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luisa camponesco
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Inserito - 19/04/2012 :  12:21:43  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco

Puzzle

A volte è necessario raccogliere e ricomporre i pezzi della propria vita. Non sempre le tessere vanno al posto giusto, anzi, alcune vorremmo perderle cancellarle, come mai esistite

°°°

“L’adolescenza è un periodo importante, si fanno cose pazze, ci si sente padroni del mondo, invulnerabili, ma si forma il carattere quello che poi ci distinguerà in futuro.
Famiglia tradizionale, educazione severa ma non severissima, ho goduto di una certa libertà, controllata, ma pur sempre libertà.
Non saprei dire perché un bel giorno decisi di cambiare strada, sono quelle cose che si fanno tanto per fare, per uscire dalla noiosa routine quotidiana.”

Era una così bella giornata, le gemme sugli alberi, le prime tenere foglioline verdi, perché sprecarla sui banchi di scuola in una stranoiosa nonché soporifera lezione di letteratura italiana?.
La compagnia era allegra, ragazzi e ragazze con la voglia di ridere e di non pensare a nulla.. Le colline, a due passi dalla città, un invito irresistibile. Motorini a tutto gas e via sui viottoli di terra battuta per poi sdraiarsi sui prati a raccontare di tutto.
- Ce la facciamo una fumata?
- Io non ho mai fumato- rispose Rosetta
- Allora è il momento di provare, tranquilla non è erba, solo una normale sigaretta.
Tutti si misero ad incitarla, a darle della fifona in particolare le ragazze e così ci provò. Tossì per un’ora intera e comprese che fumare non era per lei, ma da quel giorno imparò a mentire.
Imparò a mentire talmente bene da credere essa stessa a ciò che diceva. Così menzogna dopo menzogna arrivò alla soglia dei vent’anni e li festeggiò con una bottiglia di brandy.
Quel sapore forte e pungente le piacque moltissimo tanto da riprovarci e così, bicchiere dopo bicchiere, divenne una “piacevole” abitudine.
Quella sera di ritorno dalla festa di compleanno di Lisa, cantava a squarciagola con le sue amiche, Lisa guidava con una mano e con l’altra reggeva una lattina di birra, un attimo, un sorso e non vide la curva.
Rosetta si svegliò in una stanza dalle pareti bianche.
- Ha ripreso conoscenza. – Una voce sconosciuta vicino a lei, ma cosa voleva dire con quel “ha ripreso conoscenza”.
- Cosa succede? Dove sono?
- Stia calma, ha visite.
Nel suo campo visivo apparvero i volti dei suoi genitori, occhi arrossati ma espressioni sollevate.
- Mamma, papà cosa è successo, perché sono qui?
Suo padre le prese le mani e le strinse fra le sue.
- Va tutto bene cara, stai tranquilla. – Ma aveva gli occhi lucidi
- Voglio sapere papà!
- Si, tra un po’ adesso devi riposare.
- Dove sono Lisa e le altre?
Rosetta cercò di alzarsi ma venne subito bloccata da una energica infermiera.
- Voglio vedere Lisa!
L’espressione del volto di suo padre la spaventò.
- Dimmi papà come sta Lisa?
Suo padre la baciò sulla fronte e Rosetta comprese.
Un urlo silenzioso le uscì dalla gola poi svenne.

