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 .....e se un sogno non fosse un sogno
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luisa camponesco
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Inserito - 03/03/2012 :  15:20:48  Mostra Profilo  Visita la Homepage di luisa camponesco Invia un Messaggio Privato a luisa camponesco

……e se un sogno non fosse un sogno


La sera, per me è il momento più bello, tutto è silenzio, il mondo pare assopirsi, un libro, un comodo letto, una romantica abat-jour. Cosa chiedere di più?
Non vedo l’ora di spegnere la tv e scegliere il nuovo romanzo. Gialli ed avventura sono il mio genere, la cosa buffa è che riesco a prendere sonno solo se la trama è ad alta tensione emotiva.
Passo in rassegna una serie di volumi dei miei autori preferiti, mi arrampico fino all’ultimo ripiano, scorro i titoli, pensando di programmare anche una bella spolverata alla libreria,.
Per abitudine e per comodità ordino i volumi nei vari scaffali per autore, ecco perché uno di questi mi appare subito fuori posto. Rilegato in similpelle con il titolo dorato di “ …e se un sogno non fosse un sogno” Non ricordo di averlo acquistato, anche l’autore mi è sconosciuto, un motivo di più per leggerlo.
Finalmente nel mio lettone, come di consueto, mi metto a giocare con l’ombra che il libro proietta sulla parete, lo muovo in tutte le direzioni e, un istante mi pare prenda vita propria.
Un brivido lungo la schiena, meglio iniziare la lettura.
Nella prima pagina, a caratteri cubitali, la scritta: “La lettura di questo libro è consigliata alle persone poco impressionabili e con i nervi ben saldi”.
Fantastico proprio quello mi serve per prendere sonno. Nel primo capitolo trovo la descrizione della casa, buia, tetra, il nero come colore dominante. Faccio un respiro profondo e continuo a leggere. I contorni del libro sfumano gradatamente, le palpebre appesantiscono, mi trovo circondata da ombre che divengono sempre più consistenti.

