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 Sueño de mayo
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Roberto Mahlab
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Inserito - 03/01/2002 :  20:35:40  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
Le mie dita stanno scorrendo sulla tastiera del pianoforte con la stessa leggerezza delle braccia e delle gambe al corso di flamenco, non sapevo esattamente che cosa mi avesse spinto ad iscrivermi e alla prima lezione mi ero sentito osservato, ero andato in tenuta da ginnastica mentre le flamenchiste vestivano lunghe gonne nere e portavano i piedi fasciati da nere scarpe con il tacco. Pensavo sorridendo che se lei fosse stata patita di uncinetto l'avrei seguita, dopo il gesto improvviso e all'apparenza inconscio del ramo di gelsomino che le avevo porto. L'insegnante mi guardava curiosa e mi chiese la ragione della mia presenza li' e intanto il chitarrista ritmava un si bemolle e poi un do e poi un sol minore e poi un la. Mi sentii buffo e non risposi, in fondo sapevo che due occhi neri mi avrebbero rincuorato quando, invece di battere il tacco destro dolorosamente sulla punta del piede sinistro, avrei alzato il braccio sinistro per spostarlo a forma di "D" nella tasca destra dopo aver colto una inesistente rosa dal parquet in legno.....


Siviglia, primavera del 1492

"Con questo editto, gli ebrei dovranno abbandonare la Spagna e i suoi possedimenti senza portare via alcuna ricchezza". L'inquisizione era all'apice, autodafe' in ogni piazza, ma come spesso accade le vite delle singole persone viaggiano su strade parallele a quelle dei grandi avvenimenti della Storia. L'uomo veniva dalla Mesopotamia, era un mercante ebreo, nel califfato gli ebrei erano rispettati, proprio come nella fiorente Spagna di pochi anni prima.
Era convinto che gli avvenimenti non lo avrebbero sfiorato, era uno straniero, la sua nave era carica di tessuti che gli acquirenti di Siviglia gli avevano ordinato per cucire le colorate vesti da rivendere ai danzatori e alle danzatrici dell'Andalusia. Agli angoli della strada del mercato uomini, donne e bambini dallo sguardo sperduto si avvicinavano al porto, seguiti da gruppi schernenti e sprezzanti. Nell'aria un suono ritmico di pandero, il tamburello suonato dalle donne ebree. La donna smise di battere il ritmo quando lo vide, i selvaggi occhi neri e lo sguardo fiero :"Vieni attraversiamo il mercato, ho voglia di danzare", lui senti' di non desiderare di opporre resistenza e la segui' tra le bancarelle, un vecchio rabbino li osservava allontanarsi pensoso, ma non li fermo'. Si era fatta sera e lei lo prese sottobraccio e l'uomo senti' che tutto era sereno dentro e fuori e si sorprese a pensare di non voler piu' trovare l'uscita di quel luogo per tornare ad attraversare le tempeste del suo amato mare.

L'ingresso della locanda era nascosto da una bancarella di fiori, l'uomo getto' una manciata di monete in cambio di un ramo di un gelsomino che porse alla donna e lei annuso' i bianchi petali socchiudendo le nerissime ciglia. Gli fece segno di tacere mentre lo guidava attraverso l'uscio senza farsi scorgere dagli uomini dalle lunghe vesti nere e dagli occhi spiritati e assetati di morte che scrutavano la via. Lei accese una candela e comparve seduto ad un bancone un giovane suonatore di liuto che pizzicava le corde dello strumento facendole vivere di quattro accordi ritmati, profondamente tristi ma che davano una voglia insopprimibile di danzare con gioiosa esaltazione, la donna prese tra le sue le mani del mercante e gli mostro' il movimento dei piedi, due colpi di pianta, ancora due e ancora due e un tacco e un forte colpo e due colpi di planta y taco y golpe e le braccia che si muovevano in armonia. Trascorse la notte e lei gli chiese chi fosse e lui rispose che il suo nome significava al suo paese "succo di nocciolo di ciliegia nera" e lei gli disse che il suo nome invece significava il duro metallo, tagliente e fiero come il suo carattere.


2 agosto 1492, nono giorno del mese di Av del calendario ebraico

"Suona" disse il rabbino alla donna e lei riprese a battere il tamburello, come era incarico delle donne del suo popolo per accompagnare la diaspora, l'esilio. "Perche' suonate?" Urlo' sgraziatamente dall'angolo di una strada un uomo dall'abito scuro e dallo sguardo di morte "perche' sempre nel vostro tragico cammino suonate come se foste allegri ad una festa?".
"Potete portarci via tutte le nostre ricchezze e anche le nostre vite" rispose il sussurro stanco del vecchio rabbino, le sue spalle piegate come da secoli di fatica di vivere :"ma il canto e la melodia che sono nei nostri cuori non potete derubarli e li tramanderemo finche' in uno solo di noi esistera' il respiro".

