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Gabriella Cuscinà
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Inserito - 12/01/2011 :  09:29:20  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Gabriella Cuscinà Invia un Messaggio Privato a Gabriella Cuscinà
Riccardo

Ho conosciuto un amore tanto grande da spingere una moglie ad aspettare, per ore, d’incontrare qualcuno che le parlasse e le ricordasse il marito morto da dieci anni. Ma andiamo per ordine.
Ho insegnato per tanti anni in una scuola media vicino casa mia. Avevo, nel mio consiglio di classe, dei colleghi preparati e simpatici. L’insegnante di educazione musicale si chiamava Riccardo B. ed era molto competente, in gamba e amatissimo dagli alunni. Insegnava loro a suonare il flauto e in prima media, già i ragazzi sapevano suonarlo.
Riccardo era sempre disponibile con noi colleghi, si adoperava in mille modi per preparare i ragazzi ai vari saggi di Natale e di fine anno. Se gli chiedevo d’insegnare agli alunni l’aria della Marsigliese, dopo pochi giorni
sentivo provenire dalle mie classi il suono dell’inno francese.
Era sempre sorridente e sereno. Mi raccontava che anche la moglie insegnava educazione musicale, ma ancora non era di ruolo. Infatti una volta, lei venne ad insegnare nella nostra scuola come incaricata annuale.
Un giorno Riccardo cominciò a zoppicare. Trasportava gli strumenti musicali per i ragazzi e claudicava. Io gli chiesi il perché e di cosa soffrisse e lui rispose che si trattava di un po’ di artrosi. Nei giorni successivi continuava a zoppicare e io insistevo a domandare perché non si facesse visitare da un bravo specialista. Lui rispondeva sempre che i dottori gli avevano detto che si trattava di artrosi e che non era niente di preoccupante. La verità era che non si era mai fatto visitare attentamente.
Poi un triste mattino, Riccardo non venne a scuola. Gli alunni dicevano che il professore era assente e infatti le mie classi erano “scoperte”, come si suole dire in gergo scolastico. M’informai con i bidelli i quali non erano informati di nulla. Nelle ore successive, lo supplii come potevo. Ma poi all’improvviso esplose la bomba: il professore era ricoverato in ospedale e si trovava fra la vita e la morte per una grave emorragia cerebrale.
Noi colleghi restammo tutta la mattina con il fiato sospeso. Le notizie che giungevano da parte della moglie erano scoraggianti. Riccardo era in coma profondo. Poi in coma irreversibile.
Morì nell’arco di un giorno.
Credo non si sia accorto di stare morendo.
La moglie raccontò che non si era mai fatto visitare seriamente e aveva sottovalutato il dolore alla gamba. Un embolo, che ostruiva una vena di tale gamba, era all’improvviso risalito al cervello provocando un ictus gravissimo.
Riccardo aveva quarantasei anni.
Gli alunni rimasero scioccati. Ricordo che in quei giorni c’era chi piangeva a destra e chi singhiozzava a sinistra. Piangevamo noi colleghi ma soprattutto piangevano i ragazzi. Quei ragazzi che gli avevano voluto bene. Dicevano che adesso il professore cantava lassù con gli angeli e organizzava i cori insieme a loro.
La messa funebre fu solenne e vi partecipò tutto il nostro istituto al gran completo. Successivamente fu intitolato a suo nome l’auditorium della scuola.
Dopo dieci anni, mi trovavo a passare davanti la scuola e rividi Luisa, la moglie di Riccardo. Non mi disse il perché fosse lì, ma ne intuii il motivo: aspettava di rivedere qualcuno che le parlasse ancora del marito, che glielo ricordasse. Nei suoi occhi c’era tutta la tristezza del mondo, ma nello stesso tempo c’era anche rassegnazione, accettazione. Non avevano avuto figli e adesso lei viveva con la madre, però continuava a pagare l’affitto della casa dove era vissuta con Riccardo, poiché là tutto le parlava di lui.
Lo aveva adorato, era vissuta per lui e ora che non c’era più era come se le mancasse l’aria per respirare. Le mancavano le sue arrabbiature, le sue paturnie. Ma soprattutto le mancava l’affetto profondo che le aveva sempre manifestato. Mi disse che Riccardo era stato un marito prezioso, una persona saggia.
Io cominciai a ricordarlo e a parlare di lui. Di lui come collega di lavoro e di lui come persona. Ogni tanto si arrabbiava con qualcuno che non la pensava allo stesso modo e diveniva scontroso. Per esempio, poco prima che morisse avevo dovuto ristabilire l’armonia tra lui e una collega con cui aveva litigato. E tale collega non finiva più di ringraziarmi, altrimenti le sarebbe rimasto il rimorso per tutta la vita. Ricordai a Luisa la generosità di Riccardo e la sua disponibilità. La sua bravura nel suonare la chitarra, la tromba, il pianoforte. La sua abilità nell’intonare brani musicali e nell’insegnare ai ragazzi a cantare.
Luisa mi ascoltava parlare incantata e felice di ricordare il suo Riccardo, quel marito che non avevo mai dimenticato e che mai avrebbe dimenticato.
Mi disse che era venuta lì a scuola per rivedere qualche collega e che non si era mossa da lì nella speranza di sentir parlare e di ricordare Riccardo.


Gabriella Cuscinà

   
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