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Renato Attolini
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Inserito - 05/02/2014 :  12:44:38  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Renato Attolini Invia un Messaggio Privato a Renato Attolini
Thailandia – Località Patong – 26 Dicembre 2004 ore 7.45 a.m.

“Buongiorno dormiglione! Ci vogliamo svegliare?”
La voce di Emanuela, calda e suadente, entrò dolcemente nelle orecchie di Stefano che, abbracciato a un cuscino, reagì con un grugnito cercando di allontanare la ragazza, col chiaro intento di continuare nel suo sonno profondo.
“Buongiorno e Buon Onomastico.” Insistette.
A quelle parole aprì un occhio e le lanciò uno sguardo interrogativo.
“Oggi è Santo Stefano! Non ti ricordi? In Italia non lo festeggiavi?”
Uno sbadiglio prolungato simile al ruggito di un leone fu la risposta.
“Mai. Già l’onomastico in sé non è una ricorrenza di quelle importanti e poi subito dopo Natale non viene in mente a nessuno di farti gli auguri.”.
“A me sì come vedi. Comunque cosa ti è sembrato trascorrere il Natale in questo paese esotico, senza freddo e neve?”.
Stefano ormai sveglio quasi del tutto si tirò su dal letto, dove aveva passato una notte di passione con la splendida fanciulla.
“Bellissimo! E non dimenticare anche senza code ai supermercati, abbuffate di cibo, tombole in famiglia e quant’altro. Una sensazione fantastica, grazie anche alla tua presenza, ovviamente.”.
Si chinò per darle un bacio corrisposto immediatamente.
I due giovani si erano conosciuti sulla spiaggia del lussuosissimo ‘Resort’ 5 stelle, entrambi single, entrambi italiani, lei una brillante sociologa, lui un affermato professionista nel campo della Finanza si erano abbandonati l’uno fra le braccia dell’altro, consapevoli che la loro storia sarebbe potuto durare l’arco di una vacanza o chissà magari no, ma al momento non si ponevano domande. ‘Carpe diem’, vivi l’attimo, senza che lo avessero detto quello sembrava il loro motto, la loro filosofia di vita, C’era un accordo non dichiarato ma sottinteso.
“Che programmi hai per oggi?” chiese la ragazza.
“Una giornata molto impegnata!” scherzò “Dopo colazione, un tuffo in piscina, poi una partita a tennis. A seguire un’immersione al largo, pranzo, riposino pomeridiano molto breve perché la vacanza va sfruttata al massimo e poi un po’ di palestra e prolungata rifinitura dell’abbronzatura in spiaggia. Cena, discoteca e rendez-vous con un’affascinante sociologa in camera.
Che te ne pare?”
“Per l’ultima parte bisogna vedere se la signora in questione è d’accordo.” Scherzò a sua volta.
“Dal grado di soddisfazione espresso questa notte, non ho dubbi in proposito.”
“Cafone e presuntuoso!” gli rispose ridendo. “Io invece volevo proporti di fare un giro nel paese, nella parte vecchia fuori dagli itinerari turistici, per vedere come vive la gente parlare con loro, sapere com’è fatto il mondo fuori da queste oasi.”
“Ma sei matta? Ma neanche per sogno! In quei posti c’è una miseria che neanche t’immagini. Baracche piene di straccioni che magari ti saltano addosso per chiederti l’elemosina. Non ci tengo proprio. A cosa ti serve poi? Uno stage gratuito di Sociologia?”
Emanuela alzò le spalle e non diede peso al suo sarcasmo.
“Semplice curiosità. Lasciami dire però che sono strabiliata dalla sensibilità che mostra l’ambiente dell’Alta Finanza.”.
Terminate le schermaglie, si prepararono a uscire dalla stanza ma prima come facevano spesso, andarono alla finestra ad ammirare il consueto scenario mozzafiato: palme, sabbia bianchissima, mare azzurro e trasparente.
