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 Il Teatro dell'arcobaleno
 Mi chiamo Eli Ben Gal.
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Angelica Calo Livne
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Inserito - 21/01/2005 :  10:06:27  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Angelica Calo Livne  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Angelica Calo Livne
9 Gennaio 2005

Il giorno in cui si stavano svolgendo le elezioni per il nuovo presidente palestinese, a Ramallah, sono andata ad intervistare uno dei personaggi importanti del firmamento intellettuale della sinistra israeliana. Eli Ben Gal, classe 1935, francese, laureato alla Sorbona, professore di storia alla prestigiosa Universita' di Bar Ilan, a Tel Aviv. Mi e' bastato domandargli cosa pensava della situazione in Israele in questo momento perche iniziasse un lungo e pacato monologo.
"Mi chiamo Eli Ben Gal. Da 45 anni, da quando sono venuto a vivere in Israele, sono membro del Kibbuz Bar Am. Sono arrivato per la prima volta, il giorno del mio diciottesimo compleanno, dalla Francia. Mi e' sempre stato chiaro, fin da bambino, durante la Shoah, che non sarei voluto vivere in mezzo al popolo francese. La mia famiglia ed io ci salvammo dalle persecuzioni maziste nascondendoci in un villaggio protestante, ugonotto, ma quello fu l'unico villaggio francese che salvo' degli ebrei. Un villaggio intero di 3000 persone salvo' circa 3000 ebrei e lo Stato di Israele designo' tutti gli abitanti con il titolo "Giusti tra le nazioni" ma fu un caso sporadico, alla fine della guerra capimmo che questo villaggio era un eccezione. I francesi, per la maggior parte si comportarono verso la tragedia in modo spregevole e molti rimasero indifferenti a cio' che accadde in Europa nei confronti degli ebrei. La posizione antisraeliana dei francesi oggi, non e' una sorpresa. L'antisemitismo e' un'invenzione francese che e' stata poi esportata in Germania. La Francia fu, in verita', il primo Paese che concesse l'autoemancipazione agli ebrei ma attraverso l'ottica giacobina secondo la quale essi dovevano mescolarsi ed assimilarsi alla popolazione. Non a caso la Francia e' l'unico paese in Europa in cui si e' preteso di bandire dalle scuole i simboli delle varie religioni. Per tutti questi motivi non ho voluto vivere la mia vita tra di loro e questo e' il motivo per cui sono venuto qui, in Israele, per vivere come ebreo. Non vivo l'ebraismo come un sentimento "patriottico" ma piuttosto come un "proposito culturale". L'Ebraismo e' una forma di vita basata sul "Tikkun HaOlam", dal verbo tikken: aggiustare, riparare, correggere il mondo. Il patriottismo e' basato sull'origine delle persone, mentre l'Ebraismo e' basato sulla vocazione, sul destino dell'uomo. Sulla missione della societa'. Per questo le concezioni socialiste secondo le quali non si accetta la realta' com'e' ma e' dovere dell'uomo cambiarne le regole che alterano la vita, e' basata su un'idea ebraica che si tramanda di generazione in generazione. Per me essere ebreo significa non solo avere origini ebraiche, significa essermi impegnato in una responsabilita' per tutta la vita e vedo Israele non come un rifugio per tante persone che cercano un riparo, ma l'unico luogo al mondo in cui gli ebrei possono costruire una societa' secondo gli insegnamenti e i valori della Bibbia. E' chiaro che non tutti gli ebrei si sentono coinvolti in questo impegno ma ognuno puo' nel suo piccolo contribuire a questo progetto di vita. Per questo ho scelto la vita del kibbuz che nonostante stia vivendo un momento difficile, di lunga malattia, rappresenta un esempio, un vero gioiello della concezione ebraica, un microcosmo in cui ognuno e' garante per i propri simili secondo gli insegnamenti della Legge. Quando giunsi qui