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 Lusy e il concorso per gatti
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Gabriella Cuscinà
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Lusy ed il concorso per gatti


A
veva sempre amato tantissimo i gatti. Sin da piccola, li inseguiva, li accarezzava e se poteva, li tormentava e stava a lungo ad osservarli.
Lusy era ormai una signora d’una certa età, ma aveva conservato intatta la sua grande passione per questi animali. Era alta e slanciata, non più esile come quando era ragazza, ma rivelava ancora un personale piacente ed elegante.
Quello che aveva di particolare, era l’incarnato bianchissimo, tipico di tutte le persone, come lei, dai capelli rossi. Capelli che portava, di consueto, corti e riccioluti.
I suoi occhi avevano il colore della camomilla ed erano vivaci e luminosi.
Il carattere era dei più vulcanici. Sempre allegra e giocherellona, sapeva essere un’amica affettuosa e sincera. Disponibile fino all’inverosimile, si era presa non poche fregature, nella vita, proprio per questa sua eccessiva generosità.
Il marito era un signore piuttosto schivo, ma, a modo suo, sempre pronto all’umorismo ed alle battute salaci. Magrissimo, era di un’altezza non indifferente.
E, difatti, avevano generato insieme, due bellissimi figlioli che sembravano dei veri e propri giganti.
Pochi gli amici, e quasi sempre gli stessi. Persone che conoscevano da lunghissima data, come per esempio, Mara e suo marito Adalberto.
Nel passato, Lusy aveva posseduto qualche gatto, ma quello che aveva adesso, era la sua gioia ed il suo grande orgoglio. Glielo avevano regalato proprio i suddetti signori, che ne erano stati i padroni prima di lei. In realtà, un figliolo di questi si era rivelato allergico al pelo dei gatti, e dunque lo avevano dovuto dare via.
Nella nuova casa, Paco, questo era il nome del felino in questione, era stato accolto con grande felicità di tutti i componenti della famiglia. Era ancora un piccolo gatto, quando aveva cambiato domicilio, dunque si era ormai affezionato definitivamente a tutti loro. Pareva una palletta di pelo grigio chiaro, con due occhi gialli e magnetici.
Un rappresentante della razza davvero magnifico. Grande, soffice, sornione, buonissimo e giocherellone come la padrona. Paco riceveva sempre i complimenti di tutti coloro che lo conoscevano, poiché era fra i migliori gatti, tra i più belli e appariscenti che mai si fossero visti in città.
Quando Mara lo rivedeva, lo rimpiangeva, e solo l’amore per suo figlio non la faceva pentire della cessione che era stata costretta a fare. Però si capiva ugualmente che provava rabbia per la privazione forzata. Guardava il gatto, lo contemplava, e pativa in silenzio. Adalberto era perfettamente conscio di tutto ciò, ma anche lui taceva e faceva finta di niente.
Paco saltellava per tutta la casa. Nonostante la sua mole enorme, era agilissimo, silenzioso, e tendeva a scomparire. In un appartamento di normali dimensioni, era capace di non farsi trovare per ore intere, acquattato ora qua, ora là, nei posti più inattesi ed impensabili.
“Sai alla fine dove l’ho trovato?” diceva talora Lusy, “l’ho trovato sul mobile della cucina”; oppure: “Mascalzone! Sai dov’era? Sotto l’armadio della stanza dei ragazzi.”
Era un modo per giocare, per attrarre l’attenzione dei padroni su di sé.
Al mattino li andava a svegliare, poi si disponeva felicemente sul letto matrimoniale, e continuava a riscaldare i piedi degli occupanti.
Quando il marito restava a casa, da solo, a dormire in santa pace, Paco dormiva pure; gli faceva compagnia, stando sdraiato beato accanto al padrone.
Assumeva per altro gli atteggiamenti più strani, le pose maggiormente buffe e, insomma, le posizioni più belle che un gatto possa inventarsi.
Era proprio un esemplare raro, di quelli che ne nascono uno su mille.
“Se ci fosse un concorso per gatti, certamente Paco lo vincerebbe!” affermava talora Lusy.
Il caso volle che ci fosse veramente un concorso nella sua città. Era stato bandito dalla televisione locale più nota. E quello che risultava allettante, era che, in palio, erano stati messi trenta milioni per il vincitore.