°°°

- Ti decidi si o no!
Piera mi guarda accigliata.
- Piera! Che ci fai qui?
- Ci risiamo, lo hai dimenticato ancora.
Sono perplessa, ricordo sempre gli appuntamenti ed ero certa di non averlo con Piera.
-Non potresti essere tu quella in confusione?- domando più a me stessa che all’amica.
- Non prendermi in giro Sara.
- Sara? Io non sono Sara.
Piera mi guarda come fossi un’aliena.
- Muoviti! Siamo già in ritardo.
Decido di assecondarla e la seguo. Saliamo su di un calesse. UN CALESSE!
- Stiamo andando ad un ballo in maschera – azzardo.
Piera non mi degna di una risposta, certo ha un bel caratterino ma non la ricordavo così antipatica.
Tutto mi sembra diverso, le strade, la gente, le case.
- Ma che fine ha fatto il negozio all’angolo, quello supertecnologico?
- Sara tu devi farti curare e presto anche. – mi risponde stizzita.
Eddaie con sta Sara.
- Si, mi farò curare da Sigmund Freud.
- L’hai conosciuto? –Piera mi guarda colma di ammirazione.
- Piera, era solo una battuta!
Incomincio a preoccuparmi, poi mi rilasso al pensiero che sto sognando. Ma si! Sto sognando, beh allora vediamo un po’ come va a finire.
Il calesse imbocca un viale alberato e si ferma dinnanzi ad una villa ottocentesca circondata da un parco immenso.
- Dove mi hai portato Piera?
- Come tu non lo sapessi!
- Certo che lo so. – decido di stare al gioco.
Un maggiordomo con tanto di livrea ci viene incontro.
- Benvenute signorine, vi stanno aspettando.
Scendendo inciampo nella lunga gonna, subito sostenuta dal solerte maggiordomo. La caviglia è indolenzita, ma come è possibile sentire dolore se sto sognando?Mi prende una strano tremore mentre entro nella villa, nell’ingresso uno splendido specchio con cornice dorata troneggia sopra una ribaltina, sul lato opposto due poltrone in velluto rosso.
Piera mi precede e mentre passo davanti allo specchio mi fermo di botto. L’immagine riflessa non è la mia, non mi riconosco. Una giovane donna mi guarda, gli occhi vivaci, i capelli castani raccolti sulla nuca, un fiocco fra i capelli, un abito rosa e bianco stretto in vita. Mi muovo e l’immagine si muove con me in perfetta sincronia.
- Sara per favore non starti a rimirare. – Piera mi prende per un braccio e mi trascina via, ed io prendo coscienza del mio abbigliamento. La gonna ampia sfiora il pavimento, un corpetto mi fa il vitino da vespa e mentre mi compiaccio di questo mi accorgo di non riuscire a respirare.
- Oggi sei proprio strana – continua imperterrita Piera
È il sogno ad essere strano perché le sensazioni che provo sono reali. Le mie riflessioni vengono interrotte dall’arrivo di una donna non più giovane ma dall’aspetto autorevole.
- Venite abbiamo già cominciato.
Vengo introdotta in un salotto, poltrone e divani occupati da signore elegantemente vestite, in un camino un ciocco arde scoppiettando, io e Piera ci sediamo e una giovane, accanto al pianoforte inizia a leggere una poesia.
- Oggi l’argomento è dedicato alle opere di Elisabeth Barrett Browning, - mi sussurra all’orecchio la padrona di casa, poi si rivolge alle altre - Qualcuna può cortesemente accompagnare Ursola al pianoforte?
Le note del “Notturno di Chopin” si diffondono per il salotto, una cameriera porta, sul carrello, tazze e un bricco di tè fumante. Cerco di darmi un contegno, ma il cucchiaino scivola sul tappeto. Il corpetto non mi consente di chinarmi per cui, talloni uniti punte aperte mi abbasso tenendo la schiena dritta, nessuno si accorge di questa manovra. Guardo il profilo di Piera e mi domando come mai io vedo l’amica di sempre, mentre lei mi conosce solo come Sara.
Devo assolutamente stabilire in che epoca mi trovo, con una scusa mi allontano e, dopo aver aperto varie porte trovo la cucina. La cuoca mi sorprende a curiosare.
- Desidera qualcosa?
- Cercavo un calendario.
- Un cale….che?
- Si, un foglio sul quale è scritto il giorno, il mese e l’anno….- la mia voce si smorza sullo sguardo perplesso della donna – Non fa nulla – mi affretto a dire ed esco velocemente dalla cucina senza aver risolto il dilemma.
- È il 24 aprile del 1899 –l’uomo apparso dal nulla mi fa spaventare, poi prosegue. – Immagino stia leggendo il libro altrimenti non sarebbe qui.
- Senta, io sto solo sognando, adesso mi sveglio e mi ritrovo nel mio letto, e poi come fa a sapere la data di oggi?
- Semplice, è riferita alla pagina che stava leggendo, ma non sarà altrettanto semplice, come crede lei, ritrovarsi nel suo letto.
Mi fa cenno di seguirlo, ci fermiamo davanti alla porta del salotto, Ursula sta leggendo la versione inglese della poesia della Browning.
- Vede tutte queste signore sono qui per il medesimo motivo, stavano leggendo quel libro.
- Questo cosa significa? – chiedo con una certa ansia.
- Significa che non possono più andarsene,e non solo ma hanno completamente dimenticato la vita precedente. Pensi la ragazza che suona il piano è qui da più di cinquant’anni, e ogni giorno tutte loro ripetono le medesime cose.- Poi mi guarda negli occhi intensamente e soggiunge - Benvenuta nel salotto culturale di “Madame”.
Un attimo di distrazione e lui è già sparito, entro nel salotto, mostro un sorriso di circostanza alla padrona di casa che mi lancia sguardi di rimprovero e mi avvicino a Piera.
- Piera devo parlarti è una cosa urgente.
- Ssssttttt
- Pieraaaa
Piera si alza indispettita.
- Insomma cosa c’è di tanto urgente!
- Una domanda, ieri sera prima di addormentarti stavi forse leggendo un librò?
- Ma quale libro, lo sai che io trascorro la serata dipingendo.
Vado in confusione, la Piera che io conosco ha molti talenti ma non certo quello di dipingere.
- Dobbiamo andarcene di qui subito.
- Oggi sei proprio strana, mi sto preoccupando, veniamo qui tutti i giorni e non hai mai fatto storie e poi domani è il nostro turno, dovremo parlare di vita ed opera di Carolina Invernizio.
Piera sospira e torna nel salotto.
Devo riflettere, ragionare e pormi una serie di domande
Qual è l’ultima cosa che ricordo di aver fatto? Come mai Piera è con me pur non avendo letto il libro?E poi e poi… devo assolutamente ispezionare i dintorni.
Esco di soppiatto guardandomi intorno, il parco circonda la villa, al centro un lungo viale costeggiato da cipressi. Mi rendo conto di non poterlo percorrere, troppo in vista. Un boschetto di aceri alla mia sinistra pare più abbordabile. Dopo l’ennesimo controllo, con passo svelto, nonostante il lungo abito ostacoli l’andatura, riesco a raggiungere i primi alberi.
Che luogo delizioso, per un attimo mi sento totalmente disarmata di fronte a tanta bellezza e a fiori dal profumo inebriante. Mi impongo di reagire, il desiderio di andarmene è molto forte, più forte della tentazione di sdraiarmi sull’erba morbida e lasciarmi andare.
Faticosamente riprendo il cammino e raggiungo una radura, e con mia grande sorpresa, alcune persone, uomini e donne, passeggiano tranquillamente. Mi sento sollevata, li raggiungo.
- Scusate il disturbo potreste indicarmi come uscire dal parco, credo d’essermi persa.
Non ottengo risposta, mi ignorano. Ripeto la richiesta alzando il tono di voce senza alcun risultato, poi all’improvviso un eco lontano, una sorta di cantilena:”Se l’uscita vorrai trovare, coraggio dovrai dimostrare”
Mi spavento e corro verso la villa, ma non c’è più, scomparsa, al suo posto una costruzione dall’aspetto familiare. Chiamo Piera a gran voce senza attendermi risposta.
Titubante entro in casa, sono colpita perché tutto ciò che vedo mi appare come un fotogramma in negativo, riconosco la mia camera.
Mi aggiro nel l buio delle stanze, sono sola. Penso all’uomo incontrato nella villa.
- Cosa vuole da me?Si faccia vedere!
Un rumore ovattato nella stanza accanto, una figura nera appare nell’ingresso, la sua ombra sfiora le pareti.
- Non l’ha ancora capito?Questo è il suo mondo adesso, un mondo che cambia, che può plasmare a suo piacere, tutti coloro che ha incontrato hanno scelto di rimanere e sono felici. Perché lei non è felice?
- Non voglio un mondo da plasmare, voglio il mio vecchio mondo.
- Potrebbe incontrare personaggi famosi, pensi ai grandi condottieri, filosofi, …..
- Questi grandi personaggi sono tutti qui?
L’uomo-ombra pare in difficoltà
- Dal suo silenzio deduco che qualcuno ha trovato la strada del ritorno.
- Donna ingrata che non sa apprezzare il dono che le faccio. La trovi da sola la sua strada.
Scompare mentre tutto torna nitido e nella mia mente prende forma il sospetto che da qualche parte ci sia una via d’uscita. Torno all’aperto e questa volta mi dirigo sul lato destro, verso il bosco di larici.
- Dove stai andando?E’ l’ora del tè
Ursola mi guarda con stupore, dietro di lei ancora la villa, nella sua interezza.
- Solo un attimo Ursola, torno subito.
- Fai presto lo sai quanto Madame tiene alla puntualità.
Mi sento in trappola. Un sussurro che diventa eco: “La paura è da affrontare se a casa vuoi tornare”
La frase si ripete continuamente sino a smorzarsi in un lamento.
Devo ragionare, l’eco suggerisce due parole “coraggio e paura” la relazione non è difficile, il coraggio può sconfiggere la paura, ma il dilemma è: quale paura bisogna sconfiggere?
Mi prende lo sconforto, non solo devo cercare una chiave ma anche la serratura da aprire.
Di nuovo l’eco
- Coraggio aggio aggio ……….paura ura uraaaa
Decido di seguirlo, attraverso un prato e poi un altro, ignoro le voci che mi invitano di tornare indietro, fiato corto, battito accelerato, non importa mentalmente sono al punto di non ritorno.
Il prato termina all’improvviso, davanti a me una voragine senza fondo, impossibile attraversarla.
Mi sento sconfitta, mi lascio cadere per terra. Sconfitta? Io? Mai!
Faccio il punto della situazione, mi auto-analizzo e confesso che la presenza di Sigmund Freud mi farebbe comodo.
La paura: di cosa ho paura?Del buio? Assolutamente no. Mi viene da pensare al trapano del dentista. Ma non temo il trapano per se stesso, ma il momento che lo precede, dopo è solo rassegnazione.
Guardo la voragine che s’allarga, non ho molto tempo per pensare, devo farmi coraggio e vincere la paura.
Raccolgo un filo d’erba e lo arrotolo sull’annullare poi spalanco le braccia e mi lascio cadere.

