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 Incenso e mirra/Le donne del Puntland
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Roberto Mahlab
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Inserito - 07/03/2010 :  19:54:06  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab

Già tremilacinquento anni fa, quando l'Egitto era governato da Hatshepsut, una donna assurta al rango di Faraone, le navi cariche di incenso e mirra risalivano il Nilo e il mar Rosso e trasportavano l'incenso e la mirra raccolti nell'antica terra di Punt, nel nord est della Somalia, un corno di Africa tra il golfo di Aden e l'oceano indiano.
I bassorilievi del tempio funerario di Deir el-Bahari, vicino a Luxor, nella valle dei re, descrivono le spedizioni e i traffici commerciali con la terra di Punt e gli alberi di incenso vennero piantati nello spiazzo antistante al sarcofago. La regina Hatshepsut viene ricordata per lo sviluppo pacifico dei commerci e non per le guerre.

Maryan Ismail, presidente della "associazione donne in rete per lo sviluppo e la pace", mi introduce con questo affascinante riferimento storico e letterario alla nuova tappa alla scoperta di un mondo che ai nostri giorni si sta risvegliando in tutti i continenti all'emergere dello straordinario e coraggioso contributo femminile al suo sviluppo.

Le donne del Puntland

Oggi, nell'antica terra di Punt, è tempo di guerra, prosegue il racconto di Maryan, come in tutta la Somalia, ma sull'altopiano continuano a crescere spontanei gli arbusti da cui si ricavano la mirra e l'incenso. Le resine estratte dall'albero dell'incenso erano apprezzate fin dall'antichità per i profumi ottenuti dalla sua combustione e per le caratteristiche terapeutiche nelle malattie infettive e respiratorie. La gocce di mirra vengono raccolte dall'incisione dei noduli degli arbusti e la resina è uilizzata per i prodotti farmaceutici e disinfettanti. L'utilizzo dell'incenso e della mirra nei medicinali e nella cosmetica è oggi diffuso e di conseguenza il loro commercio è lucroso e ambito.

Sono le donne a raccogliere nel Puntland l'incenso e la mirra, l'unica possibilità per garantirsi la sopravvivenza, si svegliano con le galline un'ora prima del levar del sole per avere il tempo di pulire la casa e preparare il cibo per la famiglia e mungere le mucche. Le case sono disposte in circolo nel villaggio e hanno una forma semisferica e sono costruite con rametti e poi vimini intrecciati, così come le stuoie che servono da letti e che le donne portano fuori dall'abitazione per scuoterle. Non c'è elettricità e i pozzi d'acqua per le persone e quelli per gli animali sono scavati nello spiazzo attorno al quale si erigono le casupole.

E poco dopo le donne dai nomi Meyran ("pura"), Luul ("perla") e Xawo ("eva"), si avviano all'altopiano, indossando i caratteristici tradizionali abiti africani sgargianti e aperti su una spalla per facilitare l'allattamento e avvolti attorno al corpo come dei sari fino ad essere cinti in vita, si portano dietro la colazione al sacco a base di carne e verdure e lavorano all'estrazione delle resine fino al tardo pomeriggio, prima della veloce scomparsa del sole, all'Equatore il buio arriva all'improvviso e non è saggio trovarsi ancora nella savana che ritorna ad essere il regno del re leone, il cui ruggito si ode fin nel villaggio. E in sottofondo la stridula risata delle iene.

- E gli uomini? chiedo a Maryan.

Gli uomini? In genere servono solo per fare i figli, mi risponde sorridendo, anche se, quando non sono impegnati a dormire sotto le palme, danno una mano alle donne ad avvolgere l'incenso e la mirra nei teli di iuta o della meno costosa plastica e a caricare la merce sui cammelli e le mucche, unici e preziosi mezzi di trasporto e le carovane si mettono in marcia verso il porto di Bosaso, al cui mercato sono in attesa gli emissari somali che di solito risiedono in Dubai e che rappresentano i mercanti arabi del golfo, è con essi che le donne devono trattare il prezzo di vendita. Non prima di essersi avvolte attorno alle vesti colorate un mantello islamico marrone scuro o nero, per essere lasciate in pace dai fondamentalisti.

E' una trattativa a senso unico, gli unici acquirenti sono gli arabi del golfo e le donne del Puntland non possono rilanciare, fino ad ora non si sono presentati concorrenti europei e i prodotti prendono la via dello Yemen, dell'Arabia Saudita, del Dubai e dell'Oman.

Quella via della pace rappresentata dal commercio virtuoso giusto e sostenibile delle donne del Puntland meriterebbe di essere conosciuta a livello internazionale così da attirare l'interesse diretto dalle case farmaceutiche e cosmetiche, di modo da introdurre la concorrenza e sottrarre le donne dal monopolio dei mercanti arabi.

Hanno un sogno le donne del Puntland, l'expo 2015 che si terrà nel cuore dell'Europa, a Milano, un posto nel padiglione dell'Africa, in cui esporre e offrire direttamente al mondo industrializzato i prodotti delle loro fatiche e il racconto della loro vita.

