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 Una benefica caduta
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Luciana
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Inserito - 01/10/2003 :  11:11:41  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a Luciana

UNA BENEFICA CADUTA

La neve era farinosa, stupenda. Gli sci la solcavano con una tenuta perfetta, scivolando silenziosi lungo la discesa. Era un pomeriggio stupendo, l'aria era tersa e il sole splendente lanciava bagliori accecanti sulla neve candida.
C'erano stati tre giorni di brutto tempo e, come spesso accade, il vento aveva cacciato via tutte le nuvole, scoprendo un meraviglioso cielo azzurro e un sole accecante.
Adoravo sciare. Finalmente avevo potuto permettermi una settimana di vacanza insieme ai miei due piccoli, Matteo e Marco, durante le vacanze di Natale, ed ero finalmente serena.
La separazione da mio marito era avvenuta un anno prima e mi era costata parecchio, non solo dal punto di vista affettivo, ma anche per l'organizzazione economica, visto che, di colpo, mi ero trovata nella situazione di mantenere me e i miei figli con delle entrate notevolmente ridotte.
Grazie a Dio, non avevo mai smesso di fare l'insegnante, malgrado la nascita dei due bambini, quindi un lavoro l'avevo. Non mi restava altro che rimboccarmi le maniche e darmi da fare per superare la crisi. Devo dirlo, sono stata piuttosto brava.
Pian piano ho anche superato la tristezza e la delusione di ritrovarmi sola, di vedere infranti i miei sogni e le mie aspettative. Mirko aveva semplicemente trovato un'altra e un giorno se n'era andato dicendomi, non con un certo imbarazzo: "Ho un'altra storia, non posso più restare con voi. Mi dispiace, vi vorrò sempre bene".
Ripensavo a queste cose mentre sciavo contenta su quella pista e mi sembrava che tutto fosse successo tantissimo tempo prima, il ricordo mi giungeva già un po' offuscato, forse per una giusta e salutare rimozione di fatti che mi avevano fatto tanto soffrire.
Fu un attimo. Pur essendo una brava sciatrice, non so come, presi male la curva e mi ritrovai con gli sci scomposti: la caduta fu inevitabile e rotolai in piena velocità, alzando una nuvola di neve. Il "crac" che accompagnò la rotazione forzata del mio ginocchio provocò un dolore lancinante e urlai. Mi ritrovai parecchi metri più sotto, inebetita dal dolore e dallo spavento. Non potevo più alzarmi, la gamba non mi teneva assolutamente.
Allora lo vidi. Si avvicinò premuroso accanto a me:
- Si è fatta male? Mi disse, porgendomi la mano per aiutarmi.
- Non credo, però mi fa male il ginocchio, risposi in tono lamentoso.
- Faccia vedere, mi disse lo sconosciuto, avvicinando le mani al mio ginocchio e cercando di piegarlo.
- Preferisco chiamare il soccorso, aggiunse, penso sia meglio che lei non appoggi assolutamente il peso su questa gamba.
Mentre aspettavamo i soccorsi, mi fece compagnia. Prima mi aiutò a mettermi comoda e a togliermi gli sci, quindi mi diede la sua giacca per coprirmi, visto che cominciavo ad avere freddo.
- Come ti chiami, mi disse dandomi improvvisamente del tu.
Cosa naturale del resto, visto che avrà avuto sì e no qualche anno più di me, quindi sui trentasette o trentotto anni al massimo.
- Mi chiamo Debora e tu?
- Jacopo
- Grazie per avermi aiutato, gli dissi, cominciando ad osservarlo
meglio. Si era tolto anche il cappello di lana che lo proteggeva dal freddo pungente e notai che aveva pochi capelli e un viso interessante, dai lineamenti molto marcati che gli conferivano un aspetto volitivo, molto maschile. Gli occhi scuri, erano un po' severi, ma avevano una brillantezza particolare e ogni tanto, quando le sue labbra si piegavano in un leggero sorriso, si illuminavano.
Giunsero i soccorsi e mi portarono subito nell'infermeria, dove, purtroppo, venni a sapere che dovevo essere operata: avevo spezzato i legamenti del ginocchio e dovevano intervenire piuttosto velocemente, altrimenti sarebbe stata compromessa la guarigione.
