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 IL PONTE...UN'ARMA
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zanin roberto
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Inserito - 25/10/2003 :  11:49:32  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto


IL PONTE...UN'ARMA

Il sole era splendido protagonista di un tramonto estivo, acceso dai colori sfrontati d'una natura maestosa e ancora profondamente padrona dell'uomo.
Il Rhenus scorreva con le sue acque fonde e limacciose, borbottando tra flutti e sciacquii, disegnando con le sue onde increspate geometrie varie e dinamiche.
Un intenso andirivieni di legionari del genio anima una piana verde e piatta, tagliata dal fiume come una torta, colline dolci alle spalle rompono un orizzonte azzurro e odoroso di resina silvestre.
Mucchi di segatura e truccioli con pile di pali scorticati di conifere ben allineati facevano da cornice al campo romano che da dieci giorni si trovava impegnato nella costruzione del primo ponte sul fiume RENO.
Passeggiava nervosamente il console Caio Giulio Cesare, avvolto dal suo mantello rosso porpora, con i contorni dorati e larghe decorazioni a forma d'alloro nelle maniche, i calzari bianchi e i capelli sconvolti, radi e grigi ne tradivano i 45 anni, d'un uomo maturo ma nel pieno della forza fisica.
Era il 55 a.c. di un'estate calda e vittoriosa, Ariovisto pochi mesi prima era stato sconfitto con i suoi germani impudenti ma adesso era venuto il momento di far capire chi era Roma.
Il popolo dei Sigambri al di là del Rhenus sconfinavano nelle Gallie a ondate, gli Svevi ne avevano seguito l'esempio e solo gli Ubii s'erano alleati ai romani.
Arrivò al galoppo il tribuno Tito Labieno e l'altro al fianco di Cesare gli corse incontro.
- " Ave, Quinto Titurio Sabino, ho nuove per Cesare!"
- " Ave a te, Tito Labieno, amico mio, su coraggio parla, non tenermi sulle spine!"
Cesare guardò pensieroso i suoi tribuni poi posò lo sguardo oltre il fiume, le sentinelle accendevano grosse fiaccole e nella penombra della sera le squadre intente ai lavori di costruzione rientravano.
- " Cesare, le legioni sono allertate per l'alba di domani, tutto è pronto per l'avanzata! "
- " Bene mio fedele Labieno, domani al sorgere del sole le aquile di Roma voleranno nei territori dei Germani ! "
Le tube suonarono all'unisono e radunarono gli uomini, grossi fuochi illuminavano l'accampamento, l'odore delle carni cucinate e del vino speziato diffondevano una grande aspettativa, Cesare era salito su una torre d'osservazione e dall'alto dominava l'assemblea.
Come un fulmine saetta veloce e deciso, preciso e devastante, così il comandante delle Gallie arringò i suoi soldati.
- " Romani, legionari, da tre anni teniamo in scacco i Galli, li abbiamo sconfitti più volte, abbiamo portato ordine e civiltà ma... di là dal fiume i puzzolenti Germani osano portarci offesa e poi rientrare impuniti nelle loro tane di animali che li nascondono alla vista, sicuri del baluardo del Rhenus.
Questo fiume maestoso può fermare un popolo barbaro ma non quello romano.
Noi domani attraverseremmo il Rhenus per portare il terrore nelle loro terre, a monito e a dimostrazione della superiorità romana."-
Cadde il silenzio poi gli uomini che adoravano il loro generale lo acclamarono con un poderoso assenso, ognuno gonfiando il petto.
L'alba si accese di luce a diradare quelle foschie umide che esala la notte, respiro di boschi fitti e di fiumi gonfi, dove l'uomo si sente ospite, l'odore forte di resina pervadeva ogni tenda, il pino mugo spandeva il timbro penetrante nei polmoni.
Di là sulla sponda germanica, occhi impauriti seguivano gli eventi.Barbari Sigambri in esplorazione rimanevano nascosti a spiare con apprensione.
Al suono ritmato di tamburi si allinearono le insegne quindi le coorti in perfetto assetto da battaglia.
Di fronte a loro stava un ponte in legno imponente, bianco di conifera, perfettamente allineato, con i pali di fondazione inclinati a sinistra a favore di corrente e a destra in contrapposizione a essa,geometricamente assemblato e forte, vero gioiello d'ingegneria militare, munito di ripara-piloni contro eventuali tronchi gettati per romperlo.
Due colonne con in cima bracieri, scolpiti a testa di leone, esordivano l'ingresso della grande costruzione, drappi rossi e blù, con impresse le insegne delle legioni, penzolavano ai lati nel vuoto quasi ad accarezzare il pelo dell'acqua.
Da dietro al trotto, giungeva Cesare, si arrestò all'ingresso, scese dal cavallo bianco maculato di grigio, con in mano dei sacchetti dal panno nero.
Si fecero largo due enormi centurioni, con il fodero aperto a sostenere una corta ascia, l'emblema che si notava sulle faliere era quello del genio, incudine e ascia, scese il silenzio delle cerimonie.
Cesare avanzò, strinse il braccio ai due centurioni, consegnò il premio da dividere con il loro reparto, monete d'oro, e si congratulò per la velocità e la qualità del lavoro eseguito.
Le legioni passarono il ponte in parata mentre i barbari impauriti si ritirarono nelle loro fitte boscaglie impenetrabili.
Il terreno era morbido, il muschio si mescolava alle felci e di tanto in tanto fragoline di bosco si alternavano nel torboso suolo.
Un gruppo di cervi e caprioli foraggiavano indifferenti, i sentieri erano appena segnati, le poche capanne di pastori rendevano quella zona desolata e inospitale.
Per diciotto giorni fecero terra bruciata, villaggi incendiati, raccolti requisiti, prigionieri, saccheggi, seminando il panico nei fieri germani.
Da sempre quegli omoni, dalle spalle larghe, dai capelli lunghi e rossi che menavano quell'enorme ascia devastante erano un'incubo per le fanterie romane, ora sapevano che la paura era reciproca.
Quando sul calar del giorno, rientrarono da quella spedizione, riattraversarono il Rhenus, Cesare fece fermare l'esercito, si mise di fronte al ponte e con l'arte oratoria di cui conosceva ogni artifizio disse:
- " Guai ai Germani se oseranno sfidarmi ancora, Roma non dimentica, questo confine sia il limite di loro ogni ambizione ! Labieno ordina la distruzione del ponte, affinchè la porta della civiltà sia chiusa alla barbaria! "-
Tito Labieno suo luogotenente alzò la mano e dieci squadre di asciatori iniziarono la demolizione di quello spettacolo di tecnica e abilità costruttiva. Quando la corrente del fiume portò via l'ultimo legno divelto, le legioni si erano allontanate.
Di là i Germani rimanevano allibiti dalla prontezza e determinazione dei romani, quel ponte era stato un deterrente più efficace di qualsiasi arma.
L'estate generosa di luce e di colore continuava il suo intenso verdiaggiare di foraggi profumati dalla inebriante lavanda, mentre scorreva placido il corso del Rhenus che tra 80 miglia avrebbe portato i residui del ponte alla sua foce a delta, in quel mare della Manica che porterà Cesare anche alla conquista della Britannia.


di Zanin Roberto


   
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