E quel 2 agosto, il 9 del mese ebraico di Av, nello stesso giorno in cui tre navi salpavano dal porto di Palos per scoprire un nuovo mondo e in cui due volte nei secoli passati il Tempio di Gerusalemme venne distrutto e il popolo di Israele cacciato dalla sua Terra, prima ad opera degli assiri e poi dei romani, un tamburello, un liuto e quattro accordi e una voce intonarono una cantiga, un canto d'amore che accompagnava la luce che i cuori di quella lunga fila di esseri umani regalavano al mondo in cambio dell'odio a cui erano sottoposti.....


"Quando il gelsomino fiorira' ancora
e i capelli ti saranno cresciuti fino alle spalle
quel giorno tu ascolterai di nuovo nell'aria
il profumo di me
e lo seguirai
e il tuo metallo avra' il sapore
del succo di nocciolo di ciliegia nera
e quel giorno di maggio
da una collina sereni
osserveremo l'aria tersa
abbracciati come nel sogno..."

Sueño de mayo, sogno di maggio, la cantiga, la canzone ebraico spagnola che narra che il mercante e la donna non riuscirono a fuggire insieme e che si cercarono in ogni generazione per l'eternita', al porto la confusione era al culmine, duecentomila esseri umani uscivano in quei giorni dal paese e tanti e tanti altri che si piegavano alla conversione forzata, ma che nella loro musica tramandarono la voce del loro popolo per tutte le terre. Dal suo veliero che riprendeva la rotta verso le sabbie dell'Oriente il mercante scrutava le altre navi per trovarvi un volto mentre la donna, uscita dalla colonna in marcia verso il confine, da uno strapiombo sulla costa spingeva il suo sguardo verso il mare per poter cogliere ancora una volta il sorriso dell'uomo. E il popolo Sefarad, Spagna in ebraico, si sparpaglio' verso il Portogallo, la Sicilia, il nordafrica, l'impero ottomano, l'Olanda, il Belgio, l'Inghilterra, l'America, fino nelle terre dell'est dell'Europa ad incontrare l'altra meta' della sua gente.


Tra le dune del deserto della Mesopotamia e il Mediterraneo

Il pianoforte sfumava e lasciava il posto ad un organo, cosi' si chiamava il tavolo del creatore di profumi, assomigliava ad una tastiera d'organo infatti per come vi erano posizionate tutte attorno le boccettine dal tappo nero colme di essenze, centinaia, come tante tastiere sistemate su piani distinti e a scaletta, il "pianista"....l'alchimista... mescolava negli alambicchi le essenze e l'immagine svaniva e si sovrapponeva a quella del pianoforte, la musica dai quattro accordi ritmati ma con gocce di oriente, il vento del deserto trasporto' l'ultima essenza versata nell'alambicco, le dune si spostarono, l'immagine si avvicino' alle rive del Mediterraneo, sulla spiaggia al tramonto una donna di spalle, dai capelli neri, fissava con sguardo assorto e lontano il mare, i suoi occhi scuri si specchiavano nelle basse onde schiumose che si rincorrevano da lontano per riunirsi a pochi metri dalla riva...lei si volto' verso il vento del deserto e sorrise come ad un ricordo, ma un sorriso triste, alzo' la mano sinistra verso quel soffio e mentre la musica mediterranea diventava dolcissima, porto' il polso verso il volto e odoro' il profumo portato dal vento...il profumo di gelsomino si diresse verso i recettori della sua mente, cosi' come lo zucchero entra direttamente nel sangue... e i suoi occhi si riempirono di una nostalgia malinconica ma nello stesso tempo ironica, mentre l'immagine di lei in riva al mare e del pianista si avvicinavano, con le dune del deserto che facevano barriera in mezzo a loro che si aprivano...

Poche sere orsono mi ritrovai da solo tra venti flamenchiste e mi nascosi fuori dalla sala del flamenco, entrai solamente dopo che l'insegnante comparve e inizio' la lezione. E mentre mi pareva di tentare disperatamente di slegare le braccia che mi ero annodato facendo del mio meglio per imitare quello che era una specie di pas de deux, l'insegnante mi si avvicino' e mi sussurro' sorridendo incoraggiante con amorevolissima tristezza :"bravo davvero" e non si riferiva solo al mio tentativo di imitare Nureyev quando giocava a tennis, pareva avere la vista profonda e vedere quel ritmo nel mio sangue, come era nel sangue di una donna dagli occhi neri che quella sera non c'era ma che avevo seguito e infine ci eravamo di nuovo incontrati, senza sapere il perche', ma sentivamo quel profumo, quel canto, perche' dovevamo ritrovare chi avevamo perduto, gli stessi accordi per ritrovare la pace dell'animo.

Roberto Mahlab




   
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