Si sarebbe svolto il mese successivo e s’invitavano i partecipanti a presentare la domanda corredata di tutti i requisiti necessari. Ci volevano i dati del proprietario ed una scheda recante tutte le indicazioni sul gatto: pedigree, razza, taglia, colore, prerogative, etc., etc.
Fu come se la padrona non avesse aspettato altro da lungo tempo. Difatti, non appena lesse del concorso, venne presa come da una specie di frenesia. Si precipitò alla redazione del giornale, volle sapere tutto con la più assoluta precisione, esasperando, tra l’altro, il suo interlocutore. Preparò la domanda, compilò la scheda e spedì il tutto in men che non si dica.
Quando venne a sapere della partecipazione al concorso, Mara non poté fare a meno di pensare che, a parte il piacere di un’eventuale vittoria, l’amica ci avrebbe guadagnato pure!
“Uffa!” sbuffava “Ecco, con il mio gatto! No, cioè, con il mio ex gatto!”
Fra la comitiva degli amici, già se ne parlava animatamente. Le battute e gli scherzi salaci erano continui. Giancarlo, il più buontempone di tutti, assicurava che Lusy ed il gatto avrebbero sfilato sculettando entrambi. Fernando, a sua volta, affermava che avrebbero sfilato al concorso per matti. Il marito, tra il serio ed il faceto, asseriva che la moglie, maniaca, avrebbe speso i trenta milioni in regalini, giochini, cibo e prodotti di bellezza per il gatto. Insomma, la cosa era divenuta motivo di ludibrio e divertimento. Tutti, manco a dirlo, sarebbero stati presenti alla sfilata e avrebbero assistito al concorso, facendo il tifo per Paco.
Così arrivò il tanto atteso giorno!
Il nostro gattino, o meglio gattone, era all’apice del suo splendore!
Lusy lo aveva condotto, per cinque volte in un mese, al solito salone di bellezza per animali. Colà, chiunque conosceva Paco, la sua fama era divenuta illimitata! Sapevano che avrebbe partecipato alla gara, ed il suo veterinario più volte aveva esclamato, strapazzandolo amorevolmente:
“Ehi gatto! Il vincitore non puoi essere che tu, mi raccomando!”
Per il giorno fatidico, il nostro eroe era agghindato in maniera superba!
Portava un completino alla marinara che gli fasciava il pancino e le terga, ed aveva sulla testolina un berrettino da vero marinaio.
Magnifico! Paco era davvero sorprendente!
Chi lo guardava, restava incantato: “Che bello! Che bel gatto!”
Lui era compiaciuto di se stesso e, ora come non mai, s’era sentito al centro dell’attenzione.
Il concorso si sarebbe svolto nella sede della TV locale. Tantissimi sponsor di prodotti per gatti lo patrocinavano.
Un enorme salone era adibito a luogo per la sfilata.
Al centro, ci sarebbero stati tutti i partecipanti e attorno erano disposte le sedie per il pubblico.
Gli amici ed il marito di Lusy furono tra i primi ad arrivare, a parte, naturalmente, i concorrenti. Si volevano assicurare le migliori postazioni per meglio assaporare la vittoria di Paco.
Tra tutti, uno solo aveva un’espressione un po’ strana: Adalberto.
Guardandolo attentamente, si capiva che aveva qualcosa in mente. Progettava, infatti, di giocare uno scherzo bizzarro ai danni della povera Lusy.
Senza neanche comunicarlo a Mara, aveva ideato di fare scomparire improvvisamente il migliore esemplare del concorso!
Ci volevano però l’occasione ed il momento propizio.
Le persone ormai erano tutte sedute e qualcuno era rimasto pure in piedi. L’afflusso in vero, era stato superiore alle attese degli organizzatori. Il brusio era enorme. Le telecamere pronte per le riprese, mancava solo che i presentatori entrassero in campo.
Vi erano molti gatti che avrebbero partecipato, e tutti si rivelavano belli e particolari. Svariate le razze, molteplici le dimensioni, variopinti i colori, erano tutti degni d’attenzione e di complimenti. Uno voleva sempre scappare e lo avrebbe fatto, se il padrone non lo avesse trattenuto saldamente. Un altro, tutto bianco, pareva una nuvola di pelo. Un altro ancora, nerissimo e lucido il manto, faceva le fusa ed era placido e sereno. C’era poi una specie di tigre che tirava fuori di continuo gli artigli. Tra tutti spiccava Paco, e si faceva notare per le sue dimensioni, per il pelo sofficissimo e dal colore perlaceo. L’espressione era dolcissima, gli occhietti vispi e brillanti, la coda lunghissima ed arrotolata all’insù. Con certezza, era il gatto più bello. L’unico che gli potesse contendere il titolo era il gatto bianco.