“Non è un sogno?” disse lui.
“Si lo è, in effetti. Sembra un paradiso.” Rispose lei trasognata.
“Guarda anche quelle nuvole come sono….”s’interruppe e il suo tono diventò improvvisamente allarmato.
“C’è qualcosa di strano, di molto strano.”
La ragazza pensò all’inizio che stesse scherzando, ma si rese subito conto che non era così.
“Che cosa sta succedendo? Mi stai facendo paura!”
“Guarda quell’onda gigantesca…. E’ PAZZESCO…QUELLE BARCHE STANNO SALTANDO IN ARIA COME BIRILLI.”
Prima che la ragazza potesse dire qualcosa, d’istinto la afferrò per mano e la trascinò fuori dalla camera.
“CORRI, CORRI PIU’ CHE PUOI!” Le urlò.
Non percorsero che poche decine di metri quando si sentirono travolgere e separare da una montagna d’acqua che stava distruggendo ogni cosa che incontrava.
Stefano perse di vista Emanuela e fece appena in tempo a entrare in una casa chiudendo a fatica dietro di sé una porta che un secondo dopo fu divelta dalla furia del mare che riempì in men che non si dica tutta l’abitazione. Vide un pilastro di sostegno e con tutta la forza che potesse metterci, gli si aggrappò. La pratica acquisita come subacqueo gli offrì un aiuto determinante: in apnea cominciò ad arrampicarsi, sia pure con uno sforzo sovrumano, e qui entrò in gioco l’allenamento sportivo al quale si dedicava con costanza, fino a mettere fuori la testa in uno spazio ristretto fra il margine dell’acqua e il soffitto.
Non seppe mai di preciso quanto tempo rimase in quella posizione in attesa che le acque defluissero. Dopodiché si accasciò per terra e perse i sensi.
Quando rinvenne, si sentì con le ossa a pezzi come se fosse stato investito da un rullo compressore, Uscì da quella casa e rimase terrorizzato da quello che stava vedendo: morte e distruzione ovunque. Camminando ma soprattutto incespicando come uno zombie vagò per le strade invase dal fango, scavalcando detriti e cadaveri fino a quando si accorse, di essere completamente nudo: i pochi indumenti che aveva addosso erano stati spazzati via dalla violenza delle onde. Sembrava però che nessuno gli facesse caso: i sopravvissuti avevano ben altro per la testa che sorprendersi per un uomo senza vestiti. Ciononostante un piccolo fremito di pudore lo percorse e afferrando uno straccio a caso tentò di coprirsi.
Anche in questa circostanza perse la cognizione del tempo e di dove si trovava. Dopo molte ore che si trascinava in giro cercando un aiuto, parlando una lingua che nessuno comprendeva, si ritrovò in una zona lontana dalla spiaggia e che anche se era stata colpita dal cataclisma, pareva in condizioni migliori. Si guardò in giro e vide case molto povere dalle quali gente dimessa lo stava osservando.
<In quei posti c’è una miseria che neanche t’immagini. Baracche piene di straccioni che magari ti saltano addosso per chiederti l’elemosina.>.
Le parole che aveva detto a Emanuela, non ricordava quando, forse in un’altra dimensione, gli tornarono in mente.
Una donna gli si avvicinò e sorridendogli lo prese per un braccio e con un cenno della testa gli fece capire di andare con lei mentre un uomo, sull’uscio di una baracca, gli faceva segno con le mani di avvicinarsi e di entrare. Dentro c’erano dei giacigli per terra e due bambini che lo aiutarono a sdraiarsi. Si fece guidare senza proferire parola alcuna e uno di loro, una bambina che poteva avere al massimo dieci anni, gli porse una ciotola di riso e un bicchiere d’acqua. Si accorse di avere fame e sete e divorò tutto in pochi secondi.
“Grazie, grazie.” Riuscì a dire e gli occupanti della casupola lo guardarono sorridendo e assentendo col capo. Poco dopo crollò stremato.