A questo punto fui presa dallo scoraggiamento. Per una volta che avevo organizzato una stupenda vacanza con i miei bambini, che ci stavamo divertendo, che stavano imparando entrambi a sciare e che li avevo per questo iscritti ai corsi collettivi...ecco che, quando mancavano solo tre giorni alla fine della vacanza, tutto doveva svanire per quella maledetta caduta. Mi odiavo per la mia distrazione, per non essere stata abbastanza pronta e concentrata ed evitare così l'incidente. Ora mi trovavo in una condizione veramente critica, con i bambini delusissimi per il forzato accorciamento della vacanza, anche se di soli tre giorni e io costretta ad un'immobilità forzata.
Come uscirne?
Pensai subito a mio fratello, sempre pronto ad aiutarmi e protettivo nei miei confronti. Si sentiva sempre di dover svolgere il ruolo del fratello maggiore e devo dire che spesso, mi è stato veramente utile e di conforto.
Venne a prendere me e i bambini, caricandoci sul suo fuoristrada. In macchina, mentre ritornavamo a casa, mi venne da pensare a Jacopo. Non l'avevo più rivisto dal momento in cui mi aveva lasciato al pronto soccorso e, nel caos di quegli istanti, non avevo neanche fatto in tempo a salutarlo e soprattutto a ringraziarlo.
Era stato veramente gentile e mi spiaceva molto non poterlo rintracciare, visto che di lui conoscevo solo il nome e non avevo assolutamente altro, né il telefono, né l'indirizzo, né il cognome.
Arrivammo a destinazione e fui subito ricoverata. I bambini, scossi e dispiaciuti dell'incidente capitato alla loro mamma, rimasero, anche se a malincuore, a casa degli zii che se ne presero cura. Dovetti rimanere molto tempo in ospedale, perché, dopo l'intervento era previsto un periodo di rieducazione da fare in ricovero. Fu molto doloroso, ma con grande forza di volontà affrontai tutto, sollevata dalla presenza e dall'affetto dei miei stupendi bambini che non vedevano l'ora di vedermi a casa con loro.
"Bentornata mammina!" Un enorme cartello scritto e disegnato dai miei piccoli, adorati monelli faceva bella mostra di sé all'ingresso di casa mia. Finalmente era arrivato il giorno del mio ritorno e fui commossa dall'accoglienza che mi fecero tutti, bambini, parenti e amici. C'era anche Mirko, che mi aspettava abbracciato ai bambini e con un gran sorriso.
- Ciao Debora, mi disse, sfiorandomi con un bacio
- Ciao, gli risposi, un po' titubante, anche perché non mi aspettavo di vederlo e la sua presenza aveva ancora il potere di emozionarmi, per lo meno, di darmi delle sensazioni che non mi erano ben chiare. Lo avevo amato molto, ero stata tremendamente delusa da lui e ora non sapevo più cosa provavo per lui. Non riuscivo a odiarlo, mi ero imposta di non pensarci più per non soffrire e di concentrarmi sul lavoro e sui bambini e portare avanti il mio ménage nel miglior modo possibile. Sapevo di essere sola, che tutto dipendeva da me, ma ero certa, anche se mi ritrovavo senza un marito, di avere comunque una famiglia e che stava a me proteggerla e mantenerla viva e vitale.
I bambini erano felici di avere il padre accanto a sé, giocavano con il computer organizzando gare di tutti i tipi e verso sera, erano ancora là tutti e tre intenti a ridere e scherzare rumorosamente.
Al momento di andarsene Mirko venne da me e mi guardò con una strana espressione.
- Debora, volevo dirti una cosa...cominciò a dire non senza imbarazzo
- Dimmi, gli risposi e l'ansia mi aveva già assalito, ma non volevo
assolutamente che se ne accorgesse.
Mirko proseguì:
- Volevo dirti che la mia storia è già finita, sono solo e devo confessarti che sono molto pentito, mi piacerebbe che tu mi lasciassi riprovare, dopotutto ci volevamo bene e ora so che te ne voglio ancora...ma non so se per te è la stessa cosa.
Rimasi colpita da queste parole. Riaprivano una ferita che avevo faticato tanto a chiudere e rimettevano in discussione l'equilibrio faticosamente raggiunto. Ero preda di emozioni contraddittorie che mi creavano ansia e confusione. Non sapevo cosa dire, sentivo le lacrime agli occhi, ma non volevo piangere, da tempo avevo deciso di non farlo più, ero stata costretta a indurirmi, a farmi una corazza per non cadere nella disperazione e nello sconforto.