I ricavi dalla vendita delle resine vengono utilizzati dalle donne per dare da mangiare ai figli e per permettere loro di studiare, riunendoli in gruppi e pagando gli insegnanti, l'unico tipo di scuola privata che questa terra si può permettere.

- Anche le ragazze vengono fatte studiare? Mi incuriosisco, pensando alla fede islamica delle popolazioni somale.

Certamente, mi risponde Maryan, la società è matriarcale e non fondamentalista maschile, l'islam delle donne è spirituale, legato al concetto della terra che offre nutrimento e sostegno, i valori sono il rispetto verso i bambini, gli anziani, i malati.
Quando i figli maschi diventano maggiorenni, le donne del Puntland si affrettano a comprare loro un biglietto di espratrio, solitamente verso l'Europa, per evitare che siano arruolati con la forza dalle milizie fondamentaliste islamiche, comandate da stranieri, che si combattono per il controllo del paese.
E molti di questi giovani affrontano i drammi e le conseguenze della traversata del mar di Sicilia.

- Il governo aiuta queste donne? chiedo a Maryan.

Nessuno aiuta queste donne, nessun governo locale e nessun governo estero, osserva amaramente Maryan, anzi, i governi del mondo sono impegnati a commerciare in armi con le varie milizie. Il sostegno proviene dalla famiglia allargata, dalla parentela con tanti cugini di diverso grado, un'appartenenza clanica con comune e reciproca assistenza.

- Ma esiste una qualche possibilità di vita sociale per le donne in tale sforzo dedito alla sopravvivenza? E la fatica sotto il caldo dell'equatore? chiedo.

Resistenza e astuzia, mi risponde Maryan, queste sono le qualità delle donne del Puntland.

L'incenso e la mirra crescono vicino a rivoli di acqua che sgorga dalla roccia, tra gli alberi secchi dell'altopiano, l'acqua garantisce una relativa frescura e ristoro e, mentre lavorano, le donne cantano, parlano, spettegolano, decidono matrimoni, risolvono problemi.

- E perchè l'astuzia? chiedo stupito.

L'astuzia femminile, sorride Maryan, consiste nel non affrontare direttamente i problemi, nel trovare una via d'uscita. Per esempio, ti racconto una vicenda di una mia lontana famigliare...


"Non lo sposo, no, è... vecchio per me, ho solo 18 anni, lui ne ha più di 60, non lo conosco..."
"Ascolta Khadija, figlia mia", la voce decisa del padre, mentre la madre annuisce, "Aden è l'uomo che pensiamo vada bene per te, non ti è consentito rifiutare la nostra decisione".

La cerimonia nuziale durò i tradizionali sette giorni e giunse il momento in cui Aden prese con sé Khadija per portarla a casa.
"Ti farò fare una vita d'inferno, a meno che non divorzi da me", sibila la ragazza all'uomo. "Che dici Khadija", rispose Aden perplesso e un poco spaventato, "e poi come potrei divorziare da te senza perdere la faccia?".
"Va bene Aden, facciamo così, io ti sfido, se vinci tu io ti sarò docile e fedele per tutta la vita, se vinco io, divorzi da me e troverò il modo di non farti perdere la faccia", rispose la ragazza.
"E quale sarebbe il terreno della sfida?", le chiese l'uomo stupefatto.
"La lotta", ribattè la donna. E l'uomo rise. Non rideva più quando, pochi istanti più tardi, si ritrovò nella polvere con le ossa doloranti. "Se tu avessi saputo quante giornate ho passato ad imparare a far la lotta dai miei fratelli maschi..." bisbigliò sottovoce Khadija.
Aden si riscosse e parve respingere la realtà, "ti posso offrire due rivincite", Khadija si affrettò a tenerlo sotto pressione, "se ne vinci solo una, io ti sarò per sempre fedele, altrimenti divorzierai da me". Aden accettò e per altre due volte finì sdraiato a terra.

"E va bene, non voglio passare la vita così", piagnucolò Aden, "se accetto di divorziare da te, come lo spiegheremo senza che io perda la faccia?".
"Semplice", gli rispose Khadija, "mi riporterai da mio padre dicendogli che non mi sopporti perchè non ho smesso di parlare per un solo istante durante tutto il tragitto verso casa e tu non sopporti le donne che parlano sempre".

Aden pronunciò per tre volte la formula di rito per il divorzio e riportò la donna dal padre, senza perdere la faccia e salvandosi da una vita d'inferno. E, quando venne il momento, Khadija sposò l'uomo che amava...

- E quando tornano a casa alla sera, certo le donne si ritrovano le cena preparata dagli uomini, vero? chiedo con ironia, prevedendo quale sarebbe stata la risposta.

Certo che no, risponde Maryam ridendo, alla sera la cena è come una cerimonia, fuori dalle case le donne accendono i fuochi per cucinare il cibo, chiacchierando tra loro, preparano il riso, la carne, il pasticcio di angera, il muffo, le verdure e poi l'otka (carne secca) e versano il latte.

E dopo cena, la notte dedicata alle favole che le donne raccontano ai bambini prima che si addormentino, al buio, perchè nei villagi del Puntland la luce elettrica non c'è.

Roberto Mahlab
Maryan Ismail

   
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