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 Il nido delle folaghe
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luisa camponesco
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Il nido delle folaghe


I pulcini pigolavano nel nido delle folaghe. Il ricordo riemerse, pareva accaduto il giorno prima tanto era vivido come il dolore che ora stava provando. È possibile dare senso al non senso? La risposta era lì, davanti a lei, nella vita che reclamava il suo diritto ad esistere.

°°°

Rosaria era felice quel giorno come può esserlo una ragazza di diciotto anni, sarebbe tornata a casa dai genitori e dalla sorella; non li vedeva da oltre un anno. La guerra rendeva difficili gli spostamenti. Il servizio postale inaffidabile; sottoposte a censura le lettere portavano strisce nere su ogni frase rendendo illeggibile anche il più innocente dei messaggi.
Per puro caso sentì la discussione che si teneva nello studio della direttrice. Le voci alterate dalla preoccupazione.
- Come faremo a dirlo alle ragazze?
- Non abbiamo un’altra soluzione, dobbiamo informarle oggi stesso! – rispose una voce maschile.
Rosaria si fermò davanti alla porta socchiusa incerta sul da farsi, ma curiosa d’afferrare il senso di quelle parole. Le voci divennero un bisbiglio, la ragazza scese velocemente le scale e raggiunse la biblioteca.
- Cos’è quella faccia scura? – chiese Erminia, la sua amica. – Non hai ripassato geografia.
- Credo stia succedendo qualcosa.
- Di che genere?
- Non saprei ma ce lo diranno presto.
Sedette accanto alla compagna mentre un tuono lontano preannunciava l’arrivo del temporale.
- E’ il primo della stagione! – Esclamò Erminia correndo sul terrazzo.
Il collegio era situato sulla collina e da lì si poteva vedere Lovere ed il lago d’Iseo. Il panorama splendido e il clima piacevole, un luogo sereno in cui vivere se non fosse stato per la guerra.
Un tuono più forte fece vibrare le vetrate.
- Signorine tornate subito nelle vostre camere! – la voce autorevole della direttrice, la signora Reboldi, non lasciava spazio a poteste e le ragazze ubbidirono.
- Non era un tuono Erminia. – sussurrò Rosaria.
- Non era un tuono? Era forse …ohh. Madonna santa proteggici. – Le ragazze fecero il segno della croce prima di entrare in camera.
Quella sera, nel refettorio, aleggiava uno strano silenzio, al termine della cena la direttrice suonò una campanella per attirare l’attenzione.
- Signorine, prestate attenzione a ciò che sto per dirvi. Viviamo in tempi difficili, questo lo sapete, difficili sono anche le decisioni che coinvolgono e spesso sconvolgono la nostra vita. – Abbassò gli occhi e con le mani stropicciò un tovagliolo, poi riprese a parlare con decisione. – Gli esami finali dovranno essere anticipati al prossimo mese, dopo di che dovrete lasciare immediatamente il collegio e tornare a casa!
Passata la sorpresa dell’annuncio le allieve iniziarono a fare domande su domande tanto che la confusione divenne intollerabile, solo lo scampanellio insistente della signora Reboldi riportò l’ordine. Le ragazze si consultarono e Rosaria prese la parola.
- Signora direttrice, vorremmo conoscere il motivo di questa decisione.
La direttrice guardò Davide Valventi, amministratore e consulente del collegio Santa Fosca. Lentamente l’uomo si alzò e prese la parola.
- Signorine, capisco la vostra apprensione e la condivido, il motivo di questa decisione sta nel fatto che il collegio sarà occupato dai tedeschi che fisseranno qui il loro comando operativo; un mese è il tempo massimo che mi hanno concesso per liberare la struttura. Per questo motivo, con la direttrice, la signora Reboldi, abbiamo deciso di anticipare gli esami. Naturalmente il programma verrà modificato per consentire a tutte voi di prepararvi con un minimo di serenità.
La notizia pesò come un macinio. La signora Reboldi, consapevole dell’effetto di quell’annuncio cercò di spronare le ragazze invitandole ad applicarsi nello studio con maggior impegno.
- Gli esami saranno severi come lo sono sempre stati, anzi forse di più perché voi sarete le migliori maestre che usciranno da questa scuola. Allora coraggio, dimostrate a tutti che non vi lasciate intimorire
Non riuscivano prender sonno quella notte, Rosaria ed Erminia.
- Sei sveglia? –
- Si Erminia, un mese passa in fretta e poi cosa faremo?
- Torneremo a casa.
- È questo che mi spaventa, non abbiamo modo di avvisare i nostri genitori, come faremo?
- Ho un cugino che vive in Val Camonica ha un casolare vicino ad Incudine lui ci aiuterà.
- Sarà bene pensare a studiare, da domani raddoppieremo l’impegno. Buonanotte Erminia.