Rosetta si riprese fisicamente ma non parlò più di quando accaduto quella notte.
Dopo aver abbandonato gli studi universitari, si buttò nel lavoro, ne cambiò diversi poi i genitori investissero i loro risparmi in un negozio di abbigliamento ed le affidarono la gestione.
Gli inizi furono promettenti gli affari andavano molto bene e col tempo assunse anche due commesse.
L’incontro con Enrico fu del tutto casuale, lui entrò nel negozio in qualità di rappresentante di una nota casa di mode.
Iniziarono a frequentarsi, all’inizio una cosa del tutto amichevole quasi cameratesca, poi un giorno Rosetta confidò all’amico di sentirsi sempre stanca e sotto pressione.
- Ho io il rimedio per te, vedrai come ti sentirai su giri.
Le pastigliette dall’aspetto innocuo erano sul tavolo.
- Cosa sono? – chiese Rosetta
- Fidati – rispose Enrico – Ti ho mai consigliato male?
In effetti Enrico le aveva fatto fare ottimi affari e il negozio aveva una bella clientela.
Rosetta si fidò e quello fu solo l’inizio.
Sprizzava energia, si sentiva un leone, instancabile con il mondo nelle sue mani.
- Perché non riposi un po’, ho l’impressione che tu dorma poco.
- Oh mamma non mi sono mai sentita così in forma, non preoccuparti sto benone.
Le pastigliette finirono allora Rosetta si rivolse all’amico Enrico.
- Mi serve ancora la medicina che mi hai consigliato, purtroppo l’ho finita. Puoi procurarmela?
- Naturalmente, te la porterò stasera.
Rosetta camminava in continuazione torcendosi le mani in attesa dell’amico.
Pochi minuti alla mezzanotte e il campanello suonò, la donna si precipitò al citofono e, rassicurata dalla voce di Enrico, aprì la porta.
- Scusa il ritardo mia cara ma l’erborista che le prepara è fuori città e ho dovuto cercarne un altro. Ti avverto non sono pastigliette ma è il medesimo principio.
- Non importa – rispose Rosetta – purché diano lo stesso risultato.
Enrico le consegnò una bustina trasparente contenente polvere bianca.
Rosetta spalancò gli occhi e si ritrasse.
- Non è quello che pensi, sono le pastiglie in polvere e niente altro, anzi potrai dosare più facilmente.
Ci sono menzogne che sembrano verità e in quel momento Rosetta aveva bisogno di credere.
All’inizio nessuno percepì il cambiamento, il fatto che la donna fosse più nervosa del solito venne attribuito al lavoro ed alle crescenti responsabilità.
Una mattina la commessa la trovò nel magazzino adiacente il negozio, era seduta su di uno sgabello con la schiena appoggiata alla parete.
- Signora, si sente bene? Le serve qualcosa?
Rosetta le rivolse uno sguardo assente.
- Sto bene grazie!
- Signora, ha una guancia gonfia, ha forse mal di denti?
- No, ma è meglio che vada a casa, pensa tu al negozio oggi.
Si allontanò con passo mal fermo lasciando la commessa perplessa e preoccupata.
Non si fece più vedere e nel frattempo al negozio arrivavano lettere di sollecito per forniture non pagate.
La commessa tentò invano di contattarla, allora avvisò i genitori.
Trascorsero vari giorni prima di sapere notizie, la telefonata fu una vera e propria doccia fredda., Rosetta si trovava ricoverata in terapia intensiva nell’ospedale cittadino.
La corsa in taxi, il cuore in tumulto, i genitori si precipitarono all’ospedale, un poliziotto li attendeva nel corridoio.
- I signori Germano?
- Dov’è? – fu la loro risposta.
Il poliziotto riassunse in poche parole i fatti. Su segnalazione anonima trovarono la donna abbandonata in un vicolo, priva di sensi dopo aver subito violenti percosse, nella borsetta i documenti con i quali erano riusciti ad identificarla, di più non poteva dire poiché con le indagini ancora in corso, infine dalle analisi ospedaliere era risultata positiva alla cocaina.
Ore tremende di attesa, i genitori di Rosetta quasi consumarono il pavimento del corridoio a forza di camminare avanti e indietro.
- Signori Germano? – l’infermiera fece loro cenno di avvicinarsi. – può entrare uno solo.
La madre entrò decisa nella stanza, si avvicinò al letto e strinse le mani alla figlia. Solo pochi minuti ma questo bastava ad alimentare la speranza.
Rosetta si riprese lentamente, le ferite nel fisico guarirono le altre, più profonde, sarebbero rimaste per molto, molto tempo.
Le conseguenze delle azioni del caro “amico” Enrico furono devastanti per la famiglia Germano. Rosetta perse il negozio, la macchina, per non parlare del suo conto in banca.
Enrico le aveva portato via tutto, anche la voglia di vivere. A nulla valsero le denuncie, l’uomo aveva fatto perdere le sue tracce.
Rosetta rimaneva giorni interi chiusa nella sua camera nonostante i ripetuti richiami dei genitori, fino a quella notte.
- Rosetta aiutami! –sua madre batteva alla porta – papà non si sente bene.
Rosetta pensò ad un brutto sogno ed impiegò diversi minuti prima di realizzare d’essere sveglia.
Il padre respirava a fatica ma cercava di tranquillizzarle, era evidente però che si trattava di una cosa seria.
La corsa in ospedale in ambulanza, l’ansia dell’attesa, era come sprofondare in un pozzo senza fondo.
- E’ tutta colpa mia, è tutta colpa mia.
- No Rosetta non è colpa di nessuno, vedrai andrà tutto bene.
Non fu così, il cuore del signor Germano si fermò lasciando le due donne incredule e spaventate.
Toccare il fondo e rialzarsi? È possibile? Alcuni ce la fanno, altri no.
La rabbia è una molla che può essere usata per uscire dal vuoto esistenziale causato dagli eventi della vita. E fu questa rabbia che indusse Rosetta a ribellarsi. Niente perdono verso se stessa e verso il mondo, solo voglia di agire con determinazione e dimostrare a tutti che non era sconfitta.
Il problema principale che le due donne dovettero affrontare fu quello economico. Per colmare la voragine di debiti, suo padre aveva venduto tutto ciò che poteva vendere, solo la casa non era stata ipotecata, la sola risorsa finanziaria consisteva nella pensione di reversibilità del signor Germano insufficiente però al mantenimento di due persone.
- Devo cercare un lavoro. –
- E io sono ancora abbastanza giovane per fare ancora qualche lavoretto.
- Mamma! Assolutamente no! D’ora in avanti questo sarà compito mio.