Quando si svegliò, fece per alzarsi ma la donna lo costrinse gentilmente ma fermamente a sdraiarsi nuovamente. Prese un contenitore di vetro, intinse i polpastrelli e cominciò a massaggiarlo delicatamente sulla fronte e sulle tempie. Era un unguento oleoso ma profumato e Stefano avvertì una sensazione di dolcissimo benessere. Si riaddormentò immediatamente.
Fu svegliato da un frastuono di voci che proveniva dalla strada.
Si alzò con un po’ di fatica e corse a vedere cosa stava succedendo.
I suoi soccorritori insieme con altra gente del villaggio, stavano richiamando l’attenzione di alcune ambulanze che passavano e, gridando, facevano segno verso di lui.
Una di queste si avvicinò e degli infermieri scesero per prenderlo in consegna ma lui prima di salire con un cenno della mano chiese loro di aspettare un attimo e poi si rivolse alla famiglia che tanto amorevolmente lo aveva accudito, cercando di farsi capire.
“Io Stefano” disse puntando un dito prima verso di sé poi su di loro. “E voi?”
Gli venne in mente la scena fra Tarzan e Jane.
Rispose la donna indicando se stessa:
“Anchali” poi indicò suo marito e i suoi figli:
“Fa’Iq, Ma’Awiya, Gaagii.”
Ma’Awiya era la bambina, mentre Gaagii era il bimbo che doveva avere tre anni.
“Grazie, non vi dimenticherò mai.” Disse commosso.
Risposero sorridendo e inchinandosi.
Fu immediatamente portato in un ospedale, dove erano ricoverati centinaia di sopravvissuti al disastro e gli furono prodigate tutte le cure necessarie, anche se, per sua grande fortuna, non aveva riportato lesioni gravi.
Un giorno ricevette una visita inaspettata e molto gradita: Emanuela.
“Sono anch’io ricoverata qui. Quando ho saputo che c’era un turista italiano ho sperato fossi tu. Sono felice di vederti sano e salvo.”
Si abbracciarono in preda ad una forte emozione. L’ultima volta che si erano visti erano in una lussuosa stanza di un albergo dal quale si ammirava un panorama fantastico. Adesso si trovavano in una camera d’ospedale dalla quale si osservava fuori uno scenario desolante.
Erano passati pochi giorni ma sembravano decenni.
Una volta ristabiliti l’Ambasciata Italiana diede tutto il supporto possibile affinché fossero rimpatriati al più presto.
All’aeroporto di Phuket si salutarono affettuosamente con la promessa di rivedersi quanto prima in Italia. I due voli diversi li portarono a destinazione.


Thailandia – Località Patong – Dicembre 2013.

Per il nono anno consecutivo nel periodo natalizio, Stefano arrivò nella cittadina Thailandese.
Era un appuntamento al quale non avrebbe mai rinunciato per nulla al mondo.
Al suo fianco una bella ragazza: non era Emanuela.
Tornati in Italia, si erano tenuti in contatto per qualche tempo, seppure vivessero in due città diverse, si erano anche rivisti ma da persone intelligenti capirono che la tragedia che li aveva sfiorati sarebbe sempre rimasta fra loro e che non avrebbero più potuto riallacciare quella spensierata relazione che li aveva uniti. Ogni tanto un sms, una email, una telefonata a Natale ma nulla di più. Erano profondamente cambiati ma soprattutto lo era Stefano.
Quel ragazzo spavaldo, frivolo e cinico indifferente al suo prossimo aveva lasciato spazio a un uomo maturo, sensibile e generoso.
Ritornato in patria, si era messo in contatto con delle associazioni che aiutavano le popolazioni colpite dallo tsunami e grazie a loro, aveva rintracciato la famiglia che l’aveva accudito. Non si limitò a mandare aiuti in denaro e quant’altro ma ogni anno in ricorrenza di quell’evento si recava a trovarli. Stavolta si era fatto accompagnare da Silvana, la sua compagna, conosciuta proprio in uno di questi gruppi di volontariato.