Arrivarono i presentatori ed ebbe inizio la sfilata.
Applausi a non finire! I vari sostenitori erano già organizzati. Chi più, chi meno, tutti tifavano per i propri beniamini.
Ad uno ad uno, cominciarono a sfilare i gatti, tenuti a guinzaglio dai loro padroni.
Paco venne chiamato per quarto, e suscitò un clamore concorde ed unanime.
Giancarlo gridava: “Viva Pachino! Sei buono come il vino!”
Fernando applaudiva e diceva: “Vai Paco! Sei uno schianto!”
Il gatto protagonista, e causa di cotanti schiamazzi, come se avesse capito che i complimenti erano rivolti a lui, sfilava ancheggiando più del solito, accompagnato da Lusy, che invece, stranamente, era un tantino imbarazzata.
Sfilarono tutti; poi, tra un’altra serie d’applausi, sfilarono una seconda volta.
A questo punto, s’insediò la giuria e ci fu un intervallo. I giurati erano quasi tutti veterinari o comunque esperti d’animali.
Il pubblico si alzò e cominciarono i commenti, le chiacchiere ed i pettegolezzi:
“Ma lo sapete che il gatto della Viviani ha dodici anni?”
“Ma va! A me pareva che n’avesse trenta! Ah, ah, ah.”
“Ho saputo che il gatto bianco è un maschio castrato, ecco perché è così grosso!”
“Facevano meglio a fare castrare il suo padrone!”
“A me, più di tutti piace il gatto chiamato Paco; però mi piace pure la sua padrona.”
Le battute di tal guisa erano innumerevoli. La gente rimaneva allegramente ad attendere, o consumando un caffè, o salutando un vecchio amico.
Lusy, in preda ad una certa agitazione e concitazione, avvertì la necessità d’andare in bagno. Senza avvisare alcuno, lasciò Paco legato ad una sedia, e andò alla ricerca dei servizi. Seppe che si trovavano al piano inferiore, perciò s’avviò da quella parte.
Era l’occasione propizia che Adalberto aspettava.
Si avvicinò al gatto, e nessuno gli prestò attenzione. Slegò il guinzaglio e portò via Paco, senza che nessuno vi facesse caso.
La bestia in questione, era la rappresentanza della placidità e si fece condurre via tranquillamente.
L’autore del furto andò fuori, raggiunse la sua auto e vi depositò Paco. Poi ritornò dentro come se nulla fosse.
Dopo un pò, Maddalena, un’intima amica di Lusy, cominciò a cercare il gatto e la padrona. Naturalmente non trovò nessuno.
Iniziarono le ricerche: “Scusate, ma dov’è Paco? E Lusy dove è andata?”
“Era qui un minuto fa; sarà a prendere il caffè.”
Silva, un’altra amica, si mise pure alla ricerca: “Avete visto Lusy?”
“No, dov’è?”
“Avete visto Paco?”
“No, sarà con Lusy che circola.”
Un amico cominciò a ridere: “Ah, ah, ah, sono scomparsi il vincitore e la vincitrice!”
Tutti si slanciarono alla caccia: “Ma dove sono? Ah, ah, ah, si saranno nascosti per non fare la brutta figura di perdere!”
Dei due neppure l’ombra!
Nel frattempo, Lusy era rimasta bloccata nel bagno. La serratura s’era incantata e non riusciva più ad aprire la porta. In un primo tempo, cercò di aprirla in mille modi, poi, stranamente, fu presa dal panico, anche perché quel luogo era angusto e privo di aperture. Non entrava aria da nessuna parte e la poverina si sentiva soffocare.
Provò a bussare fortemente contro la porta: “Aprite! Sono qui! Aprite!”
Nessuno la poteva udire, poiché era da sola in quel piano.
Le urla cominciarono ad essere più convulse: “ Aiuto! Aprite questa porta! Apriteeee!”
Il bussare si tramutò in uno sferrare pugni alla porta! Pugni e calci. Calci e pugni!
Iniziò a sentirsi male, l’attacco di panico ormai l’attanagliava definitivamente!
