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 Che belle multe!
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Luciana
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Inserito - 22/07/2003 :  10:50:52  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a Luciana

Che belle multe!

- Ancora una multa. Non è possibile! E' la terza multa in due giorni, e poi, per una sosta vietata che non dà fastidio a nessuno...
Ero furente. Sotto una pioggia battente, in quel viale deserto, battuto dal vento e dalla salsedine che arrivava dal mare in burrasca, non vedevo nessuno. Cercavo con rabbia un vigile, quello che mi aveva messo la multa sbucando da chissà dove, ma non vidi nessuno. Afferrai quel foglietto oramai fradicio di pioggia e lo appallottolai con rabbia.
- Vadano al diavolo, in questo paese di quattro anime non hanno evidentemente niente da fare, pensai mentre avviavo il motore per tornarmene a Milano, dove abitavo.
Ero, infatti, andata in quel paesino della Liguria per seguire i lavori di costruzione della casa che mio padre aveva deciso di fare proprio lì, perché era vicino a Milano e raggiungibile quindi agevolmente anche per qualche week end.
Era Novembre inoltrato e il tempo, anche qui al mare, non era certo clemente. E poi dicono che in riviera...
Ecco un bar.
- Sarà meglio mangiare qualcosa prima di entrare in autostrada, pensai, sentendo un po' di languore allo stomaco.
Entrai, chiudendo l'ombrello inzuppato di pioggia e fui contenta di trovarmi in un ambiente protetto e anche piuttosto accogliente, con il classico aspetto "vecchiotto", che conservava però il decoroso fascino d'altri tempi.
- Un toast e una birra, per favore, dissi al barista, un signore brizzolato dall'aria gioviale che si dava da fare vicino alla macchina del caffè.
- Subito signorina, prima porto i caffè ai signori, ai nostri "angeli della strada...", disse sorridendo e guardando alle mie spalle, in fondo al bar.
Li vidi subito. I due vigili parlavano tra loro animatamente e ridendo si raccontavano qualcosa. Non era certo quello il momento giusto di trovarmeli davanti, e mi rivoltai stizzita verso il barista dicendo:
- Se quelli sono angeli, preferisco andare all'inferno! Anzi è forse meglio che ci vadano loro..., mi lasciai scappare a voce anche abbastanza alta per farmi sentire e con un tono che non nascondeva certo il mio risentimento.
- La signorina ce l'ha per caso con noi? Sentii una voce alle mie spalle e mi sentii avvampare.
Mi voltai e lo vidi. Il capo un po' reclinato, un sorrisetto ironico e due occhi che mi guardavano in modo interrogativo. Caspita, che occhi meravigliosi! Grossi e azzurri, un azzurro tendente al blu, il colore del mare in piena estate, quando l'aria è limpida e il mare, prevalentemente piatto, si increspa appena per qualche leggera folata di vento.
- Non ce l'ho con nessuno, ma mi permetta di non essere del mio umore migliore, visto che sono qui da due giorni e ho già preso due multe. In questo posto deserto, dove non gira neanche un'anima ...chissà poi che fastidio poteva dare la mia macchina....
- La legge è legge, signorina..., come si chiama?
Non so perché gli dissi il mio nome, non ne avevo alcuna intenzione, in ogni modo il suo sguardo era talmente accattivante e simpatico che glielo diedi.
- Marta, mi chiamo Marta.
- Senta, visto che non voglio che riparta con un cattivo ricordo della nostra cittadina, mi permette di offrirle un caffè? Così non potrà più dire che siamo dei diavoli, aggiunse sorridendo.
- Beh, non si preoccupi, non sono più arrabbiata, vuol dire che la prossima volta andrò a cercare il parcheggio giusto, anche se il paese è deserto. Comunque grazie.
Salutai con un leggero sorriso e me ne andai. Risalii in macchina più calma di quando ne scesi e ogni tanto, mentre guidavo verso casa, mi ritrovai più di una volta a sorridere pensando a quel vigile dall'aria un po' malandrina, ma con due occhi...
Tornai altre volte in quella cittadina per controllare i lavori della casa.
