Mio figlio nella sua telefonata, mi disse che era passato in Viale Toscana e, davanti alla sede del pane Quotidiano avere visto persone distinte e dignitose, pensionati con i capelli bianchi a prendere il pane e il pacchettino di companatico.
"...mamma, si capisce che sono persone che hanno lavorato una vita e non ce la fanno più...c’è una folla enorme, composta anche da mamme e bambini e sono nostri...non sono emigranti...è gente che non riesce più a fare la spesa..."

Alcune ricerche in internet mi riportano alla luce gli avvenimenti della nascita della Società fondata da Edoardo Banfi agli inizi del Novecento.
Lo scopo era quello di distribuire 250 grammi di pane, da consumarsi sul posto, a chiunque si fosse presentato. Sottolineò questo fatto con una frase che nella sua semplicità ed intelligenza è tuttora valida:"Fratello qui nessuno ti domanderà chi sei, né perché hai bisogno, né quali sono le tue opinioni".

I cannoni di Bava Beccaris, le guerre e le varie calamità nel 1908 convinsero la signora Galimberti vedova Valentini, il tutto con 100 mila lire di quegli anni, di fare iscrivere la "Società del Pane Quotidiano" alla Gazzetta Ufficiale, con l’aggiunta di Fondazione A. Valentini a ricordo del figlio prematuramente scomparso.
Attualmente l’associazione conta un gruppo di volontari, due punti di distribuzione e non serve solo pane, ma anche altri alimenti ad integrazione alimentare.
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Lo spirito generoso e caritatevole dei Milanesi è testimoniato da qualche secolo a partire dalla costruzione di Ospedali.
Non basta un comunicato veloce come il mio per dire tutto ciò che si è fatto e che ancora si sta facendo, forse con maggiori difficoltà di un tempo.
Ci fu poi un vero aumento di associazioni che aiutavano ogni genere di persone nella seconda metà dell’Ottocento, quando gli Austriaci tornarono una seconda volta a Milano.
La povertà era tale che metà della popolazione milanese lasciò la città ed emigrò in Piemonte o addirittura a Torino. Chi rimase si rimboccò le maniche e cercò di aiutare in tutti i modi la popolazione.
Dopo la seconda metà del secolo si può ricordare l'attenzione che il Comune dava ai bambini. Agli scolaretti delle scuole elementari, usciti Guerra degli anni quaranta venivano date giornalmente le vitamine. Poi c’era l’organizzazione della distribuzione dei quaderni, libri e cancelleria per chi non aveva possibilità economiche. Per i bambini delicati c’era la scuola invernale all’Istituto Santa Corona di Pietra Ligure e il Trotter,più antico, era la Scuola all'aperto di Milano, dove si studiava allìaperto, per respirare l'aria buona. Era nella zona nord, dove l'aria è certamente migliore. Ci andavano i bambini più cagionevoli, ma anche alcuni genitori di bambini molto abbienti facevano fare ai loro figli l'esperienza della scuola del Trotter.
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Non dimentichiamo Don Gnocchi e i suoi " mutilatini di guerra" , primo a donare le cornee dei suoi occhi quando morì, per arrivare a fratel Ettore con i suoi viaggi notturni per le fredde vie di Milano con i thermos caldi, coperte, parole buone . Riuscì ad ottenere degli spazi al coperto per i disperati. E Don Mazzi, dove lo mettiamo?
Ho parlato con Don Mazzi dal sangue caldo e generoso, sempre in prima linea.

Ed ecco i Milanesi, di nascita o no, brontoloni, con il cuore in mano, anche se non ci potete annoverare i "Damm del biscottin", fustigate dal nostro Carlo Porta o dall'Abate Giuseppe Parini.

Ma ora eccola,l'avrete vista chissà quante volte, è sempre lei, l'irascibile vecchietta: si chiama Cesira, Carlina o Maria.

E' diventata leghista accanita e non manca di telefonare a tutte le radio private per protestare sul caro vita.
L'avete vista anche voi aiutare il giovane Senegalese salito sul tram a scendere alla fermata giusta. Poi, quando questi è sceso, scuote la testa ed esclama con aria tenera da chioccia: " pover fioe..." povero ragazzo

e, rivada fin a chi , podi pùu andà avanti, se no me ven el magun...