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 Ladri di biciclette - fatto di cronaca
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Elena Fiorentini
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Inserito - 13/06/2007 :  22:11:44  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Elena Fiorentini  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Elena Fiorentini

Ladri di biciclette


- fatto di cronaca –

Questa è la storia vera di una bicicletta rubata e ritrovata dopo due ore.

Giunto al centro Sportivo Saini alla periferia est di Milano, dove aveva in programma un'ora di ping pong, legò la sua bici con l' antifurto di ultima generazione, accanto alle altre. La sua era la più bella e ne era orgoglioso.

All'uscita del centro la sua bicicletta non c'era più. Disperato e sgomento, si rivolse allo zio, per avere una parola di consolazione o un consiglio.
Lo zio affermò con decisione che avrebbe potuto esserci una lieve probabilità di ritrovarla alla fiera di Senigallia, perché secondo lui era troppo presto perché la bici fosse in un cortile o in un garage.

Quasi non ci credeva nemmeno lui quando la vide. Un uomo massiccio, con i capelli scuri e la fronte bassa, pedalava lentamente girando in tondo, in mezzo alle bancarelle su uno slargo della fiera di Senigallia ** lungo le rive della darsena di Porta Ticinese, sulla bella bici nuova, ma leggermente malconcia. La bici è come un figlio, anche ridotta male, il cuore la riconosce da certi piccoli dettagli.

Racconta lo zio: "Infatti avevo ragione, la bici era proprio là, dove avevo immaginato. Cominciai a guardarmi intorno, ci serviva un vigile. Cominciai a chiedere in giro. Eccone uno, finalmente. Mi avvicinai pregandolo di aiutarci a recuperare la bicicletta rubata e ritrovata. Il furto era avvenuto dall'altra parte della città due ore prima. Forse ero un po' agitato, perchè il vigile mi guardò incredulo senza darmi importanza. Dovetti insistere finché si decise a seguirmi.

A qualche metro di distanza l'uomo pedalava ancora in tondo quando ci vide arrivare: io, il vigile e mio nipote.
Si arrestò di botto, senza attendere di essere invitato, si avvicinò a mio nipote e gli consegnò la bici, balbettando:

"Stavo facendo solamente un giretto...non intendevo rubarla...”

Continua il nipote:"La bici era quella, il numero di telaio corrispondeva, io sono pignolo e avevo a portata di mano l'atto d'acquisto che recava il numero esatto. Non occorsero altre verifiche .
La bicicletta mi fu consegnata senza problemi, avrei potuto essere un millantatore, ma l'uomo sapeva che la bici era stata rubata e non volle esporsi oltre essendo stato preso con la refurtiva. Rimasi veramente meravigliato che l'idea di mio zio di andare fino alla fiera di Senigallia avesse potuto dare dei risultati. Non credevo ai miei occhi. La fiera di Senigallia è nota come covo di ricettatori e chissà quante bici rubate c'erano, ma dopo solo due ore non immaginavo di ritrovare proprio la mia, inforcata da un illutre sconosciuto.

Ero molto arrabbiato, avevano fatto scomparire tutti gli accessori nuovi, il telaio era guasto, forse la bici era stata gettata su un furgone senza riguardo e sopra di lei chissà quante altre l'avevano schiacciata.
Un'altra persona l'aveva usata senza riguardo. Ero addolorato come se avessero fatto male ad una persona, invece che ad un oggetto. Il vigile fece il verbale e per parecchio tempo non seppi più nulla, ma tre anni dopo venni convocato per testimoniare al tribunale di Milano. Seppi che la persona che aveva in mano la bici non era un acquirente potenziale, ma un noto ricettatore. Il vigile che avevamo fatto intervenire desiderava incastrarlo perchè stanco di assistere impotente ai numerosi furti segnalati al comando dei vigili di *** esattamente come nei gialli che si vedono al cinema.
Quando ci fu l'udienza era presente questo vigile, che mi salutò dicendomi il suo nome e cognome e che era stato chiamato a testimoniare. Mi sorrise e mi sussurrò : - Finalmente, era ora -

