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falug
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Inserito - 12/01/2004 :  20:05:26  Mostra Profilo  Visita la Homepage di falug Invia un Messaggio Privato a falug
Ormai erano due settimane che lo rincorrevo, quel volto, apparsomi d’improvviso sul sudicio manifesto attaccato alla porta del saloon.
Al vederlo ero stato percorso da una scarica elettrica, squassato come da un vuoto d’aria in cielo chiaro: era stata la materializzazione di un corpo astrale fino ad allora presente solo nei miei pensieri, nelle mie brame più profonde, nelle trame più audaci dei miei ricorrenti sogni notturni.
Da troppo tempo vivevo una vita irrealizzata, condizionata dalla tragedia che aveva travolto, in pochi, brevi ma implacabili minuti, la mia quieta infanzia nel ranch paterno.
In quei pochi attimi i banditi, arrivati a viso scoperto, certo da lontano, avevano afferrato i soldi che erano in casa e, senza remore né pietà, avevano ucciso mio padre che accorreva dai campi.
Poi s’erano dileguati, nascosti dalla polvere rossa sollevata dai cavalli.
Da allora ero cambiato.
I loro volti erano rimasti stampati nella mia mente; i miei pensieri ed un sogno, ossessivamente ripetuto erano trucemente colorati dal sangue della vendetta, che costruivo dettaglio su dettaglio: come li avrei inseguiti, scoperti, guardati negli occhi, e poi come, lentamente, molto lentamente, con sei pallottole ciascuno, li avrei inchiodati sul terreno secco della strada.
Così ero cresciuto, senza arte né parte, chiuso in me stesso, senza amici, senza donne amate davvero, senza futuro, accompagnato solo dai miei sogni irrealizzati.
Ora, da due settimane, di città in città, inseguivo la traccia dei manifesti in cui il volto stampato sembrava chiamarmi e dirmi: sono io la persona che cerchi, trovami se sei capace, devastami il cuore se ne sei all’altezza e se ne hai il coraggio.
Avvicinandomi a Tucson mi sembrava di vedere quel volto disegnarsi nell’aria fine, di sentirne il richiamo nel sibilo del vento freddo che scendeva dalle colline.
Andai diritto verso il saloon; anche lì c’era il solito manifesto, attaccato di fresco.
Scendendo da cavallo sentii battere forte il cuore e mille pensieri turbinare nel cervello: sarei stato capace di avvicinarmi, di dire le parole giuste, fare i gesti appropriati in quell’unica occasione che mi si presentava per dare finalmente una svolta alla mia vita inconcludente, di realizzare uno dei sogni che da sempre mi tenevano compagnia nelle lunghe notti travagliate da improvvisi risvegli?
Entrai.
Era là, in fondo alla sala, vicino al pianista.
Più bella che nei manifesti che avevo inseguito, più incantevole della donna che avevo conosciuto e conquistato nell’unico sogno bello che sognavo e che ora forse poteva avverarsi, se solo avessi trovato le parole giuste.
Attraversai la sala lentamente, guardandola negli occhi; lei, sorpresa, smise di cantare.
Non so più le parole che dissi, ma erano certo quelle giuste.
Ora lei canta le ninnananna ai nostri figli.
La mia vita è cambiata, un’altra volta.
Dio voglia che sia per sempre.

   
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