seppi che questo kibbuz era stato costruito sul confine con il Libano ma, parte di esso, si stanziava sulle terre di arabi e che erano fuggiti dopo la guerra del '48. Il nostro kibbuz si chiama Bar Am, figlio del popolo, e' un nome che risale al Talmud, al secondo secolo avanti l'era volgare, fu un luogo popolato da ebrei per molto tempo ma a causa delle vicissitudini e delle sanzioni dell'Impero ottomano, questi lo avevano abbandonato e vi erano subentrati arabi cristiani maroniti provenienti dal Libano, si erano stabiliti qui e avevano chiamato il villaggio Bir Am. E' chiaro che in seguito, con la nascita dello Stato d'Israele furono commesse delle ingiustizie, purtroppo e' inevitabile che tra due entita' diverse di esseri umani che vivono una accanto all'altra si creino dei conflitti. In un territorio limitatissimo, dove vivevano poche centinaia di migliaia di persone ce ne vivono oggi 6 milioni e' la divisione degli spazi e delle terre ha subito cambiamenti a volte dolorosi. I nostri vicini furono costretti a spostarsi in altri luoghi. Andarono a vivere nel vicino villaggio di Jish, andarono a Haifa, a S. Giovanni d'Acri si ricostruirono una casa ma rimasero con il ricordo di Bir Am. Il grande filosofo Martin Buber, che fu mio maestro diceva: "In un Movimento di ricostruzione di uno Stato e' inevitabile che si commettano degli errori ma si deve fare del tutto per causare il minimo dell'ingiustizia". La concezione ebraica e' basata non sulla giustizia perfetta perche' questa non esiste, ma sulla massima aspirazione per la giustizia ed e' per merito di questa concezione che siamo riusciti, nonostante tutto, nonostante gli errori inevitabili, nonostante le costrizioni per via dello spazio e della sicurezza, a creare una societa' democratica qui in Medio Oriente. Il problema principale e' che, quando iniziammo il nostro ritorno in questa terra, credemmo che i nostri vicini avrebbero accolto quello che per noi aveva il sapore di un miracolo, che condividessero con noi la gioia per il ritorno in questa terra dai 4 angoli del mondo dopo secoli di sofferenze. Non fu cosi. E da allora, da 100 anni, il movimento nazionale ebraico e il movimento nazionale arabo si fanno la guerra. E' una guerra che potrebbe finire se le due parti scendessero a un compromesso ma fino ad ora la maggior parte della popolazione araba non ha acconsentito a nessun compromesso e una minoranza israeliana si oppone. L'Europa, in maniera molto semplicistica vede in questo conflitto una forma di colonialismo ma questo e' assolutamente errato. Non c'e' nessun nesso tra il Sionismo e il colonialismo. Il colonialismo avviene quando un paese viene assoggettato da uno Stato di un continente diverso con lo scopo di favorire l'insediamento nel suo territorio dei propri cittadini o di sfruttarne le risorse economiche o di occuparne alcune localita' a scopo strategico. Le persone che sono giunte in Israele sono fuggite dai loro paesi, dove erano una minoranza, o se ne sono andate per poter vivere secondo la loro concezione ebraica in un paese dove non sarebbero stati perseguitati dove non sarebbero stati costretti ad abbandonare la loro tradizione ed adattarsi alle usanze dei paesi nei quali vivevano. Gli ebrei giunti in Israele non sono venuti dall'Europa o dai paesi arabi come rappresentanti dei loro paesi per colonizzare la terra o per far espandere il propio paese, ma per vivere finalmente in uno Stato sovrano secondo la propria identita'. E' comprensibile capire la sensazione degli arabi che si sono visti dominare dai francesi e dagli inglesi e sono passati (secondo loro) sotto il dominio degli ebrei, ma c'e' una differenza basilare. Nel 1948, Israele fu il primo stato del Medio Oriente che sconfisse l'imperialismo della Gran Britannia. Gli egiziani si liberarono