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 Ciao Pino
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lori
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Inserito - 11/06/2003 :  22:55:56  Mostra Profilo  Visita la Homepage di lori Invia un Messaggio Privato a lori
Ho conosciuto Pino che era già in pensione. Un uomo alto e asciutto ancora giovane con il corpo solido di chi ha sempre fatto lavori pesanti. Aveva folti capelli bianchi che spiccavano nel viso colorito dal sole e segnato da una fitta rete di venuzze. Curava il giardino intorno a casa dove aveva degli immensi vasi di ortensie che ho sempre invidiato senza riuscire a carpire il segreto di una fioritura così florida. Ogni estate accatastava in uno spiazzo vicino casa una grande quantità di legna da ardere. Anche la catasta di legna era da ammirare, come le ortensie. Ogni ceppo si intersecava con il vicino in un incastro perfetto. Man di mano che passava l’inverno la catasta diminuiva per ritornare perfetta l’estate successiva, preceduta da una settimana di rumoroso lavoro con la sega elettrica. Un’estate la catasta si è fermata. Sapevo che Pino si era ammalato. Lo vedevo in giro sempre affaccendato in piccoli lavoretti intorno casa, ma i familiari gli avevano vietato di andare al bosco per tagliare la legna.
Il suo fisico giovanile non era più asciutto e vigoroso, si andava assottigliando e incurvando verso terra. Lo sguardo era diventato più triste e spento e le rughe del viso si erano trasformate in una grande piega sulle guance. Ci incontriamo spesso, allora le labbra si aprono in sorriso ma gli occhi restano tristi. Le venuzze della couperose ora spiccano sfacciate sul viso pallido.
Da circa un mese lo osservo dalla mia finestra. Non sta più intorno casa. Un suo parente ha comprato un terreno confinante con la mia casa e lui ci ha fatto un orto. Un rettangolo di terra piena di erbacce si è guadagnato la dignità di orto. Lo hanno aiutato a dissodare la terra poi non ci ho visto altri che Pino. Dalla mia finestra riesco a riconoscere i pomodori, sono diventati alti e li sta sostenendo con delle canne. C’è una striscia di cipolle e delle piante basse, forse zucchine o peperoni. Ogni verdura nella sua striscia regolamentare, un lavoro di precisione come quello della catasta di legna. Stamani stava annaffiando, un cappello di paglia in testa a proteggerlo da questa prematura estate. Con una mano si sosteneva alle canne dei pomodori, un passo, una pianta. Con l’altra teneva il secchio dell’acqua e ogni tanto si chinava lentamente per annaffiare. Sul bordo dell’orto c’è una cisterna. Il secchio si svuota troppo velocemente e canna dopo canna deve riempirlo. Perché Pino non usi una gomma? Più volte ho temuto che cadesse, invece ha terminato il lavoro ed ora osserva immobile il suo orto.
Il suo stomaco, dove la gramigna ha messo radici, non sopporterà le cipolle e forse nemmeno i pomodori. Forse Pino si accontenterà di cogliere quei pomodori, di sentirli caldi di sole e lisci nelle sue mani. Di strappare le cipolle per poi scrollare la terra dalle minuscole radici, sbattendole sui pantaloni. E le sue narici si riempiranno dell’odore delle cipolle appena colte e la sua bocca dell’acquolina che sgorga al pensiero di un cibo gustoso. Ancora è vita.


1 giugno 2003


   
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