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 Il coperchio
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Gabriella Cuscinà
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Inserito - 24/07/2012 :  12:54:59  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Gabriella Cuscinà Invia un Messaggio Privato a Gabriella Cuscinà


Aveva novant’anni e si chiamava Gerardo. Raccontava sempre barzellette e faceva scherzi divertenti a tutti gli amici. Era amatissimo dalla moglie Annalisa che era molto più giovane di lui e dai suoi tre figli. Sempre pimpante e amante della vita, sapeva essere generoso e operoso quando si trattava di aiutare i bisognosi. Era nato in Sardegna, ma aveva poi trascorso tutta la sua vita di lavoro a Roma. Era stato un funzionario aziendale molto apprezzato e ben pagato. Nella terra natia, esattamente a Nuoro, tornava ogni tanto a rivedere i parenti e una volta aveva comprato un vaso in ceramica di stile sardo che aveva fatto inorridire Annalisa. Ma lui diceva che era particolare e simpatico con quel coperchio in cima. Lo teneva poggiato su uno scaffale della libreria accanto a dei libri e a delle immagini sacre. Quando la moglie lo spolverava non mancava di esclamare: “Ma com’è brutto!” E Gerardo di contro: “Tu non ne capisci niente.” Sosteneva che il coperchio gli ricordava i cappelli dei pastori sardi. Dentro al vaso, Gerardo conservava minuscoli oggetti appartenuti ai suoi figli quando erano piccoli. Vi erano delle macchinine, dei pupazzetti e addirittura dei ciucciotti. Adesso i figlioli erano nonni. Per la precisione Gerardo aveva sei pronipoti i quali stravedevano per quel bisnonno allegro che girava in città con il motorino.
Il sabato sera, i due coniugi avevano invitato a cena degli amici e avevano anticipato che avrebbero offerto delle prelibate sfinge preparate proprio da Gerardo che si vantava di essere un maestro nel cucinarle. Alla fine della cena infatti, Annalisa era arrivata con un vassoio pieno di piccole sfinge, alcune ricoperte di zucchero, altre di miele. Applausi festosi
avevano accompagnato quella comparsa e i convitati, non sazi d’aver ingurgitato pasta al forno, salsiccia, carciofi, insalata di mare, pesce spada e macedonia di frutta, si erano catapultati sulle sfinge come se fossero ancora digiuni. L’autore di cotanta magnificenza era poi andato in cucina a prendere un’unica, enorme sfingia e l’aveva offerta all’amico Luciano. Tutti gli altri si erano meravigliati ed avevano chiesto perché solo a lui era toccato questo privilegio.
“Io e Luciano siamo amici da settant’anni. Gli ho voluto fare un omaggio particolare.”
Luciano s’era mostrato commosso ed aveva addentato il dolce, ma subito aveva storto il naso ed era parso disgustato.
“Cosa c’è qua dentro?” aveva chiesto aprendo la bocca e tirando fuori un qualcosa che aveva tutta l’aria di uno scarafaggio!
Gli invitati avevano avuto crisi di nausea e Luciano aveva emesso un urlo al confronto del quale quello di Tarzan pareva un debole vagito.
Gerardo rideva a crepapelle e ben presto spiegò che era uno scarafaggio finto e di gomma. L’amico però continuava a dire: “Che schifo! Che schifo! Che schifo! Farabutto d’un Gerardo, questa me la paghi.”
Naturalmente più diceva così, più l’altro si divertiva e rideva come un pazzo. Allora Luciano s’avvicinò al famoso vaso e prese il coperchio per metterselo in testa.
“Pare proprio il cappello dei pastori sardi eh? Ci tieni tanto vero? Peccato che tra poco cadrà dalla mia testa su cui sta in bilico!”
“Disgraziato! Posa quel coperchio. Se lo rompi, giuro che t’uccido!”
Questa volta era Luciano a ridere e a divertirsi.
“Aaaaaaaa! Aaaaaaaa! Non t’avvicinare Gerardo, cade! cade! cade!”
Faceva finta che cadesse e invece lo teneva con le mani. Ma il proprietario era terrorizzato.
Dopo un po’, questa pantomima ebbe termine e Gerardo poté rimettere il beneamato coperchio al suo posto sul vaso. Nel frattempo i convitati dicevano di non essersi mai divertiti tanto.
Alla fine della serata erano andati a dormire e Annalisa era soddisfatta della riuscita del ricevimento. Dormiva felice e beata, quando d’un tratto aveva sentito Gerardo che la chiamava con voce strozzata. L’aveva guardato allarmata e aveva capito che stava malissimo ed emetteva rantoli. Era corsa a telefonare al 118 e ai suoi figli. L’avevano ricoverato in fin di vita e i medici avevano detto che si trattava di un ictus devastante. Infatti poche ore dopo era spirato. Tra la costernazione e la disperazione dei suoi cari, Gerardo se n’era andato. La moglie non gli aveva più potuto parlare poiché non aveva ripreso conoscenza.
Quando era tornata a casa in preda a crisi di pianto, Annalisa aveva voluto con sé i suoi figlioli i quali erano stravolti e sentivano come se il padre fosse stato loro strappato. Non riuscivano a consolare la madre che continuava a piangere e a disperarsi. Poi aveva guardato il famoso vaso e s’era accorta che non aveva più il coperchio.
“Ma dov’è il coperchio?” aveva detto quasi a se stessa.
S’era avvicinata e si era accorta che il coperchio era poggiato su un’immagine della Madonna di Medjugorje.
“Qualcuno di voi ha toccato il vaso e il coperchio?”
I figli erano andati a guardare e ognuno aveva assicurato di non aver toccato nulla.
Tra le lacrime Annalisa aveva detto : “Questo è un messaggio di vostro padre. La sua anima ha posato il coperchio sull’immagine della Madonna per farmi capire che mi saluta per sempre, che è in pace con la Madre di Dio e che ci rivedremo un giorno.”


Gabriella Cuscinà

   
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