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renato.
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Inserito - 27/01/2003 :  15:22:44  Mostra Profilo  Visita la Homepage di renato. Invia un Messaggio Privato a renato.
perdersi ogni tanto è piacevole, ha il fascino del mistero trovarsi in un luogo sconosciuto e vivere l’avventura di scoprirlo. A questo pensavo forse per giustificare a me stesso che avevo perduto la rotta, in quel momento prorpio non avevo idea di dove mi trovassi. Continuavo imperterrito nella presunta direzione tenendo sotto controllo la bussola, prima o poi sarebbe arrivato in vista il fiume, quel sottile filo argentato ben riconoscibile che confrontandolo sulla carta geografica mi avrebbe fatto capire dov’ero. La mia mente era come una scimmia impazzita, saltava da un pensiero all’altro, da un ricordo del passato a un ricordo futuro apparentemente senza logica ma era tutto raccordato dai sottili fili dell’analogia. Tutto era nato anni orsono quando un caro aimico mi regalò un libro “Niente Per Caso di R. Bach”. Che sia vero che tutto accade per un preciso motivo? Anche gli incidenti? anche le cose che vanno storte? Sarebbe più comodo incolpare qualcun altro o prendersela con un Dio cattivo che ci vuole così male, ma credo sia proprio questo Dio che osservandoci in continuazione dice: “Bene! stai facendo progressi, ora è il momento di apprendere qualcosa di nuovo” e ci regala un nuovo problema da risolvere. Niente per caso eh? Allora non è per caso che mi sia perso in questo cielo. Il mio aeroplanetto sembrava ignaro di tutto questo, continuava felicemente a rombare e a volare.
Io volevo volare, da piccolo sognavo di diventare astronauta e ricordo che scrissi a Babbo Natale in pieno giugno scusandomi per il fuori programma ma io avevo urgente bisogno di un missile e ogni mattino appena mi alzavo scendevo di corsa in cortile per vedere se il desiderio era stato esaudito. Poi con il passare del tempo Babbo Natale mi piantò in asso e portò via con la sua slitta anche il mio missile. A questo punto mi sarei accontentato anche di un aereo ma i militari non mi volevano, all’aviazione civile se non eri la personificazione della perfezione fisica non c’erano possibilità. Un aereo! un semplice monoposto! non mi interessa che voli tanto alto, magari che si alzi solo 5 metri da terra e poi mi faccia scendere. questi erano più facili da trovare ma ahime! che costi! che spese! Così mi scusai con il piccolino che era rimasto imprigionato dentro, per non aver saputo realizzare il suo grande desiderio e nascosi il sogno in un baule in soffitta fino al giorno in cui, dopo che lessi quel libro rgalatomi, mi trovai per lavoro in una sala d’attesa di un’azienda, sfogliando “casualmente” una rivista vidi una foto a tutta pagina di un aereo ultraleggero con sotto l’articolo: “il volo alla portata di tutti”. Perdiana! pensai, questo è il mezzo con il quale potrò finalmente incontrare il mio maestro, quello scrittore che aveva in brevissimo tempo catturato la mia anima. Ora eccomi qui, caduto dentro un suo libro a ripercorrere sentieri che lui stesso aveva tracciato per me perchè un domani li potesi trovare.
Tornai in me, basta pensare a vanvera, ora devi capire dove ti trovi altrimenti son guai, lo sai no? Certo certo stai calmo mi dissi, possiamo essere solo in qualche punto all’interno di quest’area, tra 10 minuti al massimo troveremo il nostro fiume. Poi buttai un’occhio sotto di me e giù in fondo, 300 metri più in basso, c’erano due velivoli parcheggiati ai bordi di un praticello verdissimo, due biplani, uno giallo e l’altro bianco e oro. Non ci pensai due volte, tolsi manetta e con il motore al minimo scesi spiralando verso il campo, atterrai e mi accostai a quei velivoli. spensi il motore e venni preso alla sprovvista dal silenzio assordante di quel luogo. Strano, non si voltarono nemmeno, sembrava non si fossero accorti di me feci un cenno di saluto ma i loro sguardi erano oltre, proprio non mi vedevano, cercai di accarezzare un’ala di quello bianco e oro, era un biplano del 1929, con sorpresa vidi la mia mano passarci attraverso come se tutto fosse un’illusione, uno scherzo dei miei occhi, però potevo sentire i loro discorsi, non parlavano di volo ma di cose misteriose che non comprendevo mentre mangiucchiavano qualche cosa cotto in uno sconquassato tegame. Si alzarono e decisero di decollare verso nuove destinazioni, il pilota con i capelli lunghi neri nell’alzarsi perse dalla tasca del giubbotto di pilota stile anni 20 un libriccino che io raccolsi prontamente e cercai di darglielo, nonstante i tentativi continuavano a non vederemi, per loro ero una specie di fantasma, il libro però mi rimase in mano, sembrava l’unica cosa reale che ci fosse in quel luogo. Misero in moto e li guardai decollare tentando per l’ultima volta di farmi notare sventolando il libro, per un attimo mi sembrò che il biplano giallo si accorgesse di me salutandomi con il battito delle ali tipico del saluto dei piloti, ma fu tutto qui. Rimasi solo con il libro in mano, aveva un titolo dal significato oscuro: “illusioni - manuale per anime proggredite”. Mi ripromisi di leggerlo la sera stessa e decollai a mia volta, trovai il fiume, la mia destinazione e tornai alla base che il sole stava quasi tramontando, era stato un bellissimo volo. Misi il mio piccolo principe in hangar e me ne andai fischiettando. La sera dopo cena avrei letto quel piccolo libro.
Molte cose scoprii da quel manuale, alcune le sapevo e ne ebbi la conferma eltre erano una novità ma il succo era questo:
non importa quale sia la direzione, puoi volare ovunque, l’importante è conoscere la tua meta, più lontana è, maggiori dovranno essere i riferimenti che confermano di essere nella giusta direzione, poco importa se ogni tanto ci si perde se si ha fiducia nella meta, se si riesce a credere nella sua esistenza pur senza vederla prima o poi ci si ritrova. Un’altra cosa è importante: decollare solo quando la luce è sufficiente per riconoscere i punti di riferimento, ovvero, come dice una saggia regola aeronautica: volare dall’alba al tramonto.

   
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