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 5 Poesie / Poetry - Galleria artistica
 POEMA DELL’AMORE METROPOLITANO
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Domenico De Ferraro
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Italy
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Inserito - 18/01/2022 :  16:59:11  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a Domenico De Ferraro
POEMA DELL’AMORE METROPOLITANO

Nella bellezza di questo cantare , le parole cambiano, secondo un preciso ordine di cos. Ed io speravo, che qualcosa sarebbe cambiato lassù nel cielo , cosi come quaggiù sulla terra bagnata dalle lacrime degli angeli . Quanti versi ho visto sbocciare nell’oscurità di questi giorni pigri ed ipocriti. Quanti canti ho visto morire lentamente nella mia mente , assalita dal sesso selvaggio.

Nella mia incomprensione delle cose innaturali , mi sono perso ed ho solcato il grande mare delle memorie , ho navigato controcorrente .
Sono passato con il rosso , sono giunto nei pressi dell’antico porto dove un vecchio vendeva i suoi anni , avvolti dentro i peli della sua barba bianca, in compagnia di Biancaneve e dei sette nani.
Ed ho visto le favole volare nell’aria libere , sembravano uccelli di carta colorata che si posavano sopra i fili del telegrafo , sopra i tetti degli alberghi , affacciati sul mare della mia città.

Ed ho avuto paura che potessi morire da un momento all’altro in un crescendo di note rappate per caso, nel canto dell’uomo vestito di blues. Ignaro del mio tempo e delle sue lusinghe , ero incerto se perseguire per rime , questa questione dell’essere del non essere. Confesso sono stato preso in giro dalla sorte avversa .
Sono salito più volte sul carro dei condannati .

Sono rinato nel canto che risuonava come fosse un urlo disumano.
Un suono mesto che attraversava i miei versi , ossigenando l’aria e i polmoni con miriade di esperienze estetiche. Esplicite espressioni linguistiche .Momenti congeniali nell’apologia fenomenologica del millennio in corso. E la sostanza delle cose si esprimeva per grado , seguendo un sua forma sostanziale , ora lieve , ora vana, come una piuma d’oca , spinta dal vento verso le rovine della città deserta.
Ove vivono ancora gli spettri , le angosce della rivoluzione francese.
Ove non ci sono più preamboli alla logica del caso , ella si allargava per grado ,diveniva soggetto fiabesco , s’intercala nella sua maestosità nel sogno barocco dell’orco peloso , prigioniero nella gabbia dorata , appesa fuori la stanza delle muse celesti.

Angoli smussati di un sapere metafisico , imprimevano una circolarità di conoscenze universali . La grammatica era chiara come l’acqua della fonte dell’eterna giovinezza , che scorreva lungo le scali musicali in do re mi sol . Verso il giaciglio del vagabondo globale , con il suo fagotto di sogni sotto il braccio , egli si spingeva per strade arrabbiate, per vicoli urlanti per dimensioni esoteriche , estreme, repellenti , immemore della morte e della vita altrui.

Ed il mondo non aveva timore di ciò che siamo stati , non rammentava singolarmente le epoche precedenti , alla tragedia ed il caso esplodeva inesorabilmente per altre questioni illogiche , come fossero momenti utopici di un verseggiare che passava tra le fessure di questo mondo piccolo ed orbo che rimbalza per universi metafisici . Attraverso dimensioni e processi microcosmici ,attraverso fessure vaginali , pieghe del tempo in preda al suo delirio. Non era in scena la poesia in quell’esplicita azione letteraria , decantante un azione deleteria , atta a concludere l’utopia in corso.

Tutto si riassumeva nella sua forma lirica , tutto si risolveva nel nulla. Gli oggetti diventavano molto simile ad una vana figura che ad una donna. Un comò racchiudeva la fisiognomica di un uomo simile ad un altro uomo . L’immagine di un amplesso , mi perseguitava fino nei meandri della mia mente. Esalava nella sua stupidità empatica tra le gambe delle signorine perbene. Nell’aria salubre che respiravo fuori al porto ,dove il vecchio continuava a vendere pannocchie cotte sulla lava del Vesuvio.