- Ma come fai a dire una cosa del genere, mi ritrovai a dire, con voce
concitata e rossa in volto. Dopo un anno, quando io, bene o male, ho tirato avanti riuscendo a conquistare un po' di equilibrio e di serenità arrivi qui e vorresti che tutto ricominciasse come prima, come se nulla fosse successo, come se tu non te ne fossi andato lasciando da un giorno all'altro i tuoi figli e tua moglie...ma ti rendi conto?
- Hai ragione Debora, comunque ti chiedo solo questo: pensaci, poi mi farai sapere.
Se ne andò baciando affettuosamente me e i bambini, e quando mi ritrovai in casa con i miei bambini mi assalì un grande senso di solitudine e tristezza. Mi mancava Mirko, ma era di sicurezza che avevo bisogno e in quel momento la sentivo tremendamente minacciata...
Decisi di non prendere decisioni affrettate, di meditare con calma su questo cambiamento di situazione e intanto ripresi la mia vita di prima. Ricominciai a lavorare, tornando all'insegnamento e ai miei allievi che mi accolsero con entusiasmo. Erano dei cari ragazzi, a volte un po' indisciplinati, ma molto, molto affettuosi e intelligenti.
- Prof, finalmente è tornata, è stata lunga la vacanza!
- Prof, il supplente era severissimo, non ci faceva neanche fare l'intervallo...
- Prof, lo sa che c'è un nuovo insegnante di Italiano?
Quante domande, quante notizie continuavano a darmi, erano eccitati e contenti.
In effetti, era vero, c'era un nuovo insegnante di Italiano che sostituiva il precedente, trasferito per motivi familiari. Lo conobbi il giorno dopo in aula professori. Si avvicinò mentre stavo sorseggiando un caffè.
- Sono il nuovo professore di Italiano, cominciò a dire, guardandomi negli occhi e fermandosi subito con un'espressione meravigliata. Anch'io mi ritrovai a guardarlo con attenzione, certa di averlo già visto
- Ci conosciamo per caso?Dissi subito
- Ho l'impressione di sì, mi rispose ridendo. Come va il suo ginocchio?
Allora mi ricordai. Gli sci, la caduta, il pronto soccorso...
- Come è possibile? Dissi divertita, riconoscendo immediatamente
Jacopo. Mi sono chiesta tante volte dove fosse finito dato che non sono neanche riuscita a ringraziarla...
- Il più bel ringraziamento è trovarla qua, disse sottovoce e con un dolcissimo sorriso, e poi ci davamo del tu, mi sembra!

Fui molto felice di fare quest'incontro. Adoro le vie "traverse" del destino, gli imprevisti e le sorprese. Jacopo era una persona che mi dava allegria, mi comunicava fiducia e averlo accanto, nelle ore di lavoro era per me molto gradevole.
Ogni giorno prendevamo il caffè insieme, mi faceva ridere con le sue battute, aveva una parola buona per tutti, era sempre pronto a venirmi incontro in qualunque momento e la sua presenza divenne, col tempo, una dolce abitudine.
Naturale fu quindi cominciare a frequentarci anche fuori dalla scuola. Noi due soli o con amici, andavamo spesso fuori a mangiare, a teatro, a qualche mostra. Una volta lo invitai anche a casa per un aperitivo e presentargli i bambini fu una cosa naturale e molto simpatica. I ragazzi furono deliziosi con lui, lo intrattennero subito con i loro giochi elettronici, coinvolgendolo, anche se Jacopo di queste cose se ne intendeva poco. La sua disponibilità era tale però che non si rifiutava di seguirli, anzi li stimolava a spiegargli tutto quello che non sapeva in modo da essere un buon compagno di gioco.
Una sera ricevetti un magnifico mazzo di rose rosse. Lessi il biglietto e rimasi senza parole:
- Alla donna che ha cambiato la mia vita, c'era scritto e la firma era di
Jacopo. Rimasi per un attimo immobile, colpita da quella frase, ma anche piacevolmente sorpresa. Jacopo non mi era indifferente, la sua presenza mi dava gioia e sicurezza.
Lo chiamai al telefono e lo ringraziai, facendogli capire che mi aveva commosso e che anche lui non mi era indifferente. Fu così che iniziò la nostra storia, in modo semplice e spontaneo, come erano i nostri caratteri e come volevamo iniziasse il nostro rapporto.