Pensò a suo marito, ai figlioli. Li avrebbe mai più rivisti?
Sudori freddi l’avvolgevano! Il cuore batteva che pareva impazzito!
In questo frangente, gli amici dissero al marito che non si trovava più Lusy e, con lei, neppure il gatto.
Alla notizia, questi, dopo una piccolissima pausa, rispose di avvertirlo non appena fosse stato ….. ritrovato il gatto! ….. mentre un impercettibile lampo di perversa gioia sembrò attraversare il suo sguardo!
In tutto questo, Adalberto, visto che il caos che n’era venuto fuori andava oltre le sue previsioni, pensò bene d’andare a riprendere Paco. E così fece.
Intanto, nel luogo di clausura, Lusy era ormai allo stremo delle forze!
S’era addossata ad un angolo, ed aveva stretto le braccia al seno, impaurita, esausta!
Poi aveva cominciato a piangere con gemiti sempre più sommessi, tanto che, una signora che si recava al bagno, forse condizionata dalle circostanze, scambiò quei gemiti per dei miagolii.
Pensando che si trattasse del gatto scomparso, cominciò ad urlare: “Il gatto! Il gatto! E’ qua, è qua!”
Lusy dal canto suo, udendo la salvatrice, riprese ad urlare come un’ossessa! Tempestava di pugni e calci la porta, urlava e tempestava, insomma, s’era riavuta del tutto.
Richiamati dalle grida, giunsero in drappello tutti gli amici. Pareva fosse arrivata la fine del mondo e cominciato il giorno del Giudizio Universale, tale era la baraonda che si era creata nel bagno!
Aprirono la porta e, come uno shuttle lanciato da Cape Canaveral, la prigioniera venne fuori della sua angusta cella!
Era pallida come un foglio di carta igienica intonso!
Povera la nostra Lusy! Una cosa del genere non le era mai capitata!
Si gettò tra le braccia del marito e ancora tremava come una tenera fogliolina!
Tornarono tutti di sopra.
“Scusa Lusy, ma Paco dov’è?”
“L’ho lasciato attaccato ad una sedia.”
“Veramente non c’è da nessuna parte!”
“Come non c’è! Non c’èeeeeee? Ma se l’ho lasciato legato a quella sedia!” La quale sedia in questione appariva più vuota di Hiroshima dopo l’esplosione nucleare!
Di lì a poco, Adalberto con Paco al guinzaglio, fecero ingresso nel salone.
Lusy si precipitò verso di lui come un’Erinni perseguitata dalle Furie!
“Ahhhhh! Ahhhhh! Scimunito! Deficiente! L’hai tu il mio gatto!” E gli strappò la bestia prendendola in braccio.
L’amico restò male per questa reazione, e, un po’ alterato, le tolse Paco.
“Se permetti, prima, questo gatto era mio!”
“Coooosa! Prego ora Paco è mio!” E si riprese l’oggetto del contendere.
“E’ tuo se usi le buone maniere! Altrimenti è mio!” Il gatto fu nuovamente tra le sue mani e pareva una palla da baseball con l’espressione di Gatto Silvestro!
“Certo! Ora ti piacerebbe che fosse tuo, magari per vincere i trenta milioni!”
“Io! Io! Me ne infischio io! Sei tu che ci tieni a questi milioni! Tieniti il tuo Paco!” E glielo diede.
“No, no. Puoi tenertelo!”
“Il gatto è tuo, tienitelo!”
“Se lo rivuoi, riprenditelo!”
L’altalena continuava e la sceneggiata era divenuta divertentissima.
Gli amici ridevano, e cercavano d’intervenire, dicendo ognuno la propria facezia.
Intanto, all’altoparlante, stavano annunciando che il vincitore era il gatto bianco.
Applausi, urla, risate, festeggiamenti.
Lusy ed Adalberto si bloccarono. Ascoltarono, con un’espressione del viso tra l’incredulo e l’attonito, si guardarono e, rendendosi conto di ciò che stavano facendo, scoppiarono a ridere a crepapelle.
Dopo, s’abbracciarono, lasciando cadere a terra la bestia.
Paco mosse qualche passetto, poi, si voltò a guardare quei due.
Tutti avrebbero giurato che il gatto, improvvisamente, avesse assunto un’espressione quasi umana, che pareva significare: “Ma guarda st’imbecilli!”

FINE

Gabriella Cuscinà

   
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