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emofione
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Inserito - 14/10/2004 :  10:37:34  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a emofione
“Chiudi a chiave la porta, mi fai un poco pena
Un ceffone sul viso, a letto senza cena
Quel rossetto a tuo padre non è andato giù
E ti bruciano ancora quelle cinque dita
Mentre asciughi gli occhi, ma non sei pentita
Babbo me la paghi, domani scappo via”

Ho spento la luce da pochi minuti e ho acceso, come mi capita spesso, la sfera del cervello fatta di inconscio, istinto, irrazionalità.
Il piumone elargisce sufficiente calore, il vento che sibila rimbalzando sui vetri della veranda ed all’interno dell’intera soffitta mi piace e nello stesso momento mi infastidisce. Finisce poi per cullarmi tuttavia.
Eccomi dunque piombato nei primi minuti della nuova lunghissima indecifrabile veglia, avverto gli scossoni del mio corpo teso come fossi appeso a stento ad un esile ponte di legno che quel vento fa oscillare di continuo, e che sembra poter franare da un attimo all’altro.
Al mio fianco nessuno stanotte, dovrei cominciare ad abituarmi ad un’assenza che mi ferirà ma che da sempre considero “naturale”. Così va il mondo, lo so bene, è finito il tempo in cui riuscivo ancora a sognare ad occhi aperti.
Non funzionerà, e non troverò nessuno ad accarezzarmi, come invece mi capita spesso attualmente e per mia somma gioia, a stringermi con forza nel momento del brusco risveglio, del sudore freddo, dell’aritmia di un cuore ancora abbastanza giovane ma qualche volta un po’ ballerino.
Ho fatto tanti progetti, anzi forse un solo grande piano. Che prevede di “darsi una calmata”, di rifugiarsi nella quiete di quattro accoglienti mura non distanti da un banale quanto comodo posto di lavoro, a sua volta vicino, in linea d’aria, alle abitazioni dei familiari e degli amici più cari.
Questo sì, può funzionare forse, a patto che si rinunci a vivere di sogni. Ma c’è bisogno di qualcuno che ci creda insieme a me, anzi che mi aiuti a crederci quando sono smanioso, quando voglio scrivere, cantare, scappare, andare e tornare, ciò che capita ancora fin troppo di frequente.
Perché altrimenti la soluzione è una sola: cambiare, cambiare, partire, partire, di nuovo, di nuovo, ma senza più voltarsi indietro, questa volta.
Lo so che potrei convincerti a credere in questa favola, non sarebbe affatto difficile in questo momento.
Solo che non sarebbe giusto, né per te né per me.
Non tanto per quell’incolmabile divario d’età, per quanto magari tu non sappia neanche di essere una sorta di ragazza di campagna, ma perché, anche se ci credessimo, verrebbe il giorno in cui ci accorgeremmo di aver follemente rinunciato, nel tuo caso, a vivere esperienze irripetibili ed inderogabili, nel mio a metter su qualcosa di altrettanto importante e difficile da posporre.
E non ce lo perdoneremmo più. Mai più.

“Ti avvicini allo specchio, sfili via la gonna
Mica male le gambe, sembri già una donna
Un bottone, poi l’altro e la camicia et voilà vola sopra il comò
E le scarpe più o meno la stessa fine
Quelle calze pian piano, come hai visto al cine
Poi ti alzi in piedi e quel che avevi non l’hai più…”

Il tuo seno è già cresciuto, su questo non ci piove.
Dunque è inutile che tu guardi in giù; ma è terribilmente difficile anche riuscire a vedere avanti, te ne stai rendendo conto?
Eppure la passione palpita all’interno di questa soffitta, travolgendola a volte e spazzando via, a tratti, il crudele incedere del tempo, come se riuscisse a frenarlo almeno per un po’.

E allora il dilemma si fa più complesso, finendo per corrodere tutto ciò che si trova intorno:
prendere il coraggio direttamente per gli attributi e violentarsi affermando di dover procedere da solo, almeno fino a quando qualcosa non cambierà, o continuare a vivere un’esperienza densa di significati e di crescita reciproca (perché quando ti confronti con qualcuno che è molto diverso da te volente o nolente modifichi alcune delle tue concezioni, le plasmi a immagine e somiglianza di quel preciso contesto, se vogliamo, per crederci e per crederti) pur essendo cosciente che ogni giorno corrisponde ad un ulteriore sospiro profondo che dovrai porre in essere quando scoccherà l’ora X in cui Lei, o meglio uno dei due, “avrà capito”, “avrà visto” e “si sentirà di dover sperimentare una nuova fase”?

Ai posteri non c’ho mai creduto, anzi mi son sempre stati un po’ indigesti, come i peperoni: il momento da vivere, quello in cui reagire, decidere, fare, è adesso.
Ora.
Subito.
Vediamo allora...

“E chi sai chi hai creduto, fosse nel solaio
Se già dormi o ridi, cosa fai nel buio
Zitta con tuo padre, se no succede un guaio”


   
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