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Inserito - 09/08/2003 :  09:28:44  Mostra Profilo  Visita la Homepage di redazione_cds Invia un Messaggio Privato a redazione_cds
Dopo la generazione anni ’50 dei grandi ideali, grandi rivoluzioni, dello slogan <<abbiate una vostra opinione sempre e comunque>> seguiamo noi, la Gsm generation, quella del Telefonino,di Internet e della Tv via cavo. Il suo Dio si chiama Televisione, la sua Fede è la Moda a cui per niente al mondo rinuncerebbe. Per essa i giovani d’oggi sono disposti a smettere di pensare e, davanti al motto <<Be trend or out>> non si pongono troppe domande, spendono, comprano, indossano.
Ed ecco pantaloni over-size, zatteroni con stringhe slacciate ed abiti strappati. Non importa che siano belli o brutti, l’importante è che facciano moda. In caso contrario il pericolo è il peggiore: non avere più un gruppo a cui appartenere, a cui appoggiarsi, in cui riconoscersi.
Nonostante opinionisti, politici e giornalisti abbiano etichettato questo nuovo millennio come “L’era dell’individualismo”, dove ognuno pensa a se stesso senza badare a cosa fa il vicino, i giovani d’oggi si presentano come promotori di una vita sociale di massa, del divertimento comune, di gruppi uniti.
Osservando i vari comportamenti e parlando con loro mi accorgo che la maggioranza dei ragazzi fra i 14 e i 22 anni vede l’appartenenza ad un gruppo non come una scelta, ma come una necessità vera e propria. Al di fuori della banda si sentono spaesati, deboli. Hanno paura di non essere in grado di cavarsela, di riuscire a difendersi o giustificarsi davanti ai professori, al mondo degli adulti, alla società.
Così si accaparrandosi il detto “l’unione fa la forza” si aggregano e compattano gli uni con gli altri. Creano un’ immagine che al contrario degli anni ’60 non è rappresentativa dell’individuo ma diventa propria del gruppo di appartenenza del soggetto.
Ed ecco nascere le combricole di Punk, Rock, Bomber, Popper, San Carlini e San Pietrini. I Robbosi, Rapper, Dark, Metallari e gruppi Underground.
I componenti di uno stesso gruppo ascoltano la stessa musica, frequentano gli stessi locali, le stesse discoteche, si vestono allo stesso modo. Non hanno una propria identità, accettano passivamente quella stabilita dalla propria banda. Portando avanti i suoi ideali, i suoi credi, le sue convinzioni che fanno proprie, acritici, lasciano affiorare in se stessi la voce di altri, degli amici, della tv e delle mode.
Vivono alla giornata, senza il sostegno di altri riescono a pianificare solo le piccole cose. Molti giovani non hanno la più pallida idea di cosa voteranno alle prossime elezioni però gia ora sanno dove e con chi passeranno il prossimo ultimo dell’anno.
Credono che questo “bisogno del gruppo” sia sintomo di sicurezza ed emancipazione, non si rendono conto che in realtà è solo indice di immaturità.
Come rivelano i + recenti dati ISTAT solo il 23% degli italiani di età compresa fra i 15-25 anni dichiara di interessarsi di argomenti attuali, come politica, condizioni ambientali ecc.
La scusa di chi non si aggiorna è sempre la stessa <<il mondo non funziona, la società non ci capisce e non riesce ad accettarci, a darci gli spazi che meritiamo>>.
Non si rendono conto che la loro non è una critica costruttiva ma solo una lamentela.
Si comportano come se fosse la società a doversi adeguare alle loro esigenze e non il contrario; non capiscono che per avere spazi in cui parlare ed esprimersi all’interno della scuola, delle istituzioni, della religione è necessario impegnarsi e non semplicemente chiederli, ma guadagnarseli.
Gli anni ’60, quando i giovani si prefissavano un obiettivo e lo raggiungevano con manifestazioni e battendosi ,dove i diritti richiesti erano quelli allo studio ed al lavoro.
Ora no, la musica è cambiata.
L’unico diritto per cui vale la pensa lottare è quello in nome del Divertimento.
I ragazzi richiedono spazi, non per parlare o consultarsi, ma per ballare e sfogarsi.
Ed ecco, se la fede dei giovani all’alba del tanto decantato terzo Millennio è la moda, i loro templi sono le discoteche.
Sabato sera, puntuali alle 20.00 si radunano nei parcheggi di quest’ultime, tacchi alti e minigonna per le ragazze, capelli a punta e pantaloni attillati per i maschi.
Giacche fosforescenti e visi truccatissimi perché ciò che conta è apparire, farsi notare in mezzo alla massa facendosi vedere il più possibile simili ai miti più in voga del momento: i protagonisti di programmi come Operazione Trionfo e Saranno famosi.
Non solo andando non solo in discoteca, ma anche camminando per le strade, per i centri commerciali non si vedono più magliette con lo stemma di Che Guevara o con quello della pace. Altri tempi; non fa più tendenza. Sono state sostituite da T-Shirt, maglioni, felpe e giubbetti con la scritta del popolare varietà “Saranno Famosi” o con il nome di un calciatore.

Ma questo è il meno. C’è chi porta al collo, sullo zaino o al polso, braccialetti e catenelle con un simbolo tondo, mezzo bianco e mezzo nero: filosofia Taoista.
Lo mettono in mostra, alcuni lo riproducono sulle guance con oli fosforescenti quando vanno a ballare ma alla domanda “cosa significa?” la risposta è troppo spesso la stessa: “ non lo so, lo porto perché è Trend” .
Gia, questo è trend, quello è out, questo invece è il top, e noi siamo un team,seguiamo le fiction, badiamo al sound, frequentiamo gli stage...
Ecco, i giovani di oggi, con l’abbigliamento cercano di far capire agli adulti il loro disagio, e con il loro linguaggio?
Imitando e seguendo fedelissimi i canoni proposti ed imposti da Radio e Tv, credono sia necessario che il loro parlare quotidiano sia colmo di parole straniere o, più sinceramente, di matrice anglosassone di cui ormai sono pervase e perverse le loro conversazioni quotidiane. E sentendoli utilizzare una così alta percentuale di vocaboli stranieri nei loro discorsi sembrerebbe proprio che l’italiano non sia sufficiente neppure ad esprimere i concetti più semplici, quando persone come Leopardi, Dante o Carducci hanno saputo esprimere le cose più grandi senza incappare in alcuna parola inglese!
Povero Foscolo, si lamentava che Milano non aveva saputo offrire al suo Parini nemmeno una Tomba, chissà cosa direbbe oggi nel vedere le nuove generazioni italiane che così gloriosamente si apprestano a seppelir il suo idioma!

Ambra C.

   
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