Passarono alcuni mesi e il mio legame con Jacopo si rafforzava sempre più. Il pensiero di Mirko però, continuava ad assillarmi. Non avevo ancora preso in considerazione la sua proposta, non sapevo cosa fare e adesso, da quando ero con Jacopo, meno che mai. Da una parte sapevo che non lo amavo più, che mi aveva fatto troppo soffrire e che quindi non volevo e non potevo riprenderlo. Ma quello che mi faceva soffrire era che così facendo mi sentivo io la colpevole, quella che toglieva il padre ai propri figli, che distruggeva la famiglia...una cosa assurda, ma era proprio così, ora ero io che dovevo decidere e questa decisione mi faceva soffrire, era una decisione straziante da prendere, soprattutto ora.
Non volevo parlarne con Jacopo, temevo di deluderlo, avrebbe subito pensato che mettevo in discussione il nostro amore, non avrebbe capito il mio tormento...poi un giorno tutto mi fu chiaro.
Capii che la cosa migliore da fare era seguire il proprio cuore, che non si possono fare delle scelte solo razionali, che prima poi potrebbero rivelarsi dannose perché i sentimenti esistono e non si possono nascondere.
Era il giorno del compleanno di Jacopo. Avevo intenzione di uscire con lui alla sera per festeggiarlo e poco prima di uscire i mei monelli mi si presentarono con aria furbetta dicendomi:
- Mamma, esci con Jacopo vero?
- Sì, risposi un po' sorpresa, perché?
- Digli di salire un attimo, vogliamo salutarlo.
Anche se meravigliata, feci quello che mi chiedevano.
Appena Iacopo fu sulla porta Marco e Matteo si presentarono con aria furbetta. Marco, con le mani dietro la schiena nascondeva chiaramente qualcosa. Si fecero avanti con un piccolo salto e Marco consegnò a Jacopo un pacchetto dicendo, insieme al fratello:
- Auguri!
Jacopo rimase sorpreso e, lo notai subito, anche commosso.
- Ma grazie, disse, non me l'aspettavo proprio, resto senza parole...
- Non credere, è un regalo anche per noi, visto che è un giochino elettronico che faremo insieme, così non potrai sparire...
- Ma io ci sarò sempre, rispose Jacopo guardandomi e sorridendo.
Le sue parole fecero felici i ragazzi, almeno così mi era parso e a me diedero una piacevole sensazione di serenità e sicurezza.
Uscii con Jacopo e fu una stupenda serata. Mi ricoprì di attenzioni e, poco prima di riaccompagnarmi a casa mi disse, guardandomi dolcemente:
- Debora, è un po' che voglio dirtelo. Io con te sto veramente bene, quando non sei con me sento un gran vuoto e devo riconoscere a questo punto che sono innamorato di te e vorrei che tu stessi sempre con me. Hai due bambini adorabili e, se sei d'accordo, potremmo, in
un certo senso ricostruire una famiglia...sempre che tu sia
d'accordo.
- Ma, non so Jacopo...cominciai a dire.
Mi interruppe subito.
- No Debora, non dirmi niente adesso, pensaci, so che non è una decisione facile da prendere e voglio che tu faccia la scelta giusta. Quando sarai sicura, mi dirai cosa ne pensi.
Mi salutò con un bacio e rientrai in casa felice, ma in preda a un'agitazione tremenda.
Ora erano due le risposte che dovevo dare: a Mirko e a Jacopo. Entrambi mi volevano, dovevo scegliere con chi stare. Mirko aveva il vantaggio di essere il padre naturale dei miei bambini, ma non lo amavo. Di Jacopo ero innamorata, ma non era il padre dei miei bambini anche se con loro aveva un rapporto delizioso e lo amavano e stimavano molto.
Non ci misi molto a decidere.
Il giorno dopo presi il telefono:
- Jacopo, ho già deciso. Anch'io ti amo e volersi bene è la cosa più importante. Tutto il resto verrà da sé. Ho già detto a Mirko che non si può tornare indietro nel tempo. Certe cose lasciano il segno e avrebbero sicuramente creato tra noi un muro invalicabile. Voglio restare con te, non voglio perderti per nessuna ragione al mondo.
Il gran silenzio che si creò al di là del telefono mi fece capire con quanta gioia e commozione Jacopo aveva ascoltato le mie parole.

   
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