Nei giorni che seguirono gli unici pensieri erano rivolti agli esami. Le ore sui libri non si contavano più.

- Domani inizieranno le prove scritte, e subito dopo gli orali, la direzione fa a voi tutte gli auguri per una buona riuscita e che il Signore vi protegga.
Le conseguenze della guerra ora si facevano sentire anche in collegio. Il cibo scarseggiava, spesso Rosaria ed Erminia facevano incursioni notturne negli orti vicini raccogliendo quanto potevano.
- Non è rubare vero? – chiedeva Erminia preoccupata.
- Appena avremo un po’ di denaro li ripagheremo e poi è ancora per poco, presto ce ne andremo. – ma Rosaria in cuor suo non sapeva come avrebbero potuto risarcirli.
Gli esami si conclusero alla fine di aprile; parenti e genitori delle neo- maestre vennero a prenderle per portarle a casa, ma Rosaria ed Ermina sapevano di doversi arrangiare da sole.
- Spero sappiate quello che state facendo. - disse le signora Reboldi mentre consegnavo loro i diplomi – Il viaggio sarà lungo per cui vi autorizzo a prender tutto ciò che trovate nella dispensa e…. siate prudenti, non fidatevi di nessuno.
Così, quella mattina del 2 maggio 1944, le ragazze, con le valigie di cartone legate con lo spago, presero il sentiero che portava nei pressi di Lovere.
Evitarono il centro abitato, Erminia conosceva una strada secondaria che portava a Costa Volpino, ma da lì in poi la cosa si complicava.
Le valige pesavano di più ad ogni passo.
- Non ce la faccio Rosaria, le mie gambe non reggono.
- Riposati un po’ vado a vedere cosa si può fare.
Tornò dopo circa mezz’ora.
- Presto Erminia, andiamo sulla strada c’è un camioncino fermo, ho sentito il conducente che diceva di doversi recare nell’alta valle Ci nasconderemo fra la merce che trasporta.
- Ma è pericoloso!
- Anche rimanere qui lo è!
Il camioncino era là con i lati coperti da un telone mimetico, caricavano sacchi di farina e balle di fieno, attesero che il conducente se n’andasse, Rosaria trascinò Erminia dentro il camioncino, si nascosero dietro il fieno e attesero.
Poco dopo il mezzo partì sobbalzando le due ragazze si strinsero le mani. Non erano in grado di misurare il tempo trascorso e nemmeno di stabilire quanta strada percorsa, sedute nella penombra fra sacchi di farina traballanti, poi il veicolo si fermò, udirono voci imperiose con cadenza tedesca, non c’erano dubbi, erano incappate in un posto di blocco.
- Controllate il carico! Perquisite l’autista!
Il telone venne sollevato e apparve il volto di un giovane, poco più di un ragazzo, i suoi occhi incontrarono quelli terrorizzati di Rosaria ed Erminia. Il telone si abbassò di colpo.
- Tutto a posto tenente è solo del fieno.
Il camioncino riprese il viaggio tra lo stupore delle due ragazze.
- Perché non ci ha denunciato?
- Forse anche lui ha delle sorelle e una famiglia che lo aspetta. Una cosa è certa Erminia non possiamo rimanere qui. Scenderemo appena possibile, la prossima volta potremmo non essere così fortunate.
Era pomeriggio inoltrato quando sgusciarono fuori dal camioncino.
- Ma dove siamo?
Il fiume Olio scorreva poco lontano, casolari isolati, apparentemente disabitati, punteggiavano le alture.
- Dove sarà andato l’autista?
- Si può sapere cosa ci fate qui?
Le due ragazze trasalirono.
- E poi da dove venite?
Il conducente del camioncino le osservava stupito.
- Ecco noi…..
- Veniamo dal Santa Fosca e stiamo andando a casa. – intervenne Rosaria
Seguirono interminabili attimi di silenzio rotto solo da alcuni colpi di fucile provenienti da un vicino boschetto.
- A dopo le spiegazioni, adesso dobbiamo andarcene. Presto salite!
