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 "Perchè non sei venuta prima della guerra?"

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R A S S E G N A     A R G O M E N T I
Roberto Mahlab
La Sala Trivulziana del Castello Sforzesco di Milano ha ospitato l’undici maggio l'incontro con la scrittrice israeliana Lizzie Doron che ha presentato al pubblico la sua ultima opera :”Perché non sei venuta prima della guerra?”, un testo di una dolcezza straordinaria, edito in Italia dalla Giuntina, con traduzione di Shulim Vogelmann, un libro che espone una delle tante anime di Israele.

La Sala Trivulziana è bellissima, raccoglie due piani di libri storici di antica fattura, lo sguardo si perde solo nel leggere le date di pubblicazione di volumi in francese, italiano e tedesco con raccolte di riviste e di opere d'arte, gli anni indicati sui dorsi lasciano il fiato in gola dalla curiosità, il 1890, il 1916 e così via, proprio il posto giusto per sentirsi partecipi della letteratura e della Storia che l’autrice desiderava trasmetterci.

Il libro di Lizzie Doron è una collezione di storie brevi che hanno come unico filo conduttore la descrizione della vita quotidiana nella Terra di Israele di una scampata ai campi di sterminio nazisti, Helena, la tristezza e l'ironia della dignità con la quale la donna affronta il nuovo mondo, le sue timide azioni e reazioni condizionate da un passato che le fa da scudo e che viene riadattato alle circostanze presenti, ogni avvenimento, dalla visita medica all'eredità di antiche porcellane, dalle feste in casa al ricovero per le cure mediche, viene razionalizzato dall'insegnamento della sofferenza trascorsa altrove, un'esistenza parallela dalla quale non può sganciarsi, che le impedisce di aderire pienamente al nuovo mondo, ma che ha le sue regole e la sua logica nel partecipare ad esso.

Nel corso della conferenza stampa, l’autrice ci racconta della sua giovinezza trascorsa con la madre scampata ai campi, in un quartiere dove tutte le famiglie erano formate da superstiti e in cui i figli vivevano con la consapevolezza continua del passato tragico dei genitori. Ci narra dell'angoscia dalla quale i figli si sollevano solamente quando si staccano dalle famiglie per trasferirsi, per il servizio militare o per costruirsi il proprio focolare, in altri quartieri e in altre zone del paese. Quasi una seconda riscoperta di Israele, suggerisce la scrittrice.

Lizzie Doron ci espone con voce tesa ed emozionata come, durante la guerra del golfo degli anni novanta, mentre i missili lanciati da Saddam Hussein cadevano sul paese, disse al marito che avrebbero dovuto resistere e rimanere perché Israele è la Terra degli ebrei, ma subito dopo gli chiese di adoperarsi per trovare una via di scampo per i figli, magari acquistando per essi una casa in America. E’ l'incombente nube nera che mai abbandona l'animo della generazione europea dei figli dei superstiti della Shoà, la consapevolezza della sofferenza di chi li ha preceduti e l'angoscia e lo sforzo per salvaguardare chi li seguirà. Il libro di Lizzie Doron è capace di raccontare tutto questo e di riempire il cuore del lettore con infinite domande sul senso della vita condizionata da catastrofe e speranza, dalla perdita subita e dalla corsa disperata per aggrapparsi al tempo rimanente, con la triste ironia dell’essere umano che pare riflettere la rinuncia fatalistica a ricominciare a vivere pienamente.

Roberto Mahlab


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