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 La forza della voce/"Erano persone normali"
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Roberto Mahlab
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Inserito - 06/12/2013 :  18:36:01  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
Li incontro alla fermata del tram, quattro generazioni, chiedo curioso e mi rispondono, :"ci hanno invitati alla comunità ebraica, per un riconoscimento ai nostri nonni, non sapevamo nulla, erano persone normali". Ecco cosa mi ha raccontato alcuni giorni dopo la signora Mazzanti.

"Di colpo qualcosa di inatteso..."
"Sì, abbiamo saputo all'improvviso che i nostri nonni avevano salvato la vita a due bambini ebrei durante le persecuzioni. Lo abbiamo saputo dalle testimonianze di questi bambini divenuti ormai adulti, i nostri nonni li accompagnarono in quel dicembre del 1943 verso la salvezza. Le loro famiglie erano originarie di Fiume, si erano trasferite a Firenze pensando che ci fosse più sicurezza, fino a che il primo dicembre del 1943 fu emessa una legge secondo la quale tutti gli ebrei dovevano essere condotti nei campi di concentramento".

"Come agirono i vostri nonni?"
"Si resero conto del pericolo e ne informarono le famiglie che affidarono loro i due figli, di otto e cinque anni, e i miei nonni li accompagnarono di notte su un treno oscurato a Milano dove li consegnarono ad una famiglia che portò i due piccoli in un luogo sicuro e ne prese la cura, li accudirono insieme ai loro figli, come fossero i propri".

"Sono gesti eroici..."
"Certo attraversare il paese in un treno oscurato con i due bambini comportava dei rischi, eppure fu un gesto piccolo, niente di eroico, semplicemente umano, erano due persone normali, due credenti cattolici che consideravano che aiutare il prossimo fosse giusto, avendo essi stessi dei figli. Con un gesto semplice, hanno salvato delle vite".

"E la comunità ebraica vi ha onorati ... "
"Siamo rimasti così colpiti dalla gratitudine della comunità ebraica per noi che siamo solo i discendenti, ci hanno detto che ormai facciamo parte del popolo ebraico e ci hanno consegnato una medaglia e attestati di riconoscimento. Persone che non ci hanno mai visto ci hanno riservato un atteggiamento di vicinanza".

"Che reazione avete avuto al momento della consegna dei riconoscimenti per i vostri nonni come 'Giusti tra le nazioni'?"
"Mio fratello ha fatto osservare che a volte basta dire 'no grazie' di fronte all'orrore, non c'è bisogno di aspettare per reagire alla barbarie, anche in maniera sommessa".

"Come si chiamavano i vostri nonni?"
"Armando e Rachele Mazzanti".

"Non vi avevano mai detto nulla ?"
"Non sapevamo nulla, sono stati i testimoni a riportare quanto i nonni avevano fatto, non ne avevano mai parlato, come fosse una cosa senza importanza e normale. Avevano rischiato la loro vita e salvato due vite, erano persone miti e le loro azioni erano fuori dalla legge, hanno sentito che la legge era ingiusta, è stato un atto di ribellione concreto".

"C'erano le diverse generazioni della vostra famiglia in occasione del riconoscimento ..."
"Noi nipoti eravamo commossi e orgogliosi, i nostri figli, nati negli anni ottanta, erano stupefatti dall'importanza del riconoscimento. E poi la piccola della quinta generazione, figlia di mia figlia, otto anni, le è stato raccontato tutto come si fa ad una bambina, anche se penso che si dovrebbe avere il coraggio di raccontare anche di più".

"La sua reazione?"
"Era interessata agli aneddoti sui due bambini in cui si identificava, faceva domande su come vivevano nel luogo in cui erano stati portati in sicurezza, come giocavano con gli altri bambini della famiglia che li custodiva".

"Quale pensa sia il messaggio da trasmettere?"
"Che ci si può sempre assumere in prima persona la responsabilità e questo in generale, senza nascondersi dietro la massa o per paura".

"Ritiene sufficiente l'informazione odierna su quegli anni?"
"Nei giovani di oggi è troppo poca, spesso è come se si desse per scontato quanto accaduto, magari solo una pagina buia che non tornerà e da queste condizioni si insinuano tutte quelle scorciatoie che si trasformano in pregiudizi in generale sugli ebrei, a volte paiono solo battute, ma se non si racconta, a poco a poco possono essere il terreno in cui si inizia a dare per scontato che forse gli ebrei avevano qualcosa da farsi rimproverare e altre assurdità".

"Dunque le conseguenze del non raccontare sono pericolose ..."
"Dobbiamo ricordarci che parliamo di esseri umani, erano famiglie che stavano nelle loro case e in una notte dovevano partire verso luoghi inconcepibili quali i campi di concentramento. Abbiamo visto anche in tempi recenti, negli anni novanta nell'ex Jugoslavia a Sarajevo terribili atti di sterminio e di pulizia etnica, se non si parla dell'orrore del passato e non se ne comprende la portata, si diventa indifferenti poi a quanto avviene anche nel presente".

"L'indifferenza come abitudine?"
"Ma è possibile che la mente umana abbia potuto concepire luoghi come i campi di concentramento e di sterminio? Ci si abitua perché si pensa sempre a qualcosa di lontano, pensiamo all'indifferenza verso gli stermini avvenuti in tempi recenti in Africa, paiono sempre cose che non ci riguardano".

"Suggerimenti?"
"Raccontare anche ai bambini perché sono più ricettivi, hanno le orecchie pulite, i giovani sono in parte già assuefatti, purtroppo".

"La Storia maestra di comportamenti?"
"Nella società ci deve essere il valore della responsabilità individuale, in Italia non c'è in tutti sfortunatamente. Un senso di responsabilità individuale dai piccoli comportamenti civici, dai rifiuti al rispetto delle strisce pedonali al paesaggio, responsabilità e comportamenti basilari che denotano la comprensione del significato della cosa pubblica, da noi accade che la cosa pubblica non sia considerata propria, ma di uno stato o di altra entità in cui non ci si riconosce. Così si crea un paese, nei piccoli gesti bisogna essere coerenti ed avere dei valori, come hanno dimostrato i miei nonni".

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(La forza della voce. Che ciascuno, anziché essere portavoce di se stesso, racconti quello che avviene agli altri che ha attorno, che conosce, di cui ha saputo, con cui parla, di chi ha vicino, racconti gli episodi che opprimono chi lavora, chi non lo può fare, chi vuole fuggire, chi viene schiacciato, che ciascuno sia la voce di dieci voci ciascuna delle quali probabilmente si sente isolata e non sa che le stesse vicende accadono a moltissimi altri, di modo da immedesimarsi e da coinvolgere).



   
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