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Roberto Mahlab
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Inserito - 28/10/2004 :  00:12:38  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab

Spossato, mi abbandonai al cuscino, coperto fino al collo perche' infreddolito dopo la camminata nella notte sotto la pioggia.
L'orologio sveglia era come al solito sul tavolo, caricato per suonare l'indomani mattina alla solita ora.

Ticchettava. Mi misi il cuscino sulla testa, niente da fare, i due toni ritmati non davano tregua alla mente affaticata. Ero troppo stanco per alzarmi e rimproverare la sveglia, il fatalismo della notte. Poi il sonno prevalse, ma fu agitato, alle sette trillo' e mi alzai piu' assonnato di quando ero andato a dormire, forse non dovevo appisolarmi dopo pranzo, quella era la causa. "Poco male", ragionai, avrei recuperato la notte successiva.

Non fu cosi', il ticchettio persisteva e mi ossessionava. Accesi la luce, era l'una di notte, mi misi seduto sul letto e scossi la testa, mi alzai e mi diressi verso la cassettiera, presi due camicie e le sistemai sopra la sveglia, ero convinto che avrebbero attutito il suono.
Spensi la luce, ma non cambio' nulla, mi rialzai e misi sopra la sveglia l'intero pesante copriletto. Soddisfatto tornai a dormire, ma il ticchettio non era diminuito di un decibel. Ci misi sopra tutti gli indumenti che mi capitarono a tiro, piu' una scatola di biscotti e l'ombrello. Nulla da fare. Giunsi a convincermi che ero io, forse il battito del mio cuore rimbombava sull'intelaiatura di legno del letto e si propagava nella stanza, mi sollevai, ma il tic tac non mutava, era nell'aria.

A mio onore devo dire che neppure per un istante mi passo' per la mente di cacciare fuori dalla stanza quella sveglia, razionalita' ci voleva, del resto senza il suo suono come avrei fatto a svegliarmi per tempo l'indomani mattina? ma se non avessi potuto dormire a causa di quel ticchettio, come avrei fatto a rimanere sveglio durante la giornata? Dovevo trovare un punto della stanza che rispettasse sia i doveri dell'orologio ticchettante, sia i miei diritti di cittadino.

Presi la sveglia e la misi nell'armadio, per buon conto la ricoprii di una decina di camicie e chiusi l'anta. Tic, tac, lento, preciso, sempre uguale, c'era. E fu allora che mi decisi a chiamarli.

"Lei non crede nel sovrannaturale, vero?", l'uomo vestiva un impermeabile chiaro, la corporatura massiccia, i capelli biondi e una cicatrice sul labbro, che pareva un ghigno, ma non sorrideva. "Non so piu' che cosa pensare ispettore Sherlock Rob, ma la ringrazio di essere venuto subito", era seduto sulla poltrona vicina al tavolo e si lisciava una barba inesistente con una mano, mentre con l'altra teneva una pipa spenta.

"Robston", l'ispettore si rivolse al secondo uomo che era entrato nella stanza, evidentemente il suo aiutante, "tu riesci a sentire il ticchettio?". "Si' Sherlock, anche se non ne saprei discernere la provenienza".

"Visto?", riprese l'ispettore, "lei non e' matto e non si tratta di fantascienza". Emisi un sospiro di sollievo, "ma", riprese, "cio' che non si trova fuori di noi, puo' essere dentro", prosegui' con un sussurro che mi fece venire la pelle d'oca.
"Sono le due del mattino, la prego, le sembra il momento della psicologia?", pregai.
"Sono le due del mattino? davvero?", mi osservo' dubbioso e io mi sentii imbarazzato, avevo solamente riportato che ora era, non comprendevo a che cosa si riferisse in particolare.
"Le e' gia' capitato? intendo, di sentire il ticchettio inesorabile della sua sveglia, di sotterrarla di indumenti e di trascinarla per la stanza, senza venire a capo dell'invarianza del suono rispetto alla posizione? si concentri, la prego", mi invito' con insistenza.

Sospirai, abbattuto, :"non ci sono soluzioni semplici ai problemi, vero? anche quando appaiono ovvi, e' sempre necessario mettersi in gioco fino in fondo, sezionarli sistematicamente".
"E' vero, nulla e nessuno regala niente", ribatte' Sherlock. Mi guardo' con comprensione e con un segno di incoraggiamento mi fece segno di continuare.

Tenevo la fronte appoggiata sulla mano destra, gli occhi chiusi, respiravo lentamente, i ricordi affluivano, io non sapevo se erano indizi importanti, ero cosi' scoraggiato che avevo perduto la fiducia anche in Sherlock, era assurdo, se non avessi avuto fede nella legge, come potevo pretendere di uscire da quella situazione?
"Si', e' successo, lo scorso agosto. Ero atterrato all'aereoporto di Penang, in Malesia, di sera, arrivai in albergo che era gia' notte. Cinque stelle, mi avevano assicurato i miei amici, seppure fosse il piu' antico del paese, costruito in epoca coloniale, "e si vede", dicevo tra me e me, giurando che il giorno dopo sarei andato a prenotare in qualche grattacielo di cristallo, l'ospitalita' che avevo sempre prediletto. La stanza era enorme, le pareti dipinte di bianco, pavimento di legno vecchio e cigolante, porte finestre con decori di un altro secolo tra le diverse sezioni, il salottino, il bagno e il letto. Scivolai sul tappetino di cashemire, dalla enorme finestra si vedeva il giardino illuminato che dava sull'oceano, il cicalio ritmico degli animali della giungla attorno era assordante quando si levava all'improvviso al diapason e, quando smetteva, il ronzio rimaneva nelle orecchie. Mi resi conto che la stanchezza del lungo viaggio mi ottenebrava la mente, mi sentivo spaventato, tante responsabilita' cosi' lontano da casa. Domani sarebbe stato tutto diverso, una buona dormita e il consueto entusiasmo mi avrebbe riconquistato.

