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 Come il vento soffia sull’acqua
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riccardo resconi
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Italy
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Inserito - 03/02/2011 :  17:17:46  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a riccardo resconi
Come il vento soffia sull’acqua

Il mio nome e’ Ciro Maglione.
Sono un italo/americano,la cui famiglia emigrò da una cittadina del sud.
Matera. La città dei sassi.
Era l’Italia degli anni ’50.
Con me anche due fratelli maschi maggiori.
Avevo 5 anni,ma i ricordi sono ancora ben impressi nella mia memoria,di quando con tutta la famiglia arrivammo a New York.
Sulla nave, il mare che ci circondava era talmente grande da farci sentire piccoli piccoli,che non osavamo fiatare.
Al nostro arrivo la baia della città eterna,assomigliava ad un ventre di balena,pronto ad inghiottire tutto in un sol boccone.
I palazzi si stagliavano nel cielo imponenti e maestosi,quasi a sfidare le nuvole.
Affacciandomi sul parapetto della nave notai l’effetto del vento che aveva sull’acqua della baia.
In continuo movimento creava effetti strani ma mai uguali,come lo era la vita. Ma ero ancora lontano da poterlo sapere.
Nonostante le fantasie di noi ragazzi,poggiamo i piedi sulla terraferma.
L’indirizzo che mio padre possedeva,raccolto in un biglietto sdrucito,gli era stato dato dal cugino Antonio.
Address: 27’ road. number 1567. New York City
Ci indirizzammo a piedi con tutte le nostre cose ,verso questo luogo.
Dopo aver camminato per più di una ora,mio padre con un gesto del braccio elevato al cielo,fermò la carovana e la sua marcia.
Il palazzo di 5 piani,privo di balconi ma ricco di ampi finestroni era la meta tanto agognata .
Mi incuriosirono molto le strane scale che erano poste all’esterno dell’edificio.
Più avanti col tempo capii anche l’uso e il loro utilizzo.
Il tirante innescava un meccanismo diabolico che le faceva scorrere verso il basso,permettendo la salita verso i piani.
Nella vecchia Matera,non esisteva una roba simile.
Papà trovò lavoro come fruttivendolo,un lavoro che gli piaceva.
La frutta e la verdura ben sistemata nei suoi contenitori,il sorriso sempre pronto a donarsi,l’ascolto attento ma non richiesto delle signore prodighe nello sparlare di questa o quell’altra amica.
Da quel punto di vista,la grande città e la piccola non erano poi cosi differenti.
Con la lingua americana non fu non facile all’inizio,ma poi quel misto di newyorchese e materano coinvolse più di un cliente.
Io assomiglio molto a mio papà.
La sua caparbietà,le sue sicurezze avevano sempre circondato ed intriso il mio essere,facendone tesoro.
Avevo iniziato le scuole elementari nella Primary School della 23’ strada.
Il primo giorno fu davvero terribile.
Dire che ero terrorizzato e’ poco.
Ma da li a poco superai brillantemente questa prova,divenendo uno dei più conosciuti studenti della scuola.
Le mie medie scolastiche erano ottime.
Nel quarto anno della Primary,conobbi Laurie e Jacobs,di una sezione affianco alla mia .
Un ragazzo ed una ragazza che si legarono a me in maniera davvero inspiegabile.
Domandatevi anche voi se non vi e’ mai capitato una cosa simile.
Bastava guardarsi negli occhi che si era già capito quale sarebbe stata la prossima mossa.
Quell’anno, fu l’anno in cui ogni tanto non frequentavamo la scuola.
Era talmente forte la ricerca di emozioni,che una volta nascosto gli zaini dal vecchio Sam,venditore di HotDog, si correva lungo le strade per osservare la gente.
C’era quello che sembrava un manichino nel suo abito gessato,oppure il disinvolto ma con abiti coloratissimi.
Quello distratto che inciampava nel marciapiede ,quello che cantava un gospel ,quello che pregava per la salvezza delle anime ,quello che aveva fretta di prendere la metro come fosse il suo ultimo viaggio e quello che non ne aveva,e che trascinava i piedi con una tale indolenza che anche una tartaruga l’avrebbe sorpassato alzando la zampa in segno di saluto.
