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 4 Favole e Racconti / Tales - Galleria artistica
 IL PRESEPIO DEI SENZA VOLTO
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zanin roberto
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Inserito - 29/12/2010 :  00:24:27  Mostra Profilo Invia un Messaggio Privato a zanin roberto
Sul prato verde, indurito dal gelo, la brina iniziava a solidificarsi sui steli esili di erbe arrese all'inverno, impalpabile la nebbiolina stagnava bassa, respiro debole e stentato della terra, ora vinta dal rigore della stagione. La sera stellata rallentava il tempo, la polvere del secco friggeva sulle suole e una luna ovattata di panna, impallidiva d'un riflesso argenteo mai del tutto reale. Il Santuario ottagonale sorvegliava lo spazio circostante, cipressi snelli, dritti e impettiti, non lasciavano trapelare umori e solo il volo di qualche volatile ritardatario alla migrazione, muoveva l'atmosfera di gelatina. Le figure di compensato bianco se ne stavano ferme in quel presepio irreale e improvvisato, dove le lunghe ombre di personaggi indefiniti si mescolavano al prato, forme umane che vivevano di luci deboli e riflessi rubati ai lampioni. Le sagome vestivano i prati con la natività illuminta da un faro di luce gialla, pastori e pecore tutt'intorno e i magi più in là, nell'atto d'arrivare, da chissà quale mondo. Il silenzio gravava sulla scena come prima d'una battaglia, un gelido venticello che veniva dalle steppe, si fece sentire improvviso ma non furente, l'odore di neve accennata, poco a poco divenne costante e insistito, chissà quando, chissà dove ma era nell'aria. Eppure di colpo si fece animato il cuore dei personaggi, e delle pecore del gregge, e della natività, come se si fosse destato un alito vitale generale. Mi impietrivo, non credevo ai miei occhi, quelle sagome di materiale inerte ora bisbigliavano tra di loro, un fitto dialogo di accorate osservazioni. Uno diceva all'altro che non capiva l'artista che lo aveva disegnato, questi aveva delineato la sagoma ma non i dettagli del corpo, cosi il suono del suo parlare era come un lungo mugolio di bocca cucita, e gli rispondeva una donna, che arrossendo, gli confessava, che non riusciva a trovarsi il seno e il sedere, con un'umiliazione inaccettabile, di lontano perfino una pecora aggiunse che senza pelo avevano un freddo insopportabile, da un angolo della natività, San Giuseppe con una voce sommessa, indistinto, si scusò dell'intemperanza ma senza mantello le sue nudità offendevano la Madonna, insomma in quel presepio era scoppiata una vera e propria dimostrazione sindacale!
Erano sagome deumanizzate che ora prendevano coscienza del loro stato insostenibile, non potevano avere un loro ruolo attivo per via di questa creazione stilizzata che paralizzava ogni loro dignità, colpa dei creatori che avevano avuto l'idea di non disegnare i dettagli della figura, insomma una situazione spiacevole e di grande tensione. Un re magio superando l'ostacolo della difficile composizione delle parola senza una bocca, iniziò a proporre alle altre sagome, di quel bianco presepio, una reazione comune a quello stato delle cose. Disse che bisognava tutti stendersi a terra, vibrando sul piedistallo, scivolando e cadendo al suolo, in modo di non essere visibili e lanciare un messaggio forte di malumore.
Tutti si dissero d'accordo e cosi fecero.
Una lunga macchia bianca ora giaceva sul prato, come dopo una lunga battaglia i corpi inanimati dei soldati caduti nella pugna, il vento gelido si placò, iniziarono lentamente a ondeggiare fiocchi bianchi radi come farfalle destate sulle corolle di fiori, poi il turbinio si intensificò, divenne via, via, più importante, iniziò a nevicare nella notte inoltrata, e bianco si fuse al bianco dei pannelli. Ora lentamente si cancellavano i contorni delle cose e i confini degli spazi sparivano ingoiati da una coltre che tutto uniformava. Il mattino era appena iniziato e del bel presepio non c'era più traccia.
