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 L'uomo che non era
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Roberto Mahlab
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Inserito - 19/05/2013 :  21:37:40  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
Ero al cinema, un thriller mozzafiato. La classica vicenda dei tempi moderni, il cittadino comune che assiste ad un crimine e si ritrova in mezzo tra la giustizia che non riesce a difenderlo e i fuorilegge che lo inseguono per impedirgli di testimoniare. Che fare, rimanere come bersaglio, fuggire, scomparire, difendersi da solo?

All'uscita pioveva, piove sempre, avevo l'ombrello, avevo l'ombrello perché sapevo che le previsioni che davano sollievo dal maltempo erano sbagliate, lo erano perché ad ogni persona che incontravo, dicevo che presto sarebbe arrivato l'autunno e subito dopo l'inverno, perché a me piace sciare. Mi guardavano con sospetto prima, con occhi di fiamma dopo. Si convincevano che fosse colpa mia. E io glielo lasciavo credere. Come tutti i protagonisti dei miei thriller preferiti, come l'uomo che non era, quello che si iscriveva a facebook e metteva a “like” tutto quello che non gli piaceva, per depistare, perché così facevano i suoi eroi, per sfuggire al capo dei cattivi, per correre via dall'agenzia dei servizi segreti che era in combutta con gli avversari...

I passanti che incontrava non avevano l'ombrello, avevano creduto alle previsioni del tempo e adesso correvano per evitare la forte pioggia, non si può evitare la forte pioggia, ma solo quella fine e rada, saltando tra una goccia e l'altra, anche questo aveva imparato.

Arrivò al portone di casa, due persone si avvicinarono, ma passavano di lì per caso, non erano lì per lui. Si chiuse il portone alle spalle e salì le scale, l'ascensore lo attendeva, vi entrò, premette il tasto del suo piano, ma non accadde nulla, ci riprovò e ancora nulla. L'indomani avrebbe dovuto avvisare la custode di metterci il cartello di guasto e di chiamare l'assistenza. L'ascensore di servizio era pure al piano terra, vi entrò, premette il tasto del suo piano, ma non accadde nulla, ci riprovò ma la risposta fu solo un sibilo. Si scaraventò fuori e si volse, ma l'ascensore era sempre lì, non era precipitato nel buio. Decise di salire a piedi e scoperchiò una confezione di tic tac che aveva in tasca e ne ingoiò alcune, dopo averle fatte cadere sul palmo della mano.

Che buffo, rifletté sorpreso di se stesso, di solito aveva in tasca un Mars, ma non li aveva trovati al supermercato e aveva ripiegato sugli inusuali tic tac. Richiuse la confezione. Al primo piano premette il tasto di chiamata dell'ascensore di servizio che si mise in moto e arrivò. Ma non vi entrò. Salì un altro piano a piedi, ingoiò altre tic tac e ripeté la chiamata. E salì di un altro piano a piedi e con la stessa sequenza di un altro ancora fino ad arrivare a quello del suo appartamento. Un tuono, la pioggia faceva sul serio, e in montagna cadeva certo la neve, la neve di maggio, si rallegrò. Estrasse le chiavi e aprì la porta, entrò e si assicurò di richiudere anche la blindatura.

I due ascensori, entrambi non avevano funzionato per raggiungere il suo piano, come se i tasti fossero stati bloccati, solo per il suo piano. Nessuno, che non avesse i polmoni e i muscoli per fare le scale, avrebbe potuto salire a piedi, nessuno li aveva in quel condominio, nessuno sarebbe arrivato a dargli una mano, era isolato. Per un attimo li ammirò, gli ideatori di quel piano, originale, degno degli eroi dei suoi film preferiti. Una musica gli risuonava nelle orecchie, una colonna sonora, se ne inventava sempre una per ambientare le sue fantasie. Si sedette alla scrivania, toccò la barra spaziatrice e lo schermo del computer si accese. Iniziò a canticchiare il motivo del suo nuovo racconto e le dita scorsero sulla tastiera…

... tic tac ...

...tic tac... già.. tic tac.. perché... l'uomo che non era diceva di amare solo i Mars e adesso mangiava i tic tac. Chi era allora l'uomo che non era?

Tic tac... come un orologio... di quelli che segnano il tempo, il tempo che manca, che manca a che cosa? Si premette le mani sulle tempie, doveva pensare, pensare. Tic tac, quanto mancava, mancava a che cosa? Tic tac, tic tac. E ad un tratto comprese, erano le sue orecchie che doveva ascoltare, si guardò attorno nella stanza buia. Non sarebbero arrivati a prenderlo, l'isolamento degli ascensori non era il piano, era il diversivo. Il pericolo era lì, vicino a lui, al suo fianco. Tic tac... i suoi occhi seguirono il senso del suo udito, sotto la porta, tic tac.

Rovesciò la sedia, spalancò la finestra, si gettò per le scale di emergenza, la pioggia torrenziale, non aveva fatto in tempo a prendere l'ombrello. L'esplosione fu raccontata dai testimoni come un palla di fuoco che si era levata rischiarando l'oscurità della notte nuvolosa. L'ombrello, trovarono i resti del suo ombrello, pensarono che dove c'era l'ombrello, c'era anche lui. Lo pensarono sia gli investigatori, sia i killers.

Adesso era nessuno, era davvero l'uomo che non era. Poteva muoversi come se non esistesse. Non era e non esisteva. Avevano sbagliato. Lui era. Ed era libero. Li stava già inseguendo, ma non ne erano consci, avevano festeggiato il successo. Festeggiare per avermi distrutto l'ombrello, che gente strana, rifletté.

Roberto Mahlab

   
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