Ragazze bionde fuori da alcuni palazzi fumavano Lucky Strike e con fare disinvolto mostravano le lunghe gambe,mentre alcuni avventori di locali ne venivano fatti precipitare fuori usando l’arte del volo estremo.
New York era tutto quello.
Il nostro posto magico era un altro però.
Sull’East River correva una strada pedonale che fiancheggiava il fiume.
Lunga di essa ben disposte,panchine di legno ospitavano anziani signori,i lampioni disposti in fila avevano steli neri e vari covi di roselline selvatiche di un rosa pallido davano una immagine di un bel giardino.
Il parapetto di pietra di fronte invece delimitava la terraferma dal mare.
Su di esso ci arrampicavamo e ciondoloni con le gambe nel vuoto,fissavamo la città nella riva opposta con i suoi palazzi,i suoi taxi gialli che trasportavano clienti e la gente formicolante.
Ci separava solo il mare.
La sensazione provata da piccolo si riaffacciava preponderante ogni volta che mi ci recavo .
Il vento che in quella zona soffiava spesso con insistenza,creava sull’acqua effetti di movimento davvero particolari.
La forma era mutevole e la sua consistenza variava in base alla pressione e direzione esercitata.
Noi ragazzi di quello spettacolo naturale ne eravamo rapiti a tal punto che si stava tutti zitti zitti, in un silenzio sospeso nel tempo.
Non eravamo ancora giunti ad un diverso punto di vista.
Il tempo avrebbe cambiato le cose.
Ma non lo sapevamo.
Divenimmo grandi noi tre.
Le nostre strade si erano separate subito dopo aver frequentato l’High School.
Io intrapresi l’Università di legge, Laurie da sempre innamorata degli animali volle fare veterinaria e Iacobs nel suo essere creativo si era formato in una scuola d’arte moderna ed insegnava a giovani allievi.
I nostri incontri erano divenuti sempre meno frequenti.
Cosa avvenne non lo so, ma la magia che si era creata fin da piccoli si era interrotta.
La ricerca, di ognuno di noi,di una propria crescita professionale ,aveva ottenebrato le nostre menti ed i nostri ricordi.
Divenni un ottimo avvocato del Foro.
Vinsi anche innnumerevoli cause penali, anche favorendo assistiti che sapevo che non meritavano l’assoluzione.
Ma la parola d’ordine era vincere ed arrivare in cima.
Ero talmente preso da me stesso che la parola amore significava impedimento.
Mi chiamarono la mattina alle 06.00.
Mio fratello mi disse: papà ci ha lasciati.
Ritornai nella vecchia casa: 27’ road. number 1567. New York City.
Papà aveva vissuto li tutta la vita con mia madre.
Mestamente,senza colpi di testa,svegliandosi presto la mattina e alzando la serranda del suo umile negozio di fruttivendolo.
Richiudendolo la sera ,dopo non solo aver venduto la sua mercanzia,ma essere stato a contatto con un mondo fatto di
cose semplici.
Un bambino che voleva in regalo una mela o le signore sibilline che facevano pettegolezzi.
Quel mondo fatto di piccole cose ma intriso d’amore .
Mi aveva lasciato un vecchio soldatino di piombo che nemmeno sapevo più di avere.
Lo riposi in tasca .
Dopo il funerale salutai tutti.
Mia madre chiese di fermarmi ma gli dissi che dovevo compiere prima una cosa.
Telefonai a Laurie e Jacobs.


L’incontro avvenne su quel vialetto dell’East River.
Senza dirci nulla scavalcammo il muretto,con le gambe penzoloni e ci mettemmo ad osservare il vento che soffia sull’acqua.
Tenendoci per mano.
Quel momento fu un momento cosi intenso ,che il mio cuore pur sofferente era pronto a battere forte ancora.
Riposi il soldatino affianco a me.
Il tempo della nostra vita e’ come questo vento forte,incontrollato,che cambia le sue forme .
Ma di una cosa ne sono certo .
L’amore e l’amicizia ,quelle no .
Quelle rimangono immutate.

(patapump )

   
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