I rintocchi del campanile seicentesco richiamavano gli uomini alla sveglia e i colombi infreddoliti si assiepavano sotto i due cipressi scuri, il cielo era plumbeo e carico di neve, l'aria si aromattizzava di quel profumo sincero di lichene. Un pittore mattutino, uno dei padri di quel presepio, passò distratto attraverso il bianco prato innevato, al momento non si accorse di nulla, rapito com'era dallo spettacolo del biancore natalizio. Lui era era uno dei creatori di quel presepio a sagome, e inconsciamente transitava di là inconsapevole del dramma consumato nella notte, passò oltre ma un forte dubbio lo assillava, non capiva cosa ma sapeva che era li, si fermò, si girò, e scrutò a trecentosessanta gradi lo spazio circostante, finalmente capi che il presepio era scomparso, ebbe un sussulto, un fremito e divenne rosso.
- " Al ladro ... al ladro!! " - cominciò a gridare con un'eco dilatato e che rimbalzava di piazza in piazza, giù per le vie. Corse sul luogo esatto dove era stato posato il presepe, affondando un pò nelle neve fresca, frugò, scavo un pò con le mani, finchè toccò un pastore disteso verticalmente a terra. Lo sollevò, lo sistemò nuovamente orizzontale, puli i contorni dalla neve, poi notò delle crespe sulla testa, dei tratti, delle pieghe , non disegnate che avevano la collocazione della bocca, un'incisione che era comparsa inspiegabilmente.
- " Che strano ! " - disse perplesso.
- " Ma che può essere successo ? " -
- " Sembra quasi che qualcuno abbia volutamente disteso le sagome a terra, per un dispetto, ma ora queste figure inespressive si erano umanizzate " -
Ci volle un pò di tempo per rimettere il presepio a posto, tutto come prima, ma la sensazione e che si fosse rotta quell'atmosfera mistica che la Natività normalmente stimola, il Natale ha una sua magia che è sottile e fragile. L'amico scultore raggiunse il compagno mentre sistemava l'ultima sagoma. Il loro gruppo quest'anno aveva realizzato questa opera, per la prima volta, per la comunità in cui vivevano, superando le tipiche gelosie e i personalismi che solitamente, gruppi di artisti, hanno da sempre.
- " Ciao, Tomaso, cos'è successo ? " - disse lo scultore, incuriosito del fervente lavoro del compagno.
- " Ciao Giovanni, stamane ho trovato il nostro presepio sotto la neve, tutte le sagome erano a terra, sotto trenta centimetri di neve, caduta sopra, nottetempo " - rispose il pittore incredulo.
- " Si, immagino, ma non è che qualcuno ha fatto uno scherzo ? " - disse con l'aria di chi la sa lunga.
- " Bè, molto probabile, amico mio, ecco vedi, se solo parlassero, sapremmo com'è andata a finire ... eh, eh, sono molto belli, gli manca solo la parola ! " - affermò con filosofia, assestando gli ultimi ritocchi, il pittore.
Il vecchio scultore osservava la sagoma di uno dei Re Magi, lo fissò intensamente, poi con un carboncino gli disegnò due labbra, gli occhi e il naso, con l'abilità di chi è avezzo agli schizzi, attratto e magnetizzato da una pulsione improvvisa e incontrollabile. Sorrideva divertito e aiutandosi con il mignolo della mano, stendeva il colore a sfumare i tratti, l'amico lo osservava e infine lo rimproverò:
- " Ma Giovanni, non eravamo d'accordo di non disegnare i contorni anatomici, avevamo deciso e concordato tutti che cosi ognuno poteva vedere chi voleva nei personaggi, sai quel concetto moderno, per cui, all'artista spetta il compito di stimolo, è lo spettatore che ultima l'opera, ... nell'astrattismo e nel surrealismo ... " - continuava la sua omelia inascoltato e quasi a convincere se stesso, mentre preso per braccio l'amico scultore, si allontanavano verso il bar non lontano, per una calda colazione.
Allontanati una decina di metri, riapparvero in cielo i fiocchi di neve e si senti cavernoso e cupo il suono d'una voce di vecchio:
- " Grazie, adesso è Natale anche per me che posso parlare di un mistero che si perde nel tempo, nello spazio di una grotta, in una mangiatoia dove iniziò la speranza per l'uomo ! " - la luce incerta, illuminò la sagoma che ora sorrideva felice mentre la neve purificava il giorno.

zanin roberto

   
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