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 Nereo Rocco, la leggenda del "paron" continua
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Renato Attolini
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Inserito - 31/05/2012 :  22:33:45  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Renato Attolini  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Renato Attolini
La prima cosa che mi ha colpito di questo libro fin dall'inizio è il profumo che emanava ed è stata una sensazione che si rafforzava mano a mano che le pagine scorrevano sempre più velocemente. In realtà non era un profumo unico, ma un misto di odori genuini come quello che si assaporava nelle trattorie del Friuli o quello dell'erba mista al fango nel mitico stadio Appiani di Padova ma se dovessi riassumerli in tutt'uno direi che è il profumo del bel tempo passato che Gigi Garanzini ci va rivivere attraverso le testimonianze di coloro che hanno conosciuto uno dei personaggi più noti del calcio italiano e di cui ancora oggi si parla con affetto e rimpianto: Nereo Rocco. Definirlo solo un allenatore è estremamente riduttivo, anche se certamente era un uomo di calcio ma questo sport è stato il mezzo col quale lui ha potuto manifestare e far conoscere la sua straripante personalità, carica di allegria, divertimento e soprattutto di umanità, che va ben oltre i confini della sua professione. Questo libro può essere tranquillamente letto anche da chi mastica poco di calcio, chi non conosce offside, penalty e via discorrendo perché tutto questo è solo il contorno a quel grande maestro di vita che è stato Rocco. Certo chi invece è appassionato come me lo apprezzerà ancora di più e soprattutto se (sempre come me) è tifoso del Milan e in più con una certa età ricorderà con nostalgia gli anni che lo videro sedere sulla panchina rossonera, rivivrà gli scudetti e i primissimi trionfi europei e non potrà fare a meno di ricordare quando lesse sui giornali con gli occhi lucidi dalla commozione la notizia della sua scomparsa e la stretta al cuore nel vedere la sua foto di spalle che togliendosi il cappello salutava una folla plaudente e sorridente, simbologia del suo addio. Rocco non era un divo, era un personaggio sanguigno che ben s'identificava nell'anima popolare del tifo rossonero di allora, quando le differenze fra tifoserie erano anche sociali e se guardiamo all'estero anche religiose (come a Glasgow i cattolici del Celtic e i protestanti del Rangers, per citare un esempio) e non come oggi invece dove è tutto appiattito, con le debite eccezioni quali Amsterdam dove la comunità ebraica è legata da sempre alla squadra dell’Ajax i cui tifosi espongono allo stadio striscioni d’incoraggiamento recanti la Stella di David. Ma tornando al “paròn”, se come ho detto prima è un libro che può leggere anche chi non segue il calcio a maggior ragione può essere destinato anche a chi non è tifoso delle squadre di cui Rocco è stato allenatore, Milan e Padova quelle che ha avuto nel cuore più delle altre, Torino, Triestina e Fiorentina, perché quest'uomo è stato un patrimonio del calcio in generale e conoscendolo maggiormente con queste pagine, s'intuisce che sarebbe emerso prepotentemente in qualsiasi altro settore della vita si fosse collocato. Non era un tipo dal carattere facile, anzi le sue sfuriate erano epocali ma quasi sempre dirette ai suoi giocatori, amici o collaboratori. Mai una parola di dileggio o sberleffo contro gli avversari neanche i più accaniti. Anzi verso di loro c'era sempre da parte sua una sorta di educato rispetto. Famosa è la frase, riportata in copertina, con la quale rispose ad un giornalista che alla vigilia di un Padova-Juventus, gli disse: "'Domani vinca il migliore'!" e Rocco ammettendo la superiorità dei bianconeri rispose: "'Ciò, speremo de no!"'. In queste parole c'è in sintesi tutta la sua sportività e semplicità. Non parliamo poi della sua dirittura morale: passò al Torino perché aveva dato la parola a Pianelli e anche se quasi subito se ne pentì la volle mantenere a tutti i costi. Se pensiamo ai contratti di oggi che si firmano e poi si stracciano, si rimane quasi attoniti. Un'altra cosa: guai a chiamarlo mister, la sua sferzante risposta era sempre. 'Mister te sarà ti, muso de mona!'Di calcio si parla e tanto in questo libro, ma come detto prima, sembra quasi un contorno alle tavolate nelle osterie venete prima e nei ristoranti milanesi dopo, dove con amici, giornalisti e qualche volta anche giocatori tra una bottiglia e l'altra intratteneva la combriccola con battute e sfottò. Spesso si sorride leggendo ma qualche volta si ride apertamente (gli aneddoti di lui a Parigi e in casa Pianelli a Torino sono esilaranti). Poi tutto cambia e Nereo capisce che la sua avventura calcistica è agli sgoccioli. Se ne rende conto quando ad un attaccante di nome Speggiorin gli propone in un momento d'emergenza di fare il difensore e questi, sentendosi leso nel suo onore, si rivolge all'avvocato Campana, segretario del sindacato calciatori. Il tempo passa, le cose si evolvono e Rocco s'intristisce un po' e perde molto della sua verve. Mi ricordo personalmente un aneddoto letto sul giornale che non è riportato in questo libro, di lui agli ultimi anni al Milan da dirigente che incontra un calciatore che aveva avuto in squadra tempo prima e lo saluta in italiano (fatto già di per se strano) con un: '"Buongiorno signor Sabatini"'. Questi ricordandosi di quando lo apostrofava con un '"Ciao mona'" ci rimane male.
Sono passati più di 30 anni da quando Nereo Rocco non c'è più ma di lui si parla ancora e devo dire se ne sente la mancanza nelle stereotipate interviste di 'mister' che dopo una batosta in cui hanno preso magari 4 gol, dicono che "sì 'comunque la squadra ha retto bene, non mi è dispiaciuta e abbiamo tenuto testa agli avversari"' (mai che ammettano: "'Ci hanno asfaltato!"') oppure quando si assiste alle estenuanti maratone televisive nelle quali ultras fanatici mascherati da pseudo giornalisti si accaniscono gli uni contro gli altri in un frastuono assordante dove nessuno fa parlare gli altri. Si sente la mancanza anche di quel calcio che non c'è più, delle domeniche con le partite tutte allo stesso orario, con le radioline attaccate all'orecchio per sentire la voce di Roberto Bortoluzzi che dallo Studio Centrale impartiva le istruzioni ai mitici Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Adone Carapezzi etc: "'Per il solo risultato del primo tempo, a voi San San Siro'" oppure di quando non esistevano le 'curve' e i tifosi delle due squadre andavano allo stadio sugli stessi tram, sedevano insieme sulle gradinate e poi magari si scazzottavano, ma era una cosa che nasceva all'improvviso e poi finiva lì non certo premeditata come oggi e quelli della squadra perdente pagavano pegno con cene, bevute o penitenze goliardiche. Erano i tempi, come racconta il libro, che i difensori tracciavano una riga sul campo e dicevano all'attaccante avversario:"'Se la passi ti rompo"', randellavano di brutto soprattutto quei 'manzi' del Padova ma poi a fine gara gli stringevano cavallerescamente la mano.
Di aneddoti ce ne sono a decine con Rocco protagonista e tutti godibili.
A cent'anni dalla sua nascita per la quale ricorrenza è stata allestita una mostra a Trieste a lui dedicata, questo libro è un bellissimo omaggio alla sua memoria e una piacevolissima lettura per chi lo vuole sfogliare.


   
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