°°°°

Apro gli occhi con un sussulto, faccio respiri profondi, il libro scivola per terra. La luce fioca della abat jour mi rassicura, mi tocco il viso, tasto le coperte e realizzo d’essere nel mio letto. La radiosveglia segna le 3 e 20, raccolgo il libro e, con orrore, vedo un filo d’erba attorno all’annullare.
Senza esitazione mi alzo, mi metto un soprabito, scarpe, prendo le chiavi di casa e mi precipito in strada e il libro vola nel cassonetto della carta.
Mi sento sollevata, torno nel mio letto ed attendo l’alba.
Non c’è nulla di più bello di veder filtrare raggi di sole attraverso le tende, soprattutto dopo una simile nottataccia.
Squilla il telefono, di solito mi arrabbio quando chiamano troppo presto, ma ora per me è musica
- Ciao dormigliona! – la voce di Piera dall’altro capo del filo mi giunge alquanto gradita.
Non posso fare a meno di raccontarle tutto per filo e per segno.
- Ma cosa ti sei fumata ieri sera?
- Non scherzare Piera è una cosa seria.
Non ci crede, ovvio nessuno crederebbe ad una storia simile.
- A proposito – prosegue Piera – voglio ringraziarti per il libro che mi hai mandato.
- Piera! Non ti ho mandato nessun libro.
- E invece si, l’ho trovato stamattina nella cassetta della posta, ha un titolo accattivante “… e se un sogno non fosse un sogno”.
- Piera non aprire quel libro!
- Senti amica mia, fatti un bel caffè magari doppio.
Piera chiude la comunicazione ed io rimango per un istante con la cornetta in mano, capisco che non è finita.
Questa volta devo agire, chiavi della macchina in mano, imbocco la via più breve per raggiungere al più presto la casa di Piera perché quel libro, quel libro ………dev’essere bruciato





Luisa Camponesco

   
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