno nel piccolo orto avevano un sapore unico. “La terra capisce quando qualcuno l’ama” diceva spesso il nonno e visti i risultati doveva essere proprio vero.
Alla sera, il frinire delle cicale cullava il sonno di Giuseppina e al mattino si destava al canto degli uccelli, non era ancora consapevole di vivere in un angolo di paradiso, forse l’ultimo rimasto.
L’estate volgeva al termine, la valigia era gia pronta, papà sarebbe venuto a prenderla.
Il clacson del Fiat Balilla, orgoglio di famiglia, ruppe l’usuale silenzio della valle e Giuseppina gioì anche se le spiaceva lasciare i nonni.
Corse ad abbracciare il padre e non si accorse della sua espressione preoccupata.
Attorno al tavolo gli adulti parlavano fra loro sommessamente, solo alcune frasi giunsero alle orecchie di Giuseppina “ Polonia….invasione”. Non ne conosceva il significato ma doveva essere una cosa seria.
La nonna portò in tavola alcune focacce calde e solo allora, nonno e papà si accorsero di lei che con gli occhi sgranati cercava di capire, ma sentiva che qualcosa non andava ed ebbe paura.
Le fecero segno di avvicinarsi.
- Le focacce della nonna sono così buone, ma così buone…… - Papà la prese fra le braccia e la strinse forte e Giuseppina capì che stava per dirle una cosa importante.
- Giuseppina, ascolta bene quello che ti dico. Dovrai rimanere ancora un po’ con i nonni.
- Per quantooo? – la voce si ruppe in un singhiozzo.
- Non so per quanto, ma se vuoi bene a me alla mamma dovrai rimanere qui.
- E voi dove sarete?
- Saremo in città.
- E perché io non posso stare con voi?
- Succedono cose brutte tesoro mio e io la mamma saremo più tranquilli sapendoti con i nonni e poi non sarai sola, domani lo zio Antonio, porterà qui Gabriele e Maria. Loro sono più piccoli e quindi tu dovrai aiutare i nonni a sorvegliarli, a fare in modo che non combinino marachelle, lo zio Antonio conta molto su di te. Lo farai vero?
Giuseppina annuì con le lacrime agli occhi.
- Ia mamma ed io verremo a trovarvi spesso, tutte le volte che sarà possibile.
Lo vide partire e lo salutò col cuore pieno di angoscia.
- Vedrai Giusi tutto andrà bene – la nonna la prese per mano – Aiutami a preparare il letto per i cuginetti.
Scale in legno portavano al piano superiore dove si trovavano le camere che confinavano con il fienile. Il soffitto con le travi a vista, sulle quali spesso correvano gli scoiattoli, stimolavano la fantasia della bambina che immaginava di vivere nella torre di un castello incantato, se non fosse stato per mancanza dei genitori le sarebbe piaciuto vivere sempre in quella casa .
Il giorno successivo Giuseppina presa da ansia per l’arrivo dei cuginetti, correva avanti e indietro sul sentiero che collegava la strada principale, voleva essere la prima ad avvistare l’auto dello zio.
- Fermati Giusi sembri una trottola, lo zio arriverà anche se ti siedi un po’.
La nonna la guardava con le mani avvolte nel grembiulone bianco mentre un intenso odore di crostata alle fragole si diffondeva nell’aria.
- ECCOLI! Arrivano!
Giuseppina saltava sul sentiero, la macchina dello zio lasciava dietro di se una nuvola di polvere che colorava di beige i fili d’erba sul ciglio della strada.
In un istante le portiere si aprirono e due bimbi urlanti irruppero sul vialetto.
- NONNAA, NONNAAA
La nonna spalancò le braccia e abbracciò i nipoti, intanto Antonio si avvicinò a Giuseppina.
- Ciao stellina ti raccomando i miei bambini. – Le diede un buffetto sulla guancia prima di dirigersi verso la nonna.
Dopo pranzo lo zio ed i nonni si sedettero sotto il porticato e parlarono a lungo, Giuseppina fece giocare i cugini che si misero subito a litigare per chi dovesse andare per primo sull’altalena .
Il problema venne più tardi quando lo zio Antonio dovette partire. I bambini si misero a piangere e a correre inseguendo la macchina.
I primi giorni furono difficili, Giuseppina era abituata a vivere con i nonni ma Gabriele e Maria volevano la loro mamma, col tempo poi si rassegnarono.