Ma’Awiya fu la prima a corrergli incontro abbracciandolo e salutandolo.
Non solo era diventata una splendida ragazza ma grazie agli aiuti economici di Stefano, era colta, istruita e parlava perfettamente l’Inglese.
“Diventi ogni volta più bella.” Le disse Stefano in quella lingua, felice di vederla.
“E tu sempre più adulatore.” Scherzò e rivolse un sorriso cordiale a Silvana. Le due donne si presentarono baciandosi sulle guance.
Entrarono in casa, che era pur sempre modesta ma alla quale erano state apportate delle migliorie. Il resto della famiglia fece loro una gran festa.
Più tardi s’incamminarono verso la spiaggia. Stefano voleva rivedere quei luoghi, per ricordare.
“Perché ti tormenti ancora?” gli disse amorevolmente Ma’Awiya.
“Perché quelle scene le rivedo ancora tutte le notti e perché mi hanno cambiato.” Poi prese la mano della ragazza e le disse affettuosamente.
“Io vorrei fare di più, mi sembra ancora poco-”.
“Tu fai e hai fatto tantissimo. Se non fosse stato per te io, non avrei potuto studiare e garantirmi un futuro. Se non fosse stato per te, vivremmo ancora nella più assoluta povertà. Quanta gente è partita da qui promettendo aiuti che non sono mai arrivati? Quanta gente si è subito dimenticata di noi? Tu no. Non angustiarti, sei stato e sei preziosissimo e per quanto mi riguarda, sarai sempre nel mio cuore.”.
Stefano non rispose. Guardò pensieroso quel mare che qualche anno prima lo stava uccidendo e che invece gli aveva regalato un’altra vita.

Nota finale.

Sia che si é Stephen King o Dennis Lehane (tanto per fare dei nomi) sia che si è un piccolo scrittore dilettante e amatoriale con velleità letterarie (ogni riferimento a me stesso è puramente voluto) , c’è sempre una scintilla, un imput dal quale poi si dà sfogo alla fantasia.
D’accordo che dopo i risultati saranno completamente diversi, sotto tutti i punti di vista, ma almeno all’inizio qualcosa in comune esiste.
In questo caso l’idea del breve racconto mi è venuta da un video che mia cognata mi stava mostrando dal cellulare e che riprendeva le scene di uno tsunami avvenuto in Giappone. Il mio pensiero è andato subito a quello della Thailandia di quasi 10 anni fa e a ciò che era successo a un mio amico che là si trovava in vacanza insieme alla sua fidanzata e futura moglie e al fratello di lei.
La storia fra Stefano ed Emanuela è ovviamente frutto di fantasia ma la descrizione dell’onda gigantesca che fa schizzare in alto le barche è reale e me l’ha raccontata proprio lui. Il momento nel quale il protagonista è investito e sommerso dall’acqua in un’abitazione e si deve arrampicare su un pilastro fino a far riemergere la testa è esattamente quello che ha fatto lui, esperto sub (e la sua passione è stata la sua salvezza) ed io non fatto altro che riportarlo pedissequamente, così come il soccorso e l’aiuto della povera gente ai turisti sopravvissuti fra i quali loro tre per l’appunto.
Di diverso è il loro carattere rispetto a Stefano, non essendo né frivoli né cinici ma anche loro sono stati segnati dall’esperienza e soprattutto toccati dalla straordinaria umanità della gente Thai.
Curioso e simpatico, a dimostrazione di quanto affermato, un episodio. Durante la degenza in ospedale il mio amico compiva gli anni: ebbene quel giorno sono arrivate delle infermiere al suo capezzale recando una torta con delle candeline e con scritto il suo nome e naturalmente “Happy Birthday.”


   
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