dell'imperialismo francese solo nel 1956. Forse la situazione apparirebbe diversa se Israele avesse allora deciso di allearsi con i paesi arabi nella loro lotta contro l'imperialismo. Purtroppo nel corso della storia si fanno errori. Ora il problema piu' urgente da risolvere e' quello dei profughi palestinesi. Questo grave problema e' nato dalle guerre nelle quali siamo stati attaccati dai paesi circostanti e bisogna risolvere questo problema prima possibile. Finche' il mondo era diviso tra America e Unione Sovietica e la prima si schierava con Israele e la seconda con i paesi arabi era impossibile arrivare a un accordo, ma ora che la mappa mondiale e' cambiata radicalmente, l'eventualita' che Israele possa essere distrutta non esiste piu'. I paesi arabi iniziano a capire, non per amore del sionismo, ma per mancanza di scelta, che devono sforzarsi di migliorare le condizioni della popolazione e questo significa rinunciare a questi 21.000 km quadri che e' Israele. Che cosa sono 21 mila metri quadri? Appena la grandezza del Veneto. Questa e' l'estensione di Israele fino alla guerra del '67 e lo sara' dopo la costituzione di uno Stato palestinese. Cio' non toglie che c'e' ancora una gran parte di arabi estremisti per i quali distruggere Israele e' ancora piu' importante di creare una democrazia che risani la situazione nei Paesi del Medio Oriente. Ci sono comunque correnti in Egitto e tra i palestinesi che si rendono conto che il bene del popolo arabo e' piu' importante della distruzione di Israele. L'America e' dalla parte d'Israele ma non e' pronta ad inimicarsi tutti i paesi arabi per questo fa pressione su di noi affinche' accettiamo un compromesso. Il controllo di Israele sui territori arabi conquistati dopo la nascita dello Stato d'Israele e' uno dei motivi di grande diniego nei nostri confronti e molti cittadini israeliani sono pronti a rinunciarvi, la prova lampante e' la nostra rinuncia alla Penisola del Sinai che restituimmo all'Egitto e che, per estensione e' vasta tre volte Israele. Nel 2000 abbiamo rinunciato alla fascia del Libano che assicurava la sicurezza del Nord del Paese. Ed ecco, mentre siamo seduti nella sala da pranzo del Kibbuz, vedo qui di fronte, a 150 metri, le case libanesi e da quando siamo usciti c'e' calma. Una parte dei palestinesi sono pronti a dialogare ma una parte, i profughi, coloro che lasciarono le loro case a causa della guerra e non furono accolti dai paesi vicini, dai loro fratelli, come noi accogliemmo gli ebrei scacciati, scacciati non fuggiti, dai paesi arabi nel 1948 rimangono ostili e chiusi nelle loro posizioni. I Paesi arabi li mantennero in una situazione di disperazione che nel corso di questi trent'anni ha generato l'odio piu' profondo verso Israele, con l'intenzione di creare un'arma letale per l'annientamento dello Stato d'Israele. Le forze di pace esistenti oggi nel popolo palestinese non derivano da un improvviso amore per Israele ma dalla consapevolezza che Israele e' troppo forte per essere eliminata dalla cartina geografica e con tutto cio' se la situazione si perpetrera' in questi termini la loro disperazione potrebbe trasformarsi in una potenza che porterebbe a una tragedia. C'e' una grande stanchezza. Il desiderio di pace dei due fronti e' desiderato piu' per la stanchezza delle due parti che per l'amore per la pace. In Israele purtroppo si e' costituito e consolidato un gruppo di persone che sta' prendendo forza e che sta' bloccando tante possibilita' di giungere ad un accordo. E' il gruppo dei Sionisti religiosi che nel corso della storia fu un il ponte tra gli ebrei ortodossi e gli ebrei "liberi". Gli ebrei ortodossi non credevano e non accettavano uno Stato ebraico che non rispettasse tutte le Leggi della Tora' ma accettarono di vivere in Israele chiudendosi in piccole