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 Il mistero delle tartarughe scomparse
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lori
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IL MISTERO DELLE TARTARUGHE SCOMPARSE

Via Molise probabilmente era la strada a più alta natalità del paese. Piccole villette a schiera di recente costruzione abitate da giovani coppie, equivalevano ad almeno un bambino per casa.
La prima coppia di tartarughe entrò nel giardino dei fratelli Grazi, due piccoli gusci identici dai quali spuntavano due testoline rugose come carta crespa. Fu costruito un recinto per delimitare le escursioni dei piccoli rettili. All’interno alcuni sassi ammassati creavano una grotta, sicuro riparo per il letargo.
Nonostante la scarsa compagnia che possano fare delle tartarughe, in breve tempo quasi tutti i giardini di via Molise avevano il recinto con le relative tartarughe.
Grandi e piccini erano divenuti esperti sulle abitudini di vita delle tartarughe. I più competenti si azzardavano a riconoscerne il sesso, senza timore immediato di smentita.
Passò l’estate e le tartarughe sparirono sotto terra e per alcuni mesi ci si dimenticò di loro. Come i raggi del sole cominciarono a scaldare la terra, una per una le tartarughe tornarono alla vita e nelle conversazioni della strada.
Fu scoperto che erano ghiotte di lumache ma occorreva schiacciarne il guscio. Malgrado il ribrezzo nei giardini si smise di usare l’antilumaca e si aprì la caccia alle chiocciole.
Era appena terminata la scuola quando una delle tartarughe di casa Barbetti fu trovata morta. Il corpicino rinsecchito era uscito fuori dal guscio sventrato dalla parte callosa. Il guscio era avvallato, come schiacciato. E questa fu la prima interpretazione: la tartaruga era stata schiacciata con un sasso e si pensò ad una bravata di qualche bambino. Gli esperti sostennero che gli uccelli possono strappare la tartaruga dal guscio con il becco, e i bambini furono discolpati. Il recinto fu dotato di un tetto di rete, con una finestrella apribile a molla per permettere l’introduzione di cibo e per fare uscire gli animaletti per qualche escursione guidata nel giardino.
La vita delle tartarughe trascorse senza altri colpi di scena per tutta l’estate e il piccolo rettile morto fu subito sostituito. Verso la fine di settembre sparì una tartaruga sempre in casa Barbetti. Fu perlustrato il giardino nel caso fosse stata dimenticata fuori dal recinto, ma della tartaruga nessuna traccia. Si pensò al piccolo Simone. Simone è un bambino speciale, i medici lo definiscono iperattivo, parla poco e male per i suoi 8 anni. Per il resto è vispo come un fringuello, corre in bici a rotta di collo e scavalla tutti i muretti disconoscendo qualsiasi nozione di proprietà privata. Simone voleva le tartarughe. Lo aveva fatto capire in vari modi che anche lui voleva le tartarughe. Quando i sospetti cominciarono a trapelare la sua mamma si affrettò a presentare il certificato di consegna delle tartarughe: quando era sparita la tartaruga era una settimana che loro ne avevano già due. Simone era innocente ma ormai l’accusa era stato fatta e i rapporti fra le due famiglie incrinati.
Il cancello di casa Barbetti fu chiuso e i bambini invitati a non entrare. Trascorsero un paio di settimane e anche l’altra tartaruga sparì. Nessuno sapeva capacitarsi di come era stato possibile. I bambini non potevano essere stati, il cancello era restato chiuso e la tartaruga era stata vista la sera prima. Il furto era avvenuto di notte, quindi imputabile ad un adulto. Forse un dispetto? Ma i Barbetti erano persone tranquille, benvolute da tutti, nessuna persona sana di mente avrebbe fatto uno sgarbo simile. Sana di mente. Ecco la chiave del mistero. In via Molise c’era un’abitante un po’ strana. Nessuno sapeva come si chiamava la signora, veniva chiamata “Labionda”. Labionda viveva con il marito e la figlia, all’apparenza era una signora come tante altre, sempre ben vestita e in ordine.
Appena le varie famiglie si erano trasferite in via Molise successe una cosa strana. Alcuni di loro trovavano davanti al portone di casa un anonimo regalo culinario: un vasetto di sugo, un tegamino di minestra, un piatto di spezzatino. Si scoprì che la cuoca era Labionda. La signora Grazi, che si era trasferita in via Molise successivamente agli altri, fu messa al corrente del vizietto di Labionda. La Grazi, che si dilettava di psicologia, interpretò il fatto come una richiesta di aiuto o perlomeno di amicizia. Pertanto giudicò degli incolti i vicini e, imperturbabile dalla mancanza di risposta, si impose di salutare La bionda. Fino a quando, dopo l’ennesimo “buongiorno”, questa mostrò alla signora Grazi la mano a pugno con il dito medio ben in vista. In dieci anni non aveva scambiato una parola con nessuno però veniva vista parlare da sola e salutare, se si sapeva leggere il labiale, con un “ma va….”.

In casa Barbetti il recinto fu disfatto e fu dichiarato che avevano chiuso con le tartarughe.
Passò l’inverno, piuttosto gelido in quanto a rapporti di buon vicinato. Con la scusa del freddo ognuno si era ritirato nella propria casa, chi roso dal sospetto nei confronti del vicino, chi ferito di essere il sospettato. I bambini,che in genere giocavano insieme e la porta di ogni villetta era sempre aperta ad un piccolo ospite, non sapevano capacitarsi del perché ognuno dovesse starsene in casa sua.
A primavera, complici le giornate più lunghe e miti, i bambini si ritrovarono a giocare sul cortile. Ed anche le tartarughe uscirono dal letargo e sporche di fango fecero la comparsa nei recinti. Il risveglio dei rettili rianimò un po’ le conversazioni tra vicinato anche se ancora nessuno aveva una spiegazione certa circa la scomparsa delle tartarughine.
Il mistero non durò ancora a lungo. Il tempo che il tepore primaverile facesse crescere l’erba del giardino e si rendesse necessario falciarla.
Fu così che il signor Barbetti ritrovò le sue tartarughe.


   
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