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 L'insoddisfazione
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redazione_cds
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Inserito - 30/08/2003 :  21:16:21  Mostra Profilo  Visita la Homepage di redazione_cds Invia un Messaggio Privato a redazione_cds
L'erba del vicino? sempre migliore!!

E’ il motto degli scontenti cronici: occhi bassi, espressione vacua, sorriso spento, oppure intraprendenti, sempre pronti ai cambiamenti: negli studi,. in amore, sul posto di lavoro.
Il male è lo stesso: insoddisfazione, una sorta di incapacità di trarre piacere da ciò che si possiede, anche se ciò che si ha è, obiettivamente, abbastanza.
In maggior parte gli insoddisfatti di oggi si chiudono i loro stessi e, con aria scontenta e lamentosa, passano il loro tempo fantasticando su qualcosa che non possono avere. Ad ogni modo non tutti reagiscono allo stesso modo.
L’insoddisfazione può anche essere considerata stimolante, può incentivare chi ne soffre a non fermarsi mai, a lanciarsi in sfide sempre nuove, a prefiggersi obiettivi sempre più lontani, salvo poi, abbandonarli una volta raggiunti.
Insomma, dietro ad un espressione apatica di uno studente annoiato o dietro l’irrequietezza di un latin lover senza inibizioni puo nascondersi lo stesso male: l’insoddisfazione. Una malattia contagiosa, diffusa ed estremamente moderna.
Moderna si, assolutamente odierna.

Fino a sessant’anni fa con ogni probabilità le persone non avevano il tempo per deprimersi: ci si preoccupava di mettere insieme il pranzo con la cena, e l’avere un paio di calze da regalare ai bambini a Natale era gia una gran soddisfazione. In effetti anche noi quando siamo presi da problemi urgenti accantoniamo i capricci.
Un tempo i bambini non avevano giochi, riempivano i loro pomeriggi stimolando la fantasia ed eliminando così l’assillante “mancanza di cose”.
Cosa è cambiato da allora?
Innanzi tutto il benessere: viviamo in una società competitiva, dove lo “star bene” dilaga ed avere il panettone a Natale non è più significativo, anzi, appare scontato. Ed è appunto questo felice dilagante benessere ad averci portato a sognare modelli di vita sempre più abbienti, sempre più ricchi, sempre più irraggiungibili.
Basti pensare ai tanti amati telefilm o soap-opere, come Tytans o la popolarissima serie televisiva Beautiful, dove tutto è giovane, perfetto, vincente e ci appare incredibilmente felice.
Paragonando a questi modelli, il più delle volte irreali ed irraggiungibili, la nostra vita quotidiana, ci sentiamo inferiori. In situazioni del genere o sei a capo di una grande azienda o ci sarà sempre qualcuno più in alto di te.
L’insoddisfazione è un fenomeno in aumento soprattutto nella nostra nazione. Dopo anni di miseria le aspettative per il futuro sono alte, altissime e non si concretizzano più nei regali a Natale: si sogna la crociera e un benessere ancora più accentuato. E forse solo quando questo sarà consolidato andremo di nuovo in cerca degli affetti.
Ogni cosa, per essere ritrovata, deve andare prima perduta.
Ed allora alimentata l’insoddisfazione, ingigantiscila fino a quando sarai insoddisfatto di ogni cosa, del lavoro, della famiglia, della ricerca di denaro, prestigio e potere, di modo che ricomincerai di nuovo a pensare, a scoprire. Quando avrai figli da mantenere, il mutuo da pagare vedrai che la fiamma dell’insoddisfazione comincerà a languire. E che quando sarai assalito da quella vocina che ti ripete “che vita vuota hai....” cercherai riparo accendendo la radio, uscendo di casa, iscrivendoti ad un’associazione sportiva. Questo perché l’insoddisfazione molte volte è alla base della creatività e quando lo sperimenterai capirai che fra il lamentarsi e lo star male c’è differenza.
In meridione, ad esempio, ci si lamenta di più rispetto al nord. Se però frughiamo fra statistiche il tasso di suicidi e di disagio giovanile si rivela più alto al settentrione.
Essere scontenti, come vedi, è molto diverso dallo stare male.
Non esistono medicine per capirlo: anche i medici hanno limiti.
Per vivere pienamente si dovresti allora ritrovare la capacità di farti compagnia, di amarti e di volerti bene. C’è chi fa notare che il boom
della new-age, l’esaltazione del pensiero positivo, della ricerca di se stessi, della meditazione sul proprio mondo, sono tutt’altro che casuali.
Ad ogni modo è possibile uscire dal circolo vizioso “la felicità è sempre un gradino più in alto” anche facendo piccoli passi. Basta un educazione giusta, che non prepari semplicemente al lavoro o al successo ma che insegni anche ad amarsi, assicurandoci un maggiore spazio per pensare, per riflettere e perché no, per rilassarci, uscendo magari un oretta prima dall’ufficio.

Ambra Colacicco.


   
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