Caricai l'orologio sveglia per l'indomani e spensi la luce. Ticchettava, mi girai nel letto, le coperte tirate fino alle orecchie, ma ticchettava. Ero in mezzo alla giungla, in una stanza bianca di un albergo cadente di due secoli prima, era notte fonda, ero stanchissimo, il giorno dopo dovevo andare a cercare i miei amici che non sapevano che ero gia' arrivato e non potevo dormire perche' la sveglia ticchettava. Non l'aveva mai fatto prima, perche' li', adesso, se l'avessi messa fuori dalla finestra, preda delle belve, come mi sarei svegliato l'indomani? e come avrei potuto addomentarmi con lei nella stanza?
Accesi la luce, mi alzai, la presi e la sotterrai con l'intera valigia, tornai a letto, ma il suono non cambiava, la presi e la misi nell'armadio, ma il ticchettio era uguale, pensai che si trasmetteva attraverso il legno del pavimento e cosi' mi misi a seguirne le venature, fino a raggiungere un comodino dall'altra parte del letto. Inghiottii la saliva di soprassalto, sotto l'abat jour c'era un grande orologio da tavolo, altro mezzo metro, di stile vittoriano, era da esso che proveniva l'insopportabile ticchettio, lo presi e lo osservai, doveva valere milioni, fregi d'oro tutto attorno al quadrante, fu questo che lo salvo' dalla vendetta, lo riposi con cura nel luogo piu' riposto del gigantesco bagno e fu il silenzio. "Scusami", lanciai in direzione della mia sveglia, crollai sul letto e mi addomentai come un sasso e l'alba mi accolse come un uomo nuovo, goloso di affrontare qualsiasi ignoto".

Mi sentivo inspiegabilmente sollevato, come se mi fossi tolto un peso dall'animo e alzai gli occhi verso Sherlock Rob che non aveva spostato da me il suo sguardo indagatore neppure per un attimo, mentre il suo aiutante Robston aveva ancora la bocca aperta dalla meraviglia per il racconto che aveva udito.

"Dobbiamo cominciare ad avviarci Robston, e' stato un lungo e interessantissimo racconto e si e' fatto tardi", l'ispettore si rivolse al suo aiutante e fece segno di volersi levare dalla poltrona.
"Come?" esclamammo all'unisono Robston e io.
"Ma...", ero confuso e dispiaciuto, "vi chiedo scusa Sherlock, io non intendevo... mi rendo conto di averle fatto perdere del tempo narrandole qualcosa che non c'entra e che non le ha dato il minimo aiuto...".
"Che ore sono?", mi interruppe Sherlock Rob.
"Le ore? oh, sono le tre di notte ormai, come mi dispiace, e' piu' di un'ora che l'ho ossessionata con un racconto di viaggio!"
"Da quanto tiene il suo orologio da polso sul comodino vicino al letto?", le ciglia dell'ispettore si erano alzate e i vivaci occhi curiosi mi osservavano con una gentile ironia.
"Il mio orologio da polso sul comodino? oh, da due giorni, anzi, da due notti, non so perche', mi pareva fosse piu' comodo, in precedenza lo riponevo sul tavolo, lontano dal letto. Ha le lancette luminose, vede?" ero confuso e porgevo l'orologio all'ispettore, come per chiedergli di accertarsi della fondatezza della mia farfugliante spiegazione.
"E che succede se lo avvicina alle sue orecchie, anziche' a me?", insistette.

Seguii il suggerimento.
Ticchettava. Quel ticchettio.
Mi caddero le braccia, la sveglia era innocente, ancora una volta.

"Andiamo Robston, il nostro amico ha bisogno di dormire adesso, altri casi insolubili ci attendono", si getto' il mantello attorno al volto e scomparve, insieme allo stupefatto aiutante Robston.
Dormii bene, recuperai il sonno della notte prima e mi ritrovai nel mattino richiamato alla coscienza dalla tonalita' soffusa che proveniva dall'armadio, ero crollato addormentato per l'emozione e avevo trascurato di liberare la sveglia.

I due uomini camminavano nella nebbiosa e umida notte, l'ispettore con le solite grandi falcate e Robston ansimava per riuscire a stargli dietro.
"Sherlock, ma come hai fatto, come hai capito, come lo hai condotto a rivivere gli eventi passati e a dimostrare che non era la sua sveglia a ticchettare?", gli chiese con ammirata adorazione.
Sherlock si arresto' per un istante, la luce del lampione illumino' il suo volto aperto e serio, :"elementare Robston. Se ti trovi in una stanza con le porte e le finestre sbarrate, da cui non puoi uscire, cerca la chiave dentro di te".
Si volse e si incammino' nuovamente, l'aiutante Robston lo rincorreva, pareva saltellare, fino a che entrambi vennero ingoiati dall'oscurita'.

Roberto

   
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