L’autunno prese posto dell’estate e poi venne l’inverno e tutto si coprì di bianco, che divertimento per i bambini giocare, fare pupazzi, rincorrersi e tirare palle di neve, alla sera stanchi si addormentavano sotto le calde coperte di lana.
- Quando verranno a prenderci papà e zio Antonio?- chiedeva in continuazione.
- Presto Giusi, ma adesso le strade sono chiuse per il freddo, vedrai a primavera saranno qui.
La primavera arrivò e i prati si colorarono di rosso, viola e bianco, a maggio sbocciarono le rose e a giugno l’Italia entrò in guerra.

La Balilla di papà imboccò il viale suonando più volte il clacson, gli bambini corsero incontro seguiti dai nonni. Dalla macchina scesero i genitori di Giuseppina, zio Antonio e zia Ernestina.
Che felicità quel giorno, i bambini non la finivano più di gridare e saltare, non si accorsero degli sguardi tristi degli adulti.
Dopo pranzo tutti si sedettero sotto il porticato mentre Giuseppina badava ai cugini ma cercava in ogni modo di ascoltare ciò che gli adulti dicevano. Le giunsero poche frasi smozzicate: “la situazione è grave ……non sappiamo come andrà a finire…….le camice nere spadroneggiano …..non ha fatto il saluto ed è stato bastonato…..”
Giuseppina era confusa, si domandava chi fosse stato bastonato ma i suoi pensieri furono interrotti dal richiamo della nonna.
- Bambini venite in casa c’è una bella sorpresa per voi!
Abbandonati i tricicli sull’aia corsero in casa in attesa di sapere la buona notizia forse tornavano a casa.
- Dov’è la sorpresa, dov’è la sorpresa…. – Maria e Gabriele andarono in braccio ai loro genitori e Giuseppina si mise fra sua padre e sua madre.
- La sorpresa è presto detta.- la nonna guardò il nonno che le fece cenno di continuare. – La sorpresa è ……..che le vacanze non sono finite.
Calò il silenzio nella grande cucina, i bambini non capivano che genere di sorpresa fosse, ma Giuseppina intervenne.
- Vuoi dire che dobbiamo rimanere ancora qui?
- Si Giusi – sospirò la nonna – Ma non sarete soli, tua mamma e la zia Ernestina staranno con voi.
Giuseppina questo non se lo aspettava
- Ma papà e lo zio Antonio?
- Noi dobbiamo tornare in città non possiamo lasciare il lavoro, ma verremo quando sarà possibile. – rispose Guido, il papà di Giuseppina – Tu sei una ragazzina speciale, tua madre ed io lo sappiamo bene e poi vedrai finirà tutto molto presto
- La cosa importante è che io e te staremo insieme – soggiunse la mamma e Giuseppina si lasciò stringere in un abbraccio rassicurante.

