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ophelja
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Inserito - 07/06/2003 :  01:05:23  Mostra Profilo  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a ophelja

L'inizio del film è un catalizzatore di ricordi: belli, coinvolgenti e irrimediabilmente superati da una quotidianità piena di tecnologia.
La lezione di cucito è uno di questi ultimi.
Frequentare un laboratorio di una "maestra sarta" equivaleva ad un master per la casalinga degli anni cinquanta.
La storia è incentrata su Ettore che dalla natia Sicilia, va a Milano e dopo il successo , si intuisce , ritornerà alla sua amata terra.
Battiato ha saputo creare tante piccole perle, cercando fra i suoi personali ricordi fatti e situazioni comuni a tutti noi in quegli anni;; eppure il film, con belle musiche, una storia logica, attori bravi, risulta slegato.
Data la indiscussa genialità di Battiato, non resta che aspettare il prossimo film.


ophelja

emofione
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Inserito - 14/07/2003 :  14:36:12  Mostra Profilo  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a emofione
In omaggio aml mitico F. Battiato un passo del mio libro autobiografico che ha nel nome il titolo di una sua canzone che recitava più o meno così:
“…Ma l’animale che mi porto dentro…non mi fa vivere felice mai, si prende tutto, anche il caffè, mi rende schiavo delle mie passioni…
E non si arrende mai, e non sa attendere, e l’animale che mi porto dentro vuole te…”


Ecco il passo(evviva Franco e ciao Ophelja!!!):

Franco Battiato: Non posso fare a meno di iniziare dalla spiegazione del titolo di questo testo, “L’animale che mi porto dentro”, tratto da una non abbastanza nota (nel senso che avrebbe meritato, a parer mio, ben altra fortuna, non avendo niente da invidiare a quelle più famose) canzone di uno dei miei cantautori preferiti, Battiato appunto, al quale sono curiosamente legato da una serie di fattori: innanzitutto, quando ero piccolo, diciamo a cavallo fra l’adolescenza e l’inizio della pubertà, portavo i capelli abbastanza corti, perché ancora non li perdevo e quindi non era comparso in me il convincimento, poi invece manifestatosi in modo evidente, che mi sarei svegliato un giorno con una matassa di strani lunghi peli sul cuscino ed una capoccia lucida come una palla da bowling. Questo, a dire il vero, non spiega affatto il primo degli invisibili fili che mi rendono una sorta di piccola preda incastrata nella ragnatela della magnifica battiato-tarantola, non ancora almeno.
Ma accadde, qualche annetto fa, in un piccolo parco antistante il circolo di tennis che frequentavo(allora, quando ancora non sapevo che un campo di calcio, anche il più sgarrupato del mondo, possedeva un fascino ed una nobiltà che neanche i prati di Wimbledon potevano eguagliare), che mentre stavo litigando con un bambino peraltro ben più brutto ed infelice di me, sua madre, una cicciona che mi guardava con occhio strano, un po’ vitreo, e con un’espressione in tutto simile a quella di una persona che non è al 100%, ebbe un improvviso colpo di genio e riuscì ad individuare nel suddetto cantautore, famosissimo certo per la sua incredibile bravura e profondità, direi molto meno per la sua “avvenenza” e la gentilezza dei suoi lineamenti, una mia copia spiccicata (o forse ero io la copia di Franco, ma questo non cambia di molto le carte in tavola), e se ne uscì con una frase del tipo:
“Eh, bellino, ma cosa vòi te dar mi’ figliolo? Ma te ne vai con quer naso…o chi sei, mi pài Franco Battiato”
L’affermazione della curiosa signora, oltre ad offendermi nel profondo, tanto che ancora oggi ricordo esattamente la scena in tutti i suoi particolari cromatici e, passatemi il termine, “olfattivi”, mi indusse a riflettere, forse per la prima volta in vita mia, su come la gente mi vedesse, intendo sia dentro che fuori, e su come giudicasse la mia persona...(continua)


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