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 Majistre
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riccardo resconi
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Inserito - 11/02/2018 :  18:43:58  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a riccardo resconi
Majistre

Quando varcai la soglia dell’ufficio, non sapevo ancora mi sarebbe potuto accadere da lì a poco
Da poco laureato, avevo avuto poche esperienze nel mio ambito
Tutte piccole cose
L’ufficio era nella palazzina anni 50 in Piazza Magni a Milano
Gli esperti la indicano come la più riconosciuta sede Ministeriale della Conservazione del Patrimonio Artistico del nostro paese e della Salvaguardia delle Tradizioni
Dopo circa un’ora di colloquio, mi ritrovai nel corridoio ancora incredulo
Con un plico di carte nella mano destra ed un viso fiero dell’incarico assegnato
Avevo il treno la mattina dopo, alle cinque
Destinazione: Corigliano Calabro
L’appuntamento era con la dirigente Attinà Concetta, alle ore 14 circa
Nel viaggio, girai e rigirai le carte
La nota diceva in sintesi: L’incarico a lei assegnato è atto a riconoscere il ruolo di suddette Majistre e renderlo noto, in modo da valorizzarne l’operato, il suo valore artistico e culturale
Verrà inoltre accompagnato dalla Cooperativa, che la affiancherà nel lavoro
Ora, lasciamo perdere il burocratese, ma la cosa che mi turbava e nel contempo spaventava, era che non avevo neanche la minima idea di cosa potessero essere delle Majistre
Si, il senso lo avevo compreso, ma chi mi sarei ritrovate di fronte proprio no
Dopo circa nove ore di viaggio e due cambi, arrivai alla stazione
Poca gente e dell’ombra della dirigente nessuna
Sentii una brusca frenata pochi istanti dopo
E la signora Attinà si delineò, di corsa, con la fronte sudata e i tacchi appuntiti delle sue scarpe rosse
Ci presentammo e salimmo in macchina
Da buon milanese mi ero mangiato un tramezzino, come se dovessi ottimizzare i tempi, certo che mi sarei trattenuto poco a Corigliano
Ma lei insistette e mi semi trascinò nella Trattoria A’ Livella
Qui fui letteralmente investito dalla ospitalità e da profumi davvero invitanti
Parlammo per ore, come se ci conoscessimo da sempre
Stavo cercando di vincere la mia timidezza in quel periodo
Ma con la signora Concetta non ne ebbi proprio bisogno
Ci demmo a poco a poco del tu e due note di servizio sull’indomani
Alle sette in punto sveglio e sbarbato, scesi a fare colazione
Ed anche qui la tavola imbandita, aveva su ogni ben di Dio
Volevo, prima di incontrarmi alle nove con la dirigente, fare un giro nel paese
Lo trovai ancora semi addormentato e non mi sembrava vero, rispetto ai ritmi di una Milano incalzante
Ne trovai giovamento e mi rilassai molto, godendo di un centro storico molto carino e ben tenuto
Arrivai con alcuni minuti di ritardo all’appuntamento, ma sembra che nessuno se ne fosse accorto
Anche li la mia parte nordica mi faceva sentire in colpa
La signora Concetta mi venne incontro con passo da alpino, deciso e fiero
Mi strinse la mano e mi prese sotto braccio, facendomi imbarazzare non poco
Ma era evidente la sua trasparenza, che la seguii senza fiatare
Una volta dentro conobbi anche due donne della Cooperativa
Qui ebbi, ancora oggi lo penso, la fortuna di poter assistere ad uno spettacolo forse unico nel suo genere
La premessa mi fu fatta per poter subito comprendere la cosa
La Cooperativa aveva negli anni, recuperato vecchi telai per la tessitura
Un’arte che risaliva ancora alla Magna Grecia
E fino agli anni 60^, molte famiglie ne possedevano uno
IL tempo aveva lentamente disperso il tutto
E le giovani, anche di oggi, non avevano recuperato dalle loro madri il mestiere
Le stesse donne della Cooperativa, avevano anche fatto una ricerca su chi fosse ancora di quelle donne, in grado di poter far ripartire un progetto
Ardito ma altrettanto affascinante
E ne trovarono due
Le stesse che quando mi videro, non mi dissero nulla, ma leggendo i loro occhi, avrei capito a breve
Mi fecero accomodare
E la prima pedalata nella parte bassa del telaio, avviò il tutto
Come aver acceso una cinepresa che stava per trasmettere un film
Fin lì forse una normalità, ma un certo punto, prima una e poi l’altra donna iniziarono ad intonare una nenia
Una cantilena antica che pensai fosse un accompagnamento al lavoro, come la storia ci insegna
Ma non avevo colto, se non la piacevole melodia, il senso di quella arte nascosta
La signora Concetta mi si avvicinò e sussurrandomi all’orecchio mi disse:
-Un ordine matematico-
-Non capisco, cosa intende-
-Si, un ordine matematico. Tutta questa cantilena nasconde un ben preciso ordine matematico.
Guarda, nel telaio ci sono 1800 fili di ordito che bisogna far passare nei “licci” in un ordine ben preciso.
Queste donne non avevano studiato lettura né scrittura. Ed avevano costituito queste programmazioni matematiche attraverso il canto, in modo che il passaggio dei fili fosse esattamente là dove si voleva-
Ero stupefatto
La maestria di quelle donne era unica, la loro manualità unica nel genere
Il progetto intendeva proporre Il loro tessuto alla vendita
Lo avevano chiamato “Cangiari”, che in dialetto significa cambiare
E mai nome fu più propizio
Quando mi alzai per lasciare la stanza, gli occhi anziani e profondi delle due donne incontrarono di nuovo i miei
Accompagnati da un sorriso questa volta, che faceva intendere che avessi compreso
La signora Concetta mi diede un abbraccio che mi fece mancare il fiato, subito dopo ad avermi accompagnato al treno, con una promessa strappatami di poter rivedere quei luoghi meravigliosi
In treno ero ancora frastornato
La ruralità mista alla matematica
Incredibile
A metà percorso aprii la pratica
Un freddo “APPROVATO” chiuse la fine di una pratica
Ma nel cuor mio sono certo, che non fosse altro che l’inizio di una grande avventura


(patapump )

   
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