Guido e Antonio se ne andarono prima di sera con la certezza di aver lasciato al sicuro le loro famiglie.
Passarono giorni e poi mesi in attesa di notizie ma le frattempo la valle si stava popolando di gente venuta dalla città per lo più bambini,
- Sono arrivati altri sfollati, dovremo organizzarci e dividere quello che abbiamo-
- Chi sono gli sfollati? – chiese Giuseppina
- Sono persone come noi che lasciano la loro casa perché qui si sentono più al sicuro.
Adele guardava la figlia constatando quanto fosse cresciuta.
- Adele ed Ernestina, voi due potreste radunare tutti i bambini del vicinato e fare loro un po’ di scuola, in fondo siete entrambe maestre.
La proposta della nonna piacque.
- Domani andremo a parlare con le loro mamme, sei d’accordo Ernestina?
- Certo, ma nel caso accettassero dove potremmo fare lezione?
- Adatteremo il fienile, è spazioso potrebbe andare bene. – rispose la nonna.
L’iniziativa mise le donne di buon umore, il pensiero di questa attività avrebbe distolto almeno in parte il pensiero della guerra, meno entusiasti furono Maria e Gabriele.
Cominciò in sordina, pochi allievi all’inizio a causa della diffidenza e del timore, poi si fecero sempre più numerosi tanto che si rese necessario suddividerli per età e grado di istruzione.
Adele ed Ernestina non volevano soldi ma le famiglie dei ragazzi portavano, uova, latte, formaggi. Le due donne accettavano questi doni per una questione di rispetto ma poi, con torte e merende in un certo senso restituivano il cibo.
La guerra sembrava lontano solo alcuni echi giungevano nella valle, i bambini frequentavano la scuola e giocavano nell’aia con quello che trovavano.
Fu Giuseppina ad accorgersene, qualcosa volava ondeggiando nel cielo, la ragazza lo rincorse fino a quando lo vide cadere in un prato. Corse a raccoglierlo e si accorse che si trattava di un palloncino, un palloncino che volava.
-Oh lo ha trovato tu! - l’uomo con i capelli grigi si stava avvicinando e Giuseppina si allontanò istintivamente. L’uomo non pareva una minaccia ma la mamma le aveva raccomandato d’essere prudente con gli sconosciuti.
- Sei tu che lo hai fatto volare?
- Si, ma vorrei farlo volare molto più in alto.
L’uomo raccolse il palloncino rigirandolo fra le mani.
- La prossima volta andrà meglio, ciao bambina.
Si allontanò col palloncino fra le mani e Giuseppina lo seguì da lontano finché lo vide entrare in una casupola al di là del torrente. Tornò a casa ma non disse nulla di quanto accaduto.
Per qualche giorno Giuseppina, incuriosita, osservò da una certa distanza la casa di quell’uomo poi prese coraggio e si avvicinò.
- Stai cercando qualcosa?
Non si era accorta che qualcuno sopraggiungeva alle sue spalle. L’uomo non sembrava arrabbiato, anzi quasi divertito, fra le mani teneva due palloncini.
-Scommetto che vuoi sapere come faccio a far volare i palloncini. Beh, visto che sei qui vieni a vedere.
Nonostante l’imbarazzo Giuseppina lo seguì.
- Io mi chiamo Cesare e tu?
- Giuseppina.
- Bene Giuseppina vieni a vedere la casa dei palloncini.
Entrarono in una capanna vicino alla casa, all’interno un ampio camino con i tizzoni ancora accesi, sparsi sul pavimento, pezzi di gomma e tele di vario colore ma tutte molto fini come la seta, vicino al muro alcuni contenitori di metallo ermeticamente chiusi.
- Perché vuoi far volare i palloncini?
- Mi sono sempre piaciuti fin da bambino, vorrei che salissero sempre più in alto.
- Lo sapevi che l’aria quando è calda diventa più leggera? Poi ci sono dei gas come l’elio o l’idrogeno, ma la cosa importante è il materiale da usare. Con i tessuti posso fare una mongolfiera, magari piccolina, mentre per la gomma è meglio usare i gas.
Cesare cercava di usare parole semplici per far capire alla bambina questi concetti.
- Senti facciamo così, vieni domani e ti farò vedere come li faccio volare.
- Posso portare i miei cuginetti?
- Puoi portare tutti i bambini che vuoi.
Quella sera Giuseppina fu costretta a parlarne in famiglia, all’inizio tutti furono contrari, anzi le intimarono di non avvicinarsi più a Cesare, ma a sorpresa il nonno intervenne.
- Io lo conosco, conoscevo anche suo padre, non sapevo che fosse tornato nella vecchia casa, domani andrò a salutarlo, non lo vedo da quand’era ragazzo.
Il nonno prese a raccontare dei fatti passati e dell’amicizia che legava da sempre la gente della valle. Così il giorno seguente tutta la famiglia, nonno in testa, si diresse verso la casa di Cesare.
Quello che videro fu davvero sorprendente, palloncini colorati circondavano la casa, sembravano fiori appena sbocciati, trattenuti al suolo da tenui fili. I bambini rimasero a bocca aperta incantati da quello spettacolo.
- E’ la casa dei palloncini. – disse Giuseppina assumendo l’aria di chi la sa lunga.
Cesare venne loro incontro e si fermò di botto vedendo il nonno.
- Signor Anselmo è proprio lei?
- Proprio io caro Cesare, ma vedo che il tempo è passato anche per te- disse indicando i capelli grigi.
- Hai conosciuto mia nipote, bene e questo è il resto della famiglia.
Incominciarono a parlare, a raccontare dei vecchi tempi mentre i bambini giocavano con i palloncini.
Ben presto nella valle si seppe della casa dei palloncini e tutti vollero andarla a vedere.