L’uomo aprì la portiera, fece salire le ragazze e gettò le valigie sul retro. I colpi di fucile si intensificarono e l’autista accelerò.
Attraversarono un ponte poi presero una strada secondaria in terra battuta e si fermarono nei pressi di un fienile.
Una decina di uomini sbucarono come dal nulla e circondarono il camioncino.
- Uelaaa Bepi! –
Bepi, l’autista, scese con un balzo dall’automezzo.
- Le ho trovate sulla strada. – disse indicando le due ragazze.
- Hai corso un grosso rischio- replicò quello che sembrava il capo. – Nessuno ti ha seguito?
- Non ne hanno avuto il tempo-
- Bene, ragazzi scaricate!
Le armi erano nascoste nel fieno, Erminia e Rosaria sbiancarono in volto sapendo di aver viaggiato con un vero arsenale. Raccontarono la loro storia e la necessità di risalire la valle per tornare a casa.
- I tedeschi controllano la strada principale avete una sola possibilità. Ma il percorso è lungo e pericoloso. – prese una mappa – Ecco vedete, questa è poco più di una mulattiera e per fortuna siamo prossimi all’estate per cui il Passo è aperto. Siete sicure di volerlo fare? È una camminata dura anche per un uomo figuriamoci per delle ragazze.
- Dobbiamo tornare, i nostri genitori saranno in pensiero. Ce la faremo!
Il capo dei partigiani si arrese davanti a tanta determinazione.
- Vi farò accompagnare da qualcuno dei miei ragazzi almeno fino al bivio, e che il cielo vi accompagni.
Si chiamava Toni, vent’anni appena compiuti, camicia a quadrettoni verdi e blu, una corona del rosario attorno al collo.
- Era di mia nonna. – disse quasi scusandosi.
- Non vergognarti d’essere credente. – rassicurò Erminia.
Toni rispose con il sorriso triste di chi è cresciuto troppo in fretta.
- Andiamo adesso la strada è lunga.
Non parlarono per parecchie ore risparmiando le forze, ma Rosaria dovette abbandonare una valigia e mettere ciò che poteva in una sacca a tracolla.
L’aria era più fresca man mano salivano e si allungavano le ombre della sera.
- Dobbiamo fermarci per la notte, c’è una baita poco lontano.
Rosaria si chiese quale incubo stesse vivendo. Com’era potuto accadere tutto questo?
Il fucile appoggiato alla parete di legno, Toni conosceva quel luogo si muoveva con sicurezza.
- Non possiamo accendere il fuoco, il fumo del camino potrebbe richiamare l’attenzione di qualche pattuglia, ma ci sono delle coperte, eccole!
Se non fosse stato per la guerra quella era una notte da ricordare. Le stelle, il silenzio, fecero dimenticare a tutti e tre il tragico momento in cui vivevano. Rosaria non seppe mai se fu proprio in quella notte che Erminia e Toni si innamorarono. Ma quell’evento segnò il destino di ciascuno di loro.
Raggiunsero il Passo il giorno seguente, a mezzogiorno si fermarono nei pressi di un laghetto e divisero ciò che rimaneva della dispensa del Santa Fosca.
- Guarda Ermina come sono belle! – esclamò Toni
- Sono anatre!
- Sono folaghe, ecco il nido, le uova sono ancora chiuse. Vicino casa, sotto il pontile ce ne sono parecchie, non ridere ma io ho dato a ciascuna di loro un nome, da non credere ma hanno imparato a conoscermi e quando mi vedevano venivano incontro e mo seguivano nel prato.
Il rumore di un ramo spezzato, un grido, colpi di fucile. Toni si destò di colpo dal suo sogno maledicendosi, prese Erminia per la mano e fece segno a Rosaria di seguirli. Le folaghe si dispersero starnazzando.
- E’ tutta colpa mia dovevo stare più attento. Mettevi al riparo fra gli alberi io vado a distrarli.
- NO! Vengo con te – Ermina disperata tratteneva per un braccio il suo Toni.
Uno strattone e lui scomparve fra la vegetazione. Spari e colpi di mitra…poi.
- L’ho preso!
- Ce ne sono altri?
