L'anatra arrosto e' uno dei piatti caratteristici della cucina cinese e le diverse tradizioni del paese fanno a gara nel pretendere che il loro stile di cucinarla sia il migliore. L'immensita' del territorio offre una gran varieta' di tradizioni culinarie che variano tra la cottura dei cibi in umido nel nord al gusto fortemente speziato e piccante nel sud.Il pasto e' un rito, in mezzo alla tavola viene posto un piano rotante su cui vengono appoggiati di volta in volta i piatti recanti le delizie sminuzzate in modo da poter essere raccolte dai convitati con le due bacchette. Verdure e ogni tipo di carne, molluschi, serpenti e coccodrilli, indicano la mancanza di particolari tabu' alimentari in cui il riso, contrariamente alle impressioni, ha un ruolo solo di limitato contorno.
Il mese scorso ero a Tianjin, citta' di dieci milioni di abitanti del nord della Cina a cento chilometri a est di Pechino, e dopo il lavoro i miei amici mi hanno invitato al ristorante famoso in tutta la Cina per l'anatra arrosto.
L'anatra viene presentata ai convitati intera e arrostita, appoggiata su un carrello spinto nella sala del pasto da un cuoco incaricato del taglio rituale. Sotto gli sguardi attenti degli ospiti, il cuoco e' chiamato a tagliare l'anatra in centootto pezzetti utilizzando un lungo e grosso coltello.
Il numero centootto e' importante nella tradizione cinese, e' il numero dell'equilibrio e della soddisfazione, si dice che centosette sia troppo poco e centonove sia troppo.
Nel sud della Cina, presso Shanghai, a seguito della liberalizzazione religiosa di un paio di anni fa, e' sorto un Budda gigantesco, alto come una collina e di fronte ad esso e' stata posta un'altra grande statua che lo rappresenta attorniato da centootto piccoli Budda dalle sembianze di bambini. Quando ho visitato il sud del paese, ho riferito ai miei amici con sorpresa che al nord era lo stesso numero del taglio dell'anatra e, anche loro sorpresi, mi hanno spiegato che centootto e' il numero perfetto di figli, centosette sono troppo pochi e centonove sono troppi. In quel gigantesco paese rimasto per cosi' tanto tempo privo di flusso di informazioni, il nord e il sud non erano al corrente di avere le stesse tradizioni.
Mentre gustavamo il famoso vino novello locale denominato "Dinasty", joint venture cino-francese che dopo alcuni anni di raccolti era in grado di offrire un gusto piacevole, osservavamo con serieta' l'attivita' del cuoco, pronti a scuotere la testa in segno di disapprovazione se avesse tagliato l'anatra in un boccone in meno oppure in un boccone in piu' della tradizione. Certo il cuoco aveva due vantaggi, il primo che se si fosse trovato in difficolta' poteva gestire la grandezza dei bocconi in modo di farsi tornare i conti e il secondo era che aveva il coltello dalla parte del manico se per caso avessimo osato davvero fargli una osservazione.
I pezzetti di anatra vengono posti in un piatto sul piano girevole insieme ad una scodella di salsa dal colore rosso cupo, una cesta colma di leggere, piatte e sottilissime fette di pasta di farina di forma arrotondata e un piattino di porri.
Ognuno dei convitati pone piatta in una mano una fetta di quel particolare pane, poi con le bacchette prende un pezzetto di anatra e lo intinge nella scodella di salsa a base di soia e lo ripone sulla fetta e ripete questa operazione due o tre volte fino alla capacita' di sopportazione della fetta, quindi conclude ponendo sull'anatra qualche pezzetto di porro e poi richiude il pane attorno a quello che sara' il ripieno.
La cortesia cinese e' quella caratteristica dell'oriente e io vengo esentato dal porro, che non mi piace, senza che questo causi la rottura delle relazioni culinarie tra la Cina e l'Italia, anche perche' rassicuro i miei amici che il resto dei miei concittadini e' libero dai miei problemi esistenziali rispetto a tutto cio' che assomiglia alle cipolle.
Il gusto del tutto e' talmente eccezionale, dolce, gustoso, squisito, che e' impossibile che non si finisca per mangiare tutto quanto, benche' sia un pasto piuttosto abbondante.
Una esperienza che rimane nel gusto e nel ricordo.
Roberto
Agosto 2002, mentre offro al cuoco i miei suggerimenti, egli pare pensare che il pezzetto numero 108 saro' io.