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Roberto Mahlab
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Inserito - 29/01/2002 :  15:00:25  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Roberto Mahlab  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a Roberto Mahlab
Io non sono mai stato capace di andare in bicicletta, le mie esperienze importanti con questo mezzo sono state solo due.

La prima fu una decina di anni fa con un mio amico di universita', mi convinse ad accompagnarlo in una gita in bici verso l'Idroscalo di Milano e io tirai fuori dalla cantina la bicicletta che avevo comprato qualche anno prima e che non avevo mai usato, se non per i brevissimi spostamenti verso il Politecnico a cinquecento metri di distanza da casa.
La nebbia quel giorno scoraggiava persino gli automobilisti e la strada era deserta, occupata solo da me in equilibrio cosi' precario sulla mia bici che il mio amico terrorizzato dalla responsabilita' pedalava con lo sguardo rivolto all'indietro pronto a soccorrermi. Fu cosi' che voltato verso di me ando' contro l'unico palo di quella strada e lo soccorsi io, ci fermammo all'aereoporto e tra gli spettatori sbigottiti dalla scena io tirai fuori un cerotto che avevo preparato per me e glielo misi sulla piccola ferita. Non mi invito' mai piu' in bicicletta con lui e cosi' la rimisi in cantina da dove usci' qualche anno dopo perche' la regalai.

La seconda esperienza fu in estate a Zermatt un paio di anni fa, noleggiai una mountain bike per salire a circa duemila metri da dove partiva la funivia per il Piccolo Cervino, la strada e' una meraviglia della natura e del panorama. Il gestore del negozio mi guardo' piuttosto preoccupato osservando che non avevo ben chiaro da che parte salirci e a che cosa servivano i cambi e le leve, meta' del tempo di noleggio lo trascorsi attaccato con una mano ad una ringhiera fuori dal negozio per cercare di montare sulla bici. Poi cominciai a pedalare, era bello, con il cambio giusto non si faceva neppure fatica, finche' comincio' la salita e mi accorsi che non riuscivo a tenere il manubrio diritto e anzi quando cercavo di pedalare in salita il muso della bici ruotava verso la discesa come se la sua coscienza avesse preso le redini e avesse deciso di tornare al negozio per evitare guai, io volente o nolente. Intanto si era aperto di fronte a noi, la bici ed io siamo i noi, un angolo di bosco che dava sul Cervino e cosi' decidemmo di sospendere le ostilita' e di avviarci verso quella meravigliosa panchina di fronte al mondo. La bici si sdraio' per terra a riprendere fiato e io mangiai due tobleroni, poi riposati e rinfrancati ci facemmo coraggio e riprendemmo a salire, ma stavolta mi ero fatto furbo e calcolato che con il mio passo saremmo arrivati in cima a notte fonda presi la situazione in mano e mi misi in spalla la bici. In quella localita' i turisti che incroci hanno la buona abitudine di sorridere e salutare e fermarsi a chiacchierare con tutti quelli che passano e io ricordo bene la faccia stupefatta di una coppia tedesca che perplessa mi chiese perche' mai avevo noleggiato una bicicletta per portarmela in spalla invece che permettere a lei di portare me e io non risposi che non ero capace di pedalare naturalmente, ma che era un nuovo tipo di esercizio per i veri atleti e la sorpresa della coppia si trasformo' in ammirazione.

Pero' la situazione muto' al ritorno, non so come riuscii ad inforcare la bici e ci gettammo in discesa, un sogno sentire il vento fischiare e soprattutto un senso di liberazione rendermi conto di un improvviso fatalismo che mi aveva fatto dimenticare ogni timore, infatti non sapevo che cosa premere per frenare e cosi' mi lasciai andare. Arrivammo al negozio all'imbrunire, sentivo un'esaltazione formidabile e assaporavo l'affetto che quella bici ormai sentiva per me, come se fossimo diventati un tutt'uno. Quella sera nei locali pieni di musica di Zermatt un uomo sorrideva sereno e alla domanda del perche' che gli rivolgeva la bellissima barista del locale in legno verde scuro e con le finestre di cristallo che davano sulla illuminata via principale del paese sotto l'ombra del Cervino, io risposi :"stasera ho vinto anch'io", le uniche parole pronunciate da Sylvester Stallone alla sua amata Rhonda nel film Rocky, per il resto del film non avrebbe potuto dire altro, adesso capisco, forse anche lui era paralizzato dal terrore di quei guantoni e dal pensiero :"ma che ci faccio qui" e "fiuuu...che bello essere ancora vivo".

Be' nei prossimi giorni andro' al cinema con gli amici, in tram, no no, non me lo metto in spalla, state tranquilli.

:-)
Roberto




   
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