L’inizio non fu facile, ma niente può fermare una donna assetata di vendetta, la sua, una scalata lenta ma costante, anno dopo anno accumulò una piccola fortuna anche se con mezzi piuttosto discutibili.
Acquistò alcuni appartamenti del suo condominio e sfrattò gli inquilini che l’avevano snobbata.
- Mamma, oggi festegggiamo, anche i Rossi se ne andranno. Ricordi cosa dicevano sulla nostra famiglia? Vorrei che papà fosse qui!
- È una fortuna che papà non sia qui – rispose la madre mentre stringeva fra le mani un rosario.
Rosetta rimase perplessa, erano trascorsi più di dieci anni dalla morte del padre, di strada ne aveva fatta parecchia ora era una quarantenne piena di vigore.
- Mamma, sinceramente non ti capisco, ho recuperato il denaro speso da papà per pagare i miei debiti, non dobbiamo più temere per il futuro. Mi sono ripresa il negozio e ne ho aperto un altro. Ho lavorato molto e mi sono anche umiliata per avere tutto questo e non è certo recitando rosari che ho acquisito la mia posizione.
Sua madre corse in camera e chiuse la porta
- Accidenti a te! – urlo Rosetta, poi prese la borsa e uscì di casa.

Camminò senza una meta, senza alzare gli occhi per un tempo indefinito stringendo i pugni con rabbia fino a quando voci di bimbi la richiamarono alla realtà.
Si trovò in una piazzetta, i bambini giocavano a pallone, ridevano felici di quella felicità che può dare solo l’innocenza. Rosetta si scoprì ad invidiarli.
In fondo alla piazzetta una chiesa.
Quanti anni? forse più di venti da quando non metteva piede in una chiesa, non riusciva a capire la devozione di sua madre quel suo continuo pregare, se non fosse stato per lei, Rosetta, adesso sarebbero alla fame.
Decise di entrare, per riposare un po’ poi sarebbe andata a controllare i negozi.
Il silenzio che abbraccia dà una sensazione strana come entrare in una dimensione diversa.
La chiesa era vuota, le candele emanavano un chiarore tremulo ma molto piacevole, percorse metà navata quando si accorse della presenza di un sacerdote col capo chino su di un libro.
Un impulso improvviso e si trovò inginocchiata davanti a lui.
- Non so perché sono qui! – esclamò Rosetta.
Il sacerdote alzò gli occhi azzurri e profondi, chiuse il libro
- Parliamo un po’ – rispose.
Un parola e poi un’altra e un’altra ancora e divennero un fiume. Rosetta si scagliò contro tutto e tutti, gridò finchè non ebbe più voce.
- Adesso che ha capito chi sono, non mi faccia prediche!.
Per tutta risposta il sacerdote parlò di se stesso, di come era giunto alla vocazione e di come si svolgeva la sua vita, inserendo aneddoti divertenti che strapparono più di un sorriso a Rosetta ed .il tempo passò via veloce.
- Adesso devo proprio andare, ma è stata una sorpresa incontrare un prete come lei.
- E lei mi fatto un regalo prezioso. – rispose il sacerdote.
- Io? – Rosetta era stupita.
- Aspetti ho ancora una cosa da fare. – Le posò la mani sul capo e la assolse.
- Vuol dire che Dio mi ha perdonato?
- Dio l’ha perdonata nell’istante in cui si è inginocchiata qui.

Le luci della chiesa si accesero segno che una funzione stava per iniziare. Rosetta uscì, non c’erano più bambini a giocare nella piazzetta ed i lampioni sulle strade rischiaravano i marciapiedi, preludio della sera. Si mise a camminare con passo veloce e poi …a correre.

“Stamattina mi sono guardata allo specchio, ho scoperto un capello bianco, l’ho trovato bellissimo, l’ho detto a mia madre lei si messa a ridere ed io l’ho abbracciata forte ignorando le sue proteste. Il caffè era bollente e, con una fetta biscottata fra i denti, sono uscita di casa. Oggi ho un sacco di faccende da sbrigare in negozio, ma prima voglio avvisare i signori Rossi che possono rimanere nell’appartamento e poi, e poi… non vedo l’ora di iniziare la mia stupendamente noiosa routine quotidiana”.











Luisa Camponesco

   
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