comunita' come Mea Shearim. I sionisti religiosi invece videro nella costituzione dello Stato ebraico una visione messianica e fecero da legame tra gli ebrei ortodossi, attraverso la religione e con gli ebrei "liberi", non osservanti (non amo usare la parola "laici") attraverso la costruzione dello Stato d'Israele. Uno degli incidenti della guerra del '67 e' che questi ebrei, buoni e preziosi, hanno perso il controllo. Gli ebrei liberi vedevano Israele come un evento politico, gli ortodossi come un evento politico pericoloso, i sionisti religiosi lo videro come una visione messianica dove D-o stesso aveva preso parte all'evoluzione della Storia e dal '67 si sono trasformati in estremisti. Hanno dimenticato l'importanza dell'unione del popolo ebraico. Hanno trasformato la discussione politica in una discussione teologica. Sono diventati ultra, ultranazionalisti e deliberatamente, senza una decisione del governo, sono andati a costruire le loro case in mezzo agli arabi nella West Bank. L'unica possibilita' che abbiamo di mantenere il nostro Paese integro e' che si stipuli un accordo tra Ebrei "liberi" e religiosi ortodossi evitando questi estremisti religiosi. Per gli ortodossi la cosa piu' importante e' l'educazione nelle loro scuole secondo i loro programmi di studio e il rispetto delle leggi, del Sabato, delle loro regole di vita e le tradizioni. Per gli ortodossi la "grande Israele" non e' un valore fondamentale. La soluzione del conflitto e' chiara. Cio che non sappiamo e' quante persone dovranno essere ancora sacrificate prima che si possa giungere a questa soluzione: si dovranno costituire due Stati vicini secondo i confini del '67. La costituzione di uno Stato Palestinese vicino allo Stato d'Israele e' l'interesse primordiale dei due popoli. Gli ebrei dovranno rinunciare alla visione teologica del sionismo religioso e gli arabi dovranno finalmente rinunciare a distruggerci. Non credo che ci sara' una "Pace", dei rapporti come tra l'Italia e la Francia. Dovranno passare delle generazioni per arrivare a una pace, e' quasi un'utopia, ma ci sara' un accordo e questo bastera' per migliorare la situazione di molti, se non tutti, qui in Medio Oriente. I palestinesi carichi di rancore, nati e cresciuti nei campi profughi, cambieranno le loro posizioni quando finalmente riceveranno una casa, un lavoro, delle sicurezze e dovranno abituarsi ed accettare l'idea che quando ci saranno due Stati vicini, Israele e Palestina, il nostro paese rimarra' aperto agli ebrei di tutto il mondo anche se c'e' una minoranza di arabi cittadini israeliani, e lo Stato palestinese che obbliga tutti gli ebrei ad abbandonare le sue terre, dovra' accettare di essere un indirizzo per gli arabi che vorranno tornare da tutto il mondo. Non si puo' pretendere che tutti gli ebrei degli insediamenti escano dai territori palestinesi e tutti i profughi arabi che vogliono tornare nelle loro case vengano in Israele. Non possiamo suicidarci.
Mai come in questi giorni e' apparsa un'opportunita' cosi chiara di apertura a un nuovo futuro. Ora, proprio oggi, questo miracolo sta' succedendo e non puo' essere un semplice caso. Oggi, mentre i palestinesi vanno alle urne per scegliere un nuovo presidente, relativamente moderato, Ariel Sharon, sta' stipulando un accordo con gli ebrei ortodossi senza i fanatici religiosi. Sharon al quale abbiamo rivolto mille critiche, che abbiamo deplorato per la guerra in Libano, con il quale abbiamo un conto aperto per tanti motivi, sta' mettendo in pratica il distaccamento da Gaza. Finalmente anche lui sta' diventando un "soldato di pace" e forse insieme ad Abu Mazen, sara' l'artefice di una nuova era.
Angelica Calo' Livne'

Angelica Calò Livnè
http://www.concertodisogni.com/angelica/index.htm

   
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