La guerra non risparmiò nulla e nella valle presto comparvero uomini armati che si nascondevano nei fienili, nelle baite o nei boschi. Per prudenza Adele ed Ernestina sospesero le lezioni e per i bambini giocare diventava più difficile.
Un giorno il nonno decise di andare a trovare Cesare e Giuseppina, ormai adolescente, insistette per accompagnarlo.
- Sono discorsi da uomini, Giuseppina, tu dovrai rimanere fuori.
Giuseppina non capiva cosa volesse dire, ma solo il fatto di uscire con il nonno la rendeva felice.
-Salve signor Anselmo ciao Giuseppina, che bella sorpresa.
- Cesare mostra a mia nipote i nuovi palloncini nel frattempo noi dobbiamo parlare un po’.
Giuseppina si sentiva troppo grande per giocare ma prese ad ammirare una mongolfiera in miniatura che, alimentata da aria calda, ondeggiava nell’aria. Intanto nell’interno della casa, Anselmo e Cesare discutevano.
- Si è possibile, ma è necessario verificare la direzione e la forza del vento. – diceva Cesare
- Allora bisogna farlo, potremmo salvare molte vite. – rispondeva Anselmo.
Ebbe così inizio uno strano andirivieni fra la casa del nonno e quella di Cesare, Giuseppina non capiva ma non osava chiedere, limitandosi ad osservare.
Il nonno, alla sera al lume della candela, scriveva su fogliettini di carta che poi arrotolava con cura e all’alba, al canto del gallo, si dirigeva verso la casa di Cesare.
La cosa andò avanti per parecchio tempo fino a quando un giorno, una camionetta si fermò davanti alla casa di Cesare, scesero uomini vestiti di nero, lo presero e lo portarono via.
Giuseppina, nascosta dietro un cespuglio vide tutto e corse a riferirlo al nonno. Il nonno sospirò.
-Sapevamo che prima o poi sarebbe successo.
- Cosa doveva succedere nonno?
- Meno sai e meglio è. - Anche il nonno se ne andò lasciando un biglietto per la nonna. La casa piombò in un silenzio irreale, nessuno più parlava e si sussultava ad ogni rumore.
Erano già trascorsi sei anni da quando Giuseppina era arrivata nella valle, ora aveva quindici anni, anche i cugini erano cresciuti e la mamma e la zia mostravano qualche capello grigio, nonna aveva perso tutta la sua vitalità e se ne stava tutto il giorno seduta sulla poltrona ad osservare l’ingresso del viale in attesa del ritorno del nonno.
Era la primavera del ’45, la notizia che la guerra era finita si sparse per la valle, grida di gioia si levavano dalle case, ma qualcosa nel cielo attrasse l’attenzione di Giuseppina. Ondeggiava lieve ad ogni soffio di vento, il suo cuore sobbalzò allora si mise a correre verso la casa di Cesare, forse era tornato, lo volesse il cielo. Giunta ne pressi della casa la vide abbandonata e circondata da sterpaglie, ma qualcosa si muoveva nel prato incolto. Un palloncino rosso dondolava fra i rami bassi di un nocciolo.. Giuseppina lo prese e si accorse che in fondo al filo c’èra un cartoncino piegato ed ingiallito dalle intemperie, lo aprì delicatamente e lesse la scritta “GRAZIE”
- Giusi vieni presto! – Gabriele la chiamava dall’altra parte del torrente. – Cos’hai in mano?
- Un palloncino è tornato a casa. – rispose la ragazza di rimando
- Non è il solo che è tornato, sbrigati!
Scorse la Fiat Balilla da lontano, accelerò il passo mossa da nuova energia, sotto il porticato, fra pianti ed abbracci, vide suo padre, lo zio Antonio e anche il nonno.
Quante vicende da raccontare, il tempo non sarebbe mancato negli anni a venire, ma ora c’era spazio solo per la gioia . “


°°°

Mattia si è addormentato, stanco della passeggiata pomeridiana meglio così mi lascia il tempo di riflettere, cerco di immaginare com’era la valle ai tempi di nonna Giuseppina. Certo adesso è diversa, nuove case, piscine e campi da tennis. La casa di Cesare è ancora lì, sistemata per bene, abitata da lontani cugini che ne hanno conservato il ricordo e lo fanno in modo singolare, a Cesare sarebbe piaciuto.
Chiudo la finestra sfioro con le labbra la fronte di mio figlio, anche per me è giunta l’ora di riposare. Guardo il ritratto di nonna Giuseppina, i suoi occhi sorridenti sembrano seguirmi.
Vado in soggiorno, accendo il portatile, raccolgo le idee e mi metto a scrivere, a scrivere la storia della casa dei palloncini, perché nulla deve andare perduto.









Luisa Camponesco

   
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