Mio padre preferiva delegare me, diceva che ero molto attenta e pignola quando si trattava di seguire gli operai e di parlare col geometra. Tutti noi desideravamo da tempo questa casa e la volevamo proprio come l'avevamo sognata: bassa, con un bel portico che guardava sul mare e con un leggero andamento a "elle" che permetteva di sfruttare al massimo il paesaggio. Davanti al portico era previsto un prato che avrebbe dovuto degradare leggermente verso il mare fino a congiungersi alla spiaggia sottostante. Un vero gioiello in cui io e la mia famiglia avremmo sicuramente passato vacanze bellissime e dove mio padre e mia madre avrebbero potuto avere, anche in inverno, fantastici giorni di riposo.
Ovviamente, da quel fatidico giorno delle multe, la mia macchina venne parcheggiata sempre al posto giusto, anche se un po' lontano da dove dovevo andare. Più volte mi capitò di vedere il vigile con cui avevo parlato, e spesso, sorridendo, si complimentava con me per la mia osservanza alle regole.
Una sera però, avvicinandomi all'auto, parcheggiata, come al solito, in modo impeccabile, vidi sotto il tergicristallo il fatidico, odiato biglietto.
- Non è possibile! Mi dissi, adesso m'arrabbio sul serio, non ho fatto proprio niente di sbagliato e mi multano lo stesso: sono dei veri bastardi!
Presi con rabbia il foglio per vedere che cosa questa volta si fossero inventati e rimasi senza parole per quello che lessi. Infatti diceva, in uno stampatello un po' irregolare, scritto evidentemente in una posizione poco comoda: - Buona giornata, Marta!
Pensai subito al vigile dal sorriso simpatico e dagli occhi meravigliosi e mi venne da sorridere, guardandomi intorno per cercarlo. Non c'era nessuno, così ripiegai il foglio e salii in macchina.
Da allora mi ritrovai spesso a pensare a lui, a... mi resi conto che non sapevo neanche il suo nome, e la cosa mi infastidiva, lui sapeva il mio, io di lui niente, non sapevo neppure il nome!
Se, prima, il dover andare a controllare i lavori era per più che altro una seccatura, ora questi viaggetti cominciavano a diventarmi proprio simpatici, era come se ogni volta mi aspettassi qualcosa di nuovo e di gradevole, come se, arrivando in paese, mi sentissi osservata di nascosto, protetta senza che io me ne accorgessi, come se accanto a me ci fosse sempre qualcuno.
E infatti i biglietti cominciarono ad essere sempre più frequenti e affettuosi. Dal "Buona giornata!" si passò a "Oggi stai proprio bene!", a "Quando sorridi sei ancora più bella!" e via così...
Devo dire che la cosa mi piaceva e mi divertiva a tal punto che alla fine decisi anch'io di contribuire a questa affettuosa schermaglia e cominciai a lasciare un biglietto, subito, appena arrivata.
- Vorrei saper il tuo nome, questo fu il primo messaggio che lasciai e mentre lo scrivevo mi meravigliai pensando come, in tempi di sms e comunicazione multimediale, ci stessimo servendo della vecchia e dimenticata matita: la cosa mi faceva piacere.
Ritrovarmi a scrivere come una volta, lasciare messaggi in luoghi prefissati, attendere di leggere una risposta, tutto ciò mi dava un senso di euforia e mi provocava uno stato di gradevole esaltazione.
Finché un giorno lo vidi. Avvicinandomi alla macchina mi accorsi che, accanto, era ferma una moto, quella dei vigili, e il vigile era proprio lui. Al momento stentai a riconoscerlo, ma guardandolo dritto negli occhi... non poteva essere che lui. Si tolse il casco e mi guardò con un'aria a metà tra il divertito e l'affettuoso:
- Mi chiamo Nicola, disse dolcemente.
- Oh, finalmente so il tuo nome, aggiunsi con un tono che fingeva disinvoltura, ma in realtà ero in stato di subbuglio, in un'indefinibile sensazione a metà tra l'emozionato e l'intimidito.
- Se stasera sei ancora qui, mi piacerebbe andare a mangiare una pizza con te. Non sono in servizio e mi piacerebbe proprio, sempre che tu ne abbia voglia...
