A contarci saremmo stati circa dieci, i fedelissimi
A volte diventavamo molto di più, dipendeva dal da farsi
Stefano, Vanni, Rosario, Roberto, Mario, Claudio, Alfredo, Romolo, e gli altri non me ne vogliano
Nomi che si chiamavano mille volte in una giornata
L’età era quella del gioco e non contava il resto
Scarpe sciolte indica un modo di essere, quasi uno status di appartenenza
Di quelli che venivano da famiglie normali, e che spesso giocando si ritrovavano con i lacci delle scarpe che avevano abbandonato stretti nodi
Ma poco ci importava
Avevamo troppo da fare per pensare di rimediare
Indicava anche quella libertà che poi con gli anni svanirà senza dirti niente
Cosi, in silenzio, trovandosi sempre di più ad allacciarsele quelle scarpe
Le immagini certo sono sfocate, ma la sento quella pulsione che ci agitava
Le scorribande nel quartiere
Le partite di basket nel campetto delle “cape ‘e pezza” – (le suore)
Le Olimpiadi create con quel poco che si aveva, con trofei a volte raggiunti
Campionati di pallavolo tra divisori metallici di condomini, con in palio buste gonfie di giornalini
L’albero di albicocche a volte depredato e le urla di imprecazione del proprietario
La mascolinità espressa in giochi come “uno ‘mpont’’ a luna” – (Salta cavallo)
Eravamo felici
Lo eravamo soprattutto perché avevamo scarpe sciolte