La religione mi perseguitava, mi metteva un strano timore addosso reverenziale come in una canzone, sentivo di stare in una giostra in arme, combattevo per giusti ideali in eroiche gesta.
Tremavo al pensiero d’essere morto, di non aver compreso questo amore e questo sesso troppo presto.
Sentivo d’essere un fiore senza corolle
Un sogno bagnato di rugiada .
Una mano tesa nell’oscurità dell’espressione coronarica.
Sentivo d’essere questa strada che percorro da solo ora di sera
mentre non c’è nessuno , con tutta la mia vita misogina che gira su stessa.
Cosi come la terra gira intorno al sole e questa intorno all’idea della creazione.
Con tutto il mio disperato amore
Con questi canti sinceri sparsi
Con questi piedi incalliti , sono salito in cielo
Sono salito verso il tuo sublime capezzolo
Verso l’ossesso della speranza
Nella bella canzone di un tempo
Ho sentito il vento sulla pelle , ed ho viaggiavo scalzo
sulla sabbia argentea della lunga spiaggia cumana.
Ove ballò la sibilla dalle ciglia irte come l’immagine delle sue visioni
Ballata volgare della donna dei miei domani
Ballata dell’amore innaturale che si denuda nella mia mente
Che esplode come fosse un dramma shakespeariano

Come una commedia scarpettiana
Come una bolla di sapone , il sapere lusinga il prossimo
Volo nel cielo della mia città
Salgo in alto con il mio canto
E domenica


Lungi dal mio volere
Amore mi hai negato le tue grazie
Mi hai gettata tra i rovi di spine
Ti avrei donato il mio sapere
Sono stato frainteso
Mi hai resa lupa
Sono sulla bocca di tutti come una poco di buono
Non volevo ferirti
Eppure lo hai fatto
Ti sei preso gioco di me
Mi hai venduto ad uno sceicco
Mi hai paragonata ad un sacco di patate
Sono stata a casa della strega
Quanti sodi hai , bisogna pagare il conto all’oste
Quanta acqua hai per spegnere questo fuoco
Quanto coraggio ti rimane per portarmi via con te
Siamo rimasti fuori la porta della tua storia
In bilico nella questione romana
Siamo rimasti da soli vicino ad un signore di mezza età
Siamo qui che ci guardiamo negli occhi
Proviamo lo stesso amore di sempre
Prova a scappare ad andare un po' più in là
L’andare controcorrente non produce concetti
Non è un gioco ,credimi
La vecchia strada era fatta di pan di Spagna
Cantava l’ ubriaco nell’osteria dell’orco
Qui a via delle vedove ,ci sono due morti che aspettano l’autobus
Qui a via del giudizio, hanno piantato un nuovo albero
Un albero pieno di leccornie
Un albero con dei frutti tanto grandi
Sotto un cielo ottobrino, balliamo
Una tromba s’ode sull’alto del pio monte
Una signora gioca davanti allo specchio dei suoi segreti
La città cambia pelle come un serpente ogni mezz’ora
La strada è piena di immigrati arrapati , sinistri presagi , cimici circensi
C’è chi aspetta l’ora giusta
Chi la sorte amica
Chi gioca a capire come andrà a finire
La sera è tenera come un pezzo di burro
Il barbiere chiude la saracinesca della sua bottega
L’esca scende verso il basso
La signorina sale le scale
Il ragazzo l’insegue
Ed il mattino trabocca dalla coppa della notte
Tutto è lecito
Tutto avviene secondo norme diverse
Idilli interiori, amori immaginari , traditi da un soggetto poetico
E l’oggetto del canto e la notte ed il sogno del bambino
Risplendente dentro la sua culla
La notte , madre di tanti amori, luccica nell’oscurità dei secoli
Tutto scorre
Tutto diviene in questa vita di mediocri
Qualcuno mi ha cancellato dalla sua esistenza .
Di canzoni ne sono rimaste poche da afferrare per la coda.
Non so , se sono un infermo o una identità singolare come loro.
Se fossi un anonimo poeta in cerca della propria felicità
Sotto questa luna in mezzo alla grande piazza del plebiscito
Vado verso il bar a bere.
In compagnia di un angelo vagabondo .
Viene con noi la donna formosa per scale musicali
Per sogni e gradi tutto diviene .
Comprendere e vano come giocare a dadi
Come stare in questa storia degli ultimi ,senza alcuna conclusione.
Ed il ballo degli ultimi ,persegue contro il tempo delle speranze
Nella sua forma musicale , messaggi della civile poesia
Viaggio nella musica.