Fui avvicinato anche dal losco figuro che mi rivolse la parola, ma fui molto prudente e feci bene. Il giudice, una gentile signora, mi chiese da quando conoscevo l'imputato. Risposi che non lo conoscevo. Il giudice chiese anche perché dal centro sportivo Saini, vicino a Linate, periferia est, andai alla darsena di porta Ticinese, periferia sud. Risposi con sicurezza che la Fiera era notoriamente un covo di ricettatori e ladri e il fatto di avere ritrovato la bici mi dava ragione.
Il giudice si meravigliò della mia affermazione e disse di non averne mai saputo nulla. Io avevo già avuto la mia bici e mi disinteressai sul castigo inflitto all'imputato, che, d'altra parte, sapeva già qual'era il minimo e il massimo della pena ed era abbastanza rassegnato.
Mi sembrava troppo fare un'ulteriore causa per chiedere i danni arrecati al telaio e al furto degli accessori nuovi.

Nella vicenda della bici rubata e ritrovata, sono due i particolari che mi hanno lasciato sconcertato.

Primo: per la prontezza di spirito di mio zio, la bici venne identificata e riavuta nello stesso giorno, ma a parecchi chilometri di distanza.
Secondo: perché il giudice insistette molto sul fatto che eravamo andati proprio alla Fiera di Senigallia, quasi io e mio zio fossimo colpevoli o complici.

Andare in tribunale è stata un'esperienza. All'epoca del furto ero minorenne, la convocazione al processo avvenne tre anni dopo. Quando ricevetti l'avviso, un foglio volante, senza busta del tribunale, la portinaia, il postino, il vicino di casa, chiunque avrebbe potuto venire a conoscenza della convocazione. Ne rimasi meravigliato e mi domandai che cosa significa la parola tanto spesso citata "privacy "

Non sapevo di che si trattava, mai immaginavo che si trattava della mia bici. Mia mamma telefonò all'unico nome indicato sul foglio per saperne di più.

La mamma del ragazzo derubato

“Il numero di telefono era quello dell'avvocato d'ufficio assegnato dal tribunale all'imputato. Fu gentile e insieme sconcertato dalla mia telefonata. Io gli dissi che mio figlio era al lavoro e mi aveva incaricato di chiedere di che cosa si trattava.
L'avvocato mi informò che non poteva dirmi molto. Dopo avere insistito, mi disse che si trattava della causa della bicicletta, e aggiunse che forse l’imputato avrebbe trovato un altro avvocato di sua fiducia e non assegnato d’ufficio come era lui. Mi rassicurò, dicendomi che mio figlio doveva limitarsi a riferire i fatti, null'altro che una testimonianza.

L'udienza fu rimandata di un mese. Il mese dopo volli accompagnare il ragazzo, perché era molto preoccupato, anche se era un semplice testimone.

Mi rivolsi all’impiegata del tribunale, che faceva l'appello dei convocati per sapere a che ora finiva l’udienza. Mi rassicurò per quello che riguardava gli impegni del pomeriggio. Non ho altro da aggiungere."

**
Alla fiera di Senigallia si vendevano soprattutto divise militari dell'esercito americano. I banchetti erano pochi, mal messi e disordinati, le merci erano ammassate per terra.
I clienti erano preferibilmente dei giovani che acquistavano divise militari, tute mimetiche, berretti. Se non erano direttamente interessati all'acquisto gli studenti che al sabato pomeriggio se ne andavano a zonzo per le vie di Milano, non ci passavano volentieri.

Elena Fiorentini

Foto dell'Arco del Cagnola a Porta Ticinese, tra una rete di fili dei tram. Di fianco al casello del dazio di sinistra inizia la darsena dove al sabato si tiene la fiera di Senigallia.

foto da www.discountmilano.com/ sito turistico di Milano


   
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