Mentre cercavo notizie su una antica melodia dell'Epifania, per la precisione " Siamo i 3 re, veniamo dall'Oriente" mi sono imbattuta nell'interessante indagine a cura dell'Istituto di etnomusicologia dell'Univerità di Trento. Ho sentito e visto cantare questo "canto di questua" a tre voci dai bambini della Val di Fassa mentre, travestiti da Magi portavano per le vie del paese una stella su una ruota, che facevano girare mentre cantavano questuando.

Data la scarsa considerazione che ho in genere su come vengono condotti questi studi, devo dire che sono rimasta affascinata dal rigore e dalla serietà con cui lo studio è stato avviato,arricchito con esempi di registrazioni dalla viva voce dei cantori che rammentato questi testi della tradizione orale.
Diamo voce agli studiosi:

Il patrimonio musicale ancora presente in Trentino costituisce l'ambito d'indagine privilegiato del Laboratorio di Etnomusicologia del Dipartimento di Scienze Filologiche e Storiche, attivo presso l'Università degli Studi di Trento dal 1996.
Il patrimonio di canti trasmessi per tradizione orale del Trentino è caratterizzato dalle forme di canto polifonico, a due o più parti vocali, sono quasi sempre senza accompagnamento strumentale.

Secondo un luogo comune molto radicato, anche perché alimentato da tante trasmissioni televisive, il canto di tradizione orale dalle nostre parti sarebbe oramai scomparso o in via di rapida sparizione. Soltanto pochi anziani - si crede - "ricordano qualche antico canto" che eccezionalmente sono in grado di rieseguire. Altrimenti, se si vuole conoscere l'eredità della tradizione vocale di montagna, bisogna indirizzarsi verso i cori alpini organizzati (modello SAT/SOSAT) e le relative armonizzazioni delle "melodie di una volta".
In realtà le cose non stanno affatto così: ancora oggi in Trentino - così come in tutto l'Arco Alpino - esiste un ricco e articolato patrimonio di canti trasmessi per tradizione orale - ed indipendentemente dai cori alpini organizzati - che la ricerca etnomusicologica studia attivamente.
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Tali processi di trasformazioni sono sempre avvenuti: già cento venti e più anni fa, ad esempio, l'erudito trentino Nepomuceno Bolognini si lamentava a modo suo della perdita del canto e delle tradizioni popolari che "a poco a poco vanno scomparendo, soffocate e rimpastate dall'invadente affratellamento dei popoli che viene, viene a corsa sfrenata nei posti di terza classe delle ferrovie e dei tram a vapore o a cavalli che sia"!

Per maggiori informazioni vi rimando all'indirizzo esatto,dove potrete anche ascoltare gli esempi "raccolti dalla viva voce" , secondo metodologie che ci permettono di toccare con mano la realtà del canto popolare trasmesso oralmente.

http://etnolab.lett.unitn.it/introduzione.htm

I riti religiosi e pagani che accompagnavano la festa di Natale non si esaurivano nella sola festività del Natale, che tra l'altro in Europa non cade nello stesso giorno. Il Natale Ortodosso infatti si festeggia nella notte dal 6 al 7 gennaio.

Per quanto riguarda i riti della Stella legati ai Re Magi, venivano proposti la sera del cinque gennaio. In Lombardia sconfinavano anche nel Canton Ticino, dove si parla un dialetto simile al Lombardo, comprensibile dalle persone provenienti da Milano ad esempio.

Il più famoso proviene da Premana, cittadina in provincia di Lecco conosciuto come “Noi siamo i tre Re”.
In questa località i Re Magi sono impersonati da tre giovani coscritti a cavallo, preceduti da una stella lucente. Tutta la popolazione segue ancora oggi l’avvenimento con grande partecipazione cantando in coro.
Il rituale dei canti della Stella è diffuso non solo sull’arco alpino; anche gli Appennini romagnoli e toscani lo conoscono con il nome di “Befanate” che stanno all'origine del teatro italiano insieme ad altre forme,( cfr. Toschi-L'origine del teatro italiano)

Anche le “Pasquelle” o "Pasquette", sono "canti di questua della notte dell'Epifania" del centro e del meridione d'Italia e vengono cantati con le stesse, o quasi, modalità la sera del 5 gennaio.

Elena F.

Ho sentito molte volte narrare la leggenda del sarcofago dei Re Magi a S. Eustorgio, abitando allora non lontano da questa antica basilica, bellissima nello stile romanico sobrio ed elegante, con i mattoni rossi e la facciata a capanna.
Ho trovato in un sito milanese la leggenda dell'arrivo a Milano delle reliquie dei magi, ben conosciuta dai milanesi.
Tra storia e leggenda è molto curiosa e ve ne riproduco una parte.

dal sito www.milanoin.it
"... basilica di S. Eustorgio con la scritta "Sepulchrum Trium Magorum" . Quando i viandanti arrivarono in città, la fatica rese impossibile trasportare oltre Porta Ticinese il ponderoso sarcofago; allora Eustorgio, saggiamente, ordinò che in quel luogo venisse costruita la basilica dei Re Magi, dove vennero deposte le sacre reliquie. Lì rimasero fino al XII secolo, finché non furono rubate. Era il giorno il 10 giugno 1164, dopo la famigerata distruzione della città ordinata da Federico Barbarossa. Le spoglie trafugate furono portate a Colonia e deposte con grande solennità in un’urna d’argento intarsiata, nella chiesa di San Pietro. Ma i Milanesi non si rassegnarono mai alla perdita del sacro tesoro, tanto più che consideravano le ossa dei Magi miracolose contro i mali e i sortilegi. Fu Ludovico il Moro a chiederne per primo la restituzione nel 1494, e coinvolse nell’impresa anche Papa Alessandro VI, senza però ottenere nulla; neppure re Filippo di Spagna, Pio IV, Gregorio XIII e Federico Borromeo riuscirono ad avere soddisfazione. Solo il Cardinal Ferrari, nel 1903, riuscì ad ottenere in restituzione qualche ossicino, che tuttora è custodito dentro un piccolo scrigno, posto in una cavità della parete, sopra l’altare dei Magi nella basilica di S. Eustorgio.
Elena F.