NICOLA RANDONE - "Morte di un amore" Si dice che la classe non è acqua. In questa epoca di televisioni che barriscono spot pubblicitari e di dischi per l'estate che mal si conciliano con le nostre esigenze d'ascolto, Nicola Randone dimostra la veridicità dell'atavico detto. In lui la classe è addirittura fuoco.
Srotolata la pergamena della sua poesia esistenzialista, Nico - musicalmente maturato all'ombra delle sue precedenti esperienze nell'ambito del rock progressivo - si guadagna immediatamente il nostro affetto e il nostro... ossequio.
La coesione di tutti gli elementi, di tutti gli strumenti, e la felice corrispondenza di intento e risultato, fanno di "Morte di un amore" un opus di ragguardevole intensità. Il tour fantastique comincia fin da subito: con Visioni. Ci ritroviamo a seguire un Peter Pan ormai cresciuto, e dunque un uomo prossimo al crollo, sotto un cielo di un azzurro magico. Poi si schiude una porta bullonata e allo sguardo ci si presenta il viluppo di Tutti-i-Giorni, ricco di simboli forti ed efficaci (remembering "La parete di ghiaccio" dei Grey Owl). Eccoci dentro la città maledetta. Avvertiamo il pungente odore del sottobosco umano, dove creature si muovono notte e giorno...
Al più tardi da Tutte le mie stelle (la terza traccia, per me il clou dell'album), ci rendiamo conto che abbiamo tra le mani un lavoro assai accurato. I momenti di tensione funesta si risolvono sapientemente in melodie di struggente bellezza (Tutte le mie stelle, L'infinito, La Giostra, Morte di un amore...) e la lucidità compositiva non viene mai meno. Le mura d'ardesia di Annientopoli racchiudono tanto livore, ma 'livore' fa rima con 'amore'.
Le nove tracce alternano emozioni, passioni, armonia. Abbiamo a che fare con sonorità elaborate, mai banali. E non mancano gli effetti elettronici, i riverberi, le dissonanze. Nicola Randone conosce i pregi della sua voce e la padroneggia un po' come Mike Patton (ex Faith No More) fa con la propria. E' una voce a volte tagliente e solare, altre volte prettamente oscura e profonda, capace di abili vocalizzi e di discese vertiginose.
Un plauso extra lo meritano senz'altro i testi di tutti i brani, che fotografano senza mezzi termini l'angoscia del singolo costretto a tenersi a galla nella giungla quotidiana.
Giù giù fino a Morte di un amore (che dà il titolo all'album), è come sfogliare le pagine di un antico tomo; pagine che frusciano come il ghiaccio.
Originalissima la coda, costituita da una suite "en reverse" fatta di un bel noise sperimentale.
Facit: un album intelligente, suggestionante, importante.
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franc'O'brain