- Parto domattina, beh...penso che sia possibile, così ci facciamo un po' di compagnia.
Ci trovammo la sera stessa davanti all'unica pizzeria aperta, mi ricordo benissimo il nome, si chiamava Portobello, e fu una serata bellissima. Fui colpita non solo dal suo aspetto, ma mi resi conto che era un uomo molto sensibile, con interessi culturali che mai mi sarei aspettata da uno che fa il vigile, forse perché tutti subiamo i luoghi comuni; era gentile e garbato, un perfetto accompagnatore.
Nicola mi piaceva ed ero certa di piacergli. Quando quella sera mi salutò, mi baciò dolcemente su una guancia, stringendomi a sé; avrei desiderato baciarlo sulla bocca, era attratta da lui, ma non osai, avevo paura di rompere quella specie di incantesimo che si era creato tra noi e ci lasciammo con la promessa reciproca di sentirci telefonicamente e incontrarci al mio prossimo arrivo.
Naturalmente i miei viaggi per controllare la costruzione della casa si fecero sempre più frequenti, anche se ce n'era molto meno bisogno, visto che la casa era quasi terminata.
Mio padre, infatti, mi ripeteva spesso:
- Marta, non esagerare, oramai puoi andare anche di meno, non occorre più controllare, finalmente la casa è quasi a posto!
- Hai ragione, rispondevo, ma mi fa piacere cominciare a curare l'arredamento, per me non è una fatica andare...
Così gli incontri con Nicola diventarono sempre più frequenti, finché col tempo scoprire di amarsi fu la cosa più naturale di questo mondo. Il nostro era un amore tenero e dolcissimo, ci amavamo per come eravamo veramente, la sincerità era alla base del nostro legame.

Arrivò l'estate. Ci ritrovammo nella nostra casa, finalmente terminata e perfetta, arredata in modo semplice ma raffinato, curata nei particolari e veramente comoda. Le congratulazioni e i ringraziamenti che ricevetti da mio padre mi riempirono d'orgoglio e, d'accordo con mia madre, decidemmo di fare una piccola festa d'inaugurazione della casa.
Avevamo deciso di invitare qualche parente e pochi amici miei e loro. Ovviamente, tra i miei amici inserii, al primo posto Nicola che, in un primo tempo rimase intimidito all'idea di presentarsi in casa mia, poi però il desiderio di starmi vicino cancellò ogni dubbio e titubanza.
Fu una serata allegra e divertente. Sotto il magnifico portico illuminato gustammo le specialità del buffet molto decorativo che faceva bella mostra di sé e qualcuno si mise anche a ballare al suono della musica caraibica che io avevo scelto e che mi piaceva tanto. Io e Nicola ballammo teneramente avvinghiati e notai più volte lo sguardo indagatore dei miei che si soffermava su di noi con un pizzico di preoccupazione.
Sapevano che Nicola era il vigile di quel paese, avevano con piacere fatto la sua conoscenza anche perché, in un paese così piccolo, sapevano che poteva rivelarsi utile, però da questo ad essere l'uomo della figlia...beh, conoscendoli sapevo che per me avevano altre aspirazioni.
Non mi preoccupai comunque minimamente di loro, tutta presa dal piacere e dal desiderio di stare con lui e di poterlo abbracciare, mi sentivo in grado di superare qualunque ostacolo!
E i problemi si presentarono subito. Il giorno dopo mio padre affrontò immediatamente l'argomento dicendo:
- Non penserai mica di metterti con Nicola, vero?
- Perché, cosa ci sarebbe di strano? Risposi un po' seccata.
- Ma Marta, ti rendi conto della differenza sociale e culturale che c'è tra te e lui?
- Se neanche lo conosci, come fai a dirlo?
- Lo posso immaginare, rispose, comunque pensaci, sappi che io non sono affatto contento.
Questo colloquio ebbe il potere di rattristarmi e, quando vidi Nicola, si accorse subito del mio stato d'animo.
- Cosa ti succede, mi disse guardandomi dritto negli occhi, come faceva sempre quando affrontava argomenti seri.