- Era solo! Ma controlliamo.
Rastrellarono tutta la zona, Rosaria ed Erminia, nascoste nel sottobosco, trattenevano il respiro, e per poco non urlarono quando un paio di stivali neri si fermarono a pochi passi da loro.
- Wir gehen, früh
Seguirono parole incomprensibili ma i soldati si allontanarono. Quando nel bosco tornò la calma, le ragazze uscirono dal nascondiglio.
- TONI, TONI! Dove sei Toni?
La risposta fu un lamento soffocato. Lo trovarono ai piedi di un abete, una macchia scura si era allargata sulla camicia.
- Toni sei ferito, cerchiamo aiuto.
- No, no…..proseguite per il sentiero oltre quella cresta montuosa si apre un altopiano, ci sono baite e pascoli …. Andate….
- Andrà Rosaria, io rimango con te!
- No, no se mi vuoi bene vai con lei e avvertirete gli uomini che incontrerete che sono qui. Verranno a prendermi.
La voce si spense in un sussurro.
- Hai sentito cosa ha detto? Andiamo cercare i suoi compagni, noi non possiamo far nulla.
Erminia non voleva sentir ragioni e ci volle tutta la di persuasione di Rosaria per convincerla a seguirla. Coprirono con la coperta Toni e lo rassicurarono, avrebbero seguito le sue indicazioni. Sollevato sollevò il braccio per salutarle.
Non aveva più bagagli ma solo la forza della disperazione. Camminarono per ore e ore, non si fermarono nemmeno un istante. I rami bassi graffiavano volto e mani, le scarpe, meglio ciò che ne rimaneva, ormai inservibili.
Forse era solo un miraggio oppure un miracolo, ma all’improvviso il pianoro apparve davanti ai loro occhi.
- Erminia guarda, siamo arrivate. Erminia, Erminia?
L’amica non c’era più, Rosaria la chiamò più volte, tornò sui suoi passi nella speranza di vederla. Erminia si era allontanata e lo aveva fatto con uno scopo preciso.
Rassegnata si diresse verso i pascoli, non c’era nessuno, solo mucche dal mantello bruno. Si lasciò cadere a terra esausta sulla porta prima casupola.
La stanchezza ebbe il sopravvento, si addormentò. Un sonno tormentato, poi qualcosa di freddo contro la gola la costrinse ad aprire gli occhi. La canna di un fucile.
Due uomini, con la camicia a quadrettoni, foulard verde al collo e basco nero, la guardavano con sospetto.
- Toni! O mio Dio Toni, Erminia! Devo aiutarli.
Nell’udire quel nome, i due si scostarono.
- Tu conosci Toni?
- Si, è ferito dovete aiutarlo, lo troverete al Passo presso un laghetto, ma non ricordo il nome.
- Come facciamo a sapere che non menti.
Rosaria raccontò come si erano svolti i fatti, cercando di sintetizzare per non far perdere troppo tempo.
- Vi prego fate presto potrebbe peggiorare, trovate anche Erminia.
- Va bene ragazza, andiamo a cercarli. Tu segui il sentiero ti porterà in paese, lì poi ti spiegheranno come tornare a casa.

Toni ed Erminia non furono mai trovati, come se il nulla li avesse inghiottiti. Le ricerche continuarono per tutta l’estate, fino al cadere della prima neve.

°°°

E così gli anni erano passati, i capelli di Rosaria sembravano d’argento sotto il sole di inizio estate. Le folaghe nuotavano instancabili senza andare da nessuna parte. Forse la colpa era proprio di un nido come quello, o forse no. Forse era solo destino.

Un pulcino rotolò nell’acqua, annaspò e subito si riprese. Rosaria aveva colto margherite e lavanda, le gettò nell’acqua; galleggiarono per un po’e le folaghe si avvicinarono incuriosite.

Un copione ripetuto da decenni, un rituale consolidato, ma con un motivo ben preciso custodito nel profondo della mente da chi non vuole o non può dimenticare, ogni anno ………sempre e solo il 2 di maggio.

















Luisa Camponesco

   
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