Cosi ho lasciato tutto, dietro le mie spalle, ho lasciato il tuo ricordo
Ho lasciato Iddio da solo , ho lasciato la mia retta via.
E per quanto volessi cambiare storia
Per quanto volessi essere diverso
La notte mi ha portato lontano
Mi ha portato oltre questo giorno di sofferenza ,
di lotta , di trambusto.
Robusto ,mezzo alla strada dissestata
Volevo cambiare
Volevo dirle in poche parole
Volevo dire in armonia
Volevo fare vicino al mare
Ove è annegato il mio amore tra le onde dei ricordi
Ove ho corso a ritroso dentro una poesia
Dentro la mia vorace follia
Verace me stesso , perso dentro un sillogismo
Come erano bianche le spiagge
Come erano lunghe le canne di bambù
Come era bella l’estate trascorsa
Come era stato , dolce stare insieme
Vicino alla fiamma di un desiderio
Nell’ora desta
Nel principio , nella fine
Nell’amore che m’avvolge per sommi capi
Che mi portò dentro oltre questo dolore , nella città in cui sono nato poi morto e risorto nel bel canto marino. Nel martirio degli eroi , nel viaggio, verso questo blues, in questo ritmo che specula sulla sorte di milioni di uomini e donne.
Ogni cosa sembra giusta ed ingiusta nell’immagine di diverse dimensioni nel caso simile ad un verso spoglio di rime.
E come era giusto, fosse il raccontare , mi ha preso la mano
la in quell’angolo di mondo.
In compagnia della mia vita con tutti i miei guai
con questa faccia da straniero.
Con tante domande in seno senza alcuna risposta
Con questo dubbio io ho ballato tutta la notte
Ramingo nel mio verseggiare
Per ideologie chimeriche
Per odissee
Per ossessi
Ed il sesso mi ha reso cieco dentro il cesso.
Ho pensato d’essere divenuto un mostro
L’immagine della mia ragiona bigotta
Un gatto a nove code
Un psicologismo delirante
Una rima fuori posto
Una canzone stonata senza vestiti
La poesia mi ha reso assai sapiente
Mi ha reso insignificante , il cantare per rime
Ed in altre congiunture ermetiche
La filosofia esprimeva il suo senso storico
La mia misera vita ,il mio amare per rime in sere come queste
da solo sotto il cielo dell’ovest.
Dentro un sogno, mentre il ragno saliva lungo la sua tela.
Saliva ,saliva , saliva verso il cielo , verso questo angolo di paradiso
Tutto scorreva ed io stavo con un calice colmo di versi
E cercavo il bello di questo canto
Questo canto della notte
Verso il lungomare
Fuori i tavolini apparecchiati di ogni bene
Dentro la pelle della donna di cuori
Dentro il tempo di amare e divenire
Dentro questo essere , diverso per versi lirici
Improvvisati in sere qualsiasi , come queste , dal sapore di sale .
Ed io salgo e attraverserò nel mio vivere , immaginando , altri amori , drammi, altri metri ed altre rime in libertà.

DOMENICO DE FERRARO

   
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