- Ho discusso con mio padre e mi sono innervosita, risposi, senza voler specificare altro.
- Anche se non me lo vuoi dire, so per quale motivo avete discusso... mi disse immediatamente.
- Cosa ne sai, neanche c'eri.
- Marta, non raccontarmi storie, sapevo che sarebbe giunto questo momento e ora bisogna affrontare il problema.
Parlò con molta franchezza e mi meravigliai per come vedeva chiaramente il problema. Si preoccupava di farmi capire che mio padre aveva ragione, perché qualunque padre, anche lui stesso, se fosse stato al suo posto si sarebbe comportato così. Quindi stava a noi due cercare di trovare una soluzione, in modo che tutti rimanessero soddisfatti: non voleva che qualcuno, per causa sua, dovesse soffrire. Ma cosa si poteva fare?
- Io non ti posso offrire molto, non farò sempre questo lavoro, cercherò di meglio, mi piacerebbe fare qualcos'altro...del resto non sono stato molto fortunato finora, anche se adesso mi sento il più fortunato degli uomini perché ho incontrato te. Quando facevo il liceo pensavo di potermi laureare in ingegneria, come mio padre, che ci teneva veramente tanto, ma non è stato possibile purtroppo. E' morto quando ancora dovevo finire la maturità, a diciannove anni, quindi ho dovuto cercarmi subito un lavoro e aiutare mia madre. Come vedi tante volte i sogni restano solo sogni...
Mi commossi sentendo queste cose, mai avrei potuto allontanarmi da lui. Era una persona troppo buona, sapevo che, anche se non aveva potuto laurearsi, era un uomo intelligente e colto, qualità sufficienti per affrontare tanti lavori anche meglio di altri, più preparati di lui.
E mi venne un'idea. Mio padre aveva una fiorente ditta di servizi editoriali e sapevo che stava cercando una persona più giovane che potesse affiancarlo nella sua attività, visto che era sua intenzione rallentare il lavoro, senza mettersi in pensione. Sapeva che io avevo preferito scegliere un'altra strada, il mio lavoro di consulente fiscale mi piaceva e mi lasciava anche abbastanza libera, quindi non sarei mai entrata nell'azienda di famiglia, anche se ben avviata e redditizia.
- Papà, gli dissi un giorno con calma e tono affettuoso, perché non provi a prendere con te in ditta Nicola?
Mi guardò meravigliato rispondendo:
- Cosa vuoi che ne capisca un vigile del mio lavoro...
- Ancora non lo sai, ma Nicola è una persona speciale, ha studiato e, anche se non è laureato, è in grado di affrontare un sacco di argomenti perché, ti meraviglierà saperlo, ha una cultura notevole e una grande intelligenza. Mi piacerebbe che tu gli permettessi di provare.
Sperai tantissimo che mio padre mi desse ascolto, ne parlai con Nicola che, con mia grande sorpresa, non fu contento del mio interessamento, anzi s'inalberò dicendo che al suo, al nostro futuro, doveva pensarci lui, che voleva essere accettato per le sue qualità, non per "misericordia" da chicchessia, tanto meno da mio padre.
Passai momenti difficili, combattuta sulle decisioni da prendere e in attesa della risposta di mio padre. Risposta che arrivò un giorno, all'improvviso.
- Hai ragione, Marta. Ho pensato parecchio alla proposta che mi hai fatto e trovo che sia giusto provare, anche perché, se Nicola si rivela la persona giusta, sarò io il primo ad avvantaggiarmene e ad esserne contento. Dì a Nicola che voglio parlargli.
Da allora sono passati già due anni. Nicola lavora con successo nell'azienda di mio padre che ora può tranquillamente, quando vuole, raggiungere la sua casetta al mare. Tanto il lavoro lo porta avanti Nicola, e in modo eccellente direi.
Sono felice. Mi sento un po' l'artefice di questo successo e non posso fare a meno di notare che quando ci si vuole veramente bene, si possono superare tutte le difficoltà. Senza l'affetto e la fiducia di mio padre non avremmo ottenuto questi risultati, senza l'amore che ci unisce, mai Nicola e io avremmo superato i problemi. Ancora una volta l'amore ha vinto.

   
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