Concerto di Sogni
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 asgold ( ossia me stesso )
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theclide
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Inserito - 17/01/2002 :  00:26:49  Mostra Profilo  Replica con Citazione Invia un Messaggio Privato a theclide
Cari amici,

ho appena finito di leggere un libro di andrea de carlo "nel momento" che riporta nella mai mente il rapporto di coppia, il grande amore, i sogni , quell'esplosione dei sensi tipica dell'amore che ti circonda e ti sconvolge, penetranto in ogni tua parte piu intima e rendendoti lontano dalla realtà.
Questo amore ti immerge nella speranza, nella felicità che qualche volta puo ingannare o ferire. Ricorda, la quarta dimensione è diversa dalla realtà materiale delle cose; nella superficialità ogni cosa è quello che si vede, che si sente, che si tocca; ogni cosa a un peso, un volume, un aspetto, al contrario nel mondo delle emozioni e dei sentimenti ( la quarta dimensione) nulla ha un aspetto, un peso, o un volume e qui sta il bello e il brutto dell'essere parte integrante di questo universo .........

ASGOLD

........assaporavo ogni istante di quei giorni felici , Marta era la perfezione, ogni sua frase ben costruita e articolata creava una forma di dialogo tra noi stilisticamente rigogliosa e vellutata.
Le serate insieme ci rendevano forti e sicuri di noi stessi, i nostri corpi vagavano nella penombra serale, accompagnando quelle emissioni vocali distinte. La gente ammirava quella brillante lucentezza metallica che emettevano le nostre figure ritte e ben addobbàte da vestiti eleganti, i quali ci proteggevano dal calore del sole, dal calore di quelle anime che di tanto in tanto ci sfioravano ........
Era cosi che mi perdevo nei suoi piu vari discorsi, che sembravano dare velocità ad un'ingranaggio che roteava su se stesso, in modo costante, spostando l'aria che si opponeva al suo ciclo rotatorio.
Da questo organo meccanico le parole slittavano veloci e ordinate attraverso bielle, pistoni, camme, cinghie, pulegge, senza generare alcun attrìto vorticoso; i concetti frullavano seguendo leggi fisiche, accelerando e rallentando su e giu per diagrammi di forza, curve e grafici, fino ad arrivare alla mia persona, tramite un altro ingranaggio con la stessa identica dimensione e velocità angolare senza aver perso la benchè minina forza cinetica e potenziale. Il tutto mi pareva sublime, i suoi concetti logici tanto belli e complessi, frutto di una mente colta ed elastica, che si adattava ad ogni esigenza, situazione, processo, evento .........
Questo piccolo universo ben costruito fu per me meraviglia e piacevolezza dell'elevazione intellettuale.
Nelle varie situazioni usavo le mie risorse al massimo delle loro potenzialità; pescavo i termini e gli atteggiamenti dal mio archivio mentale e quando un concetto giungeva nuovo, ascoltavo, memorizzavo e archiviavo.
Adoravo questo modo meccanico di pensare; il ricreare tramite il mio elaboratore elettronico, alloggiato nella scatola cranica, la frase ad effetto ricercando accuratamente di spogliare le parole dalla noia e ripurirle dall'immondezza dei doppi sensi. Quello che rimaneva nell'aria di questo processo era un'incredibile meccanismo meccanico-concettuale perfettamente oliato dalle parole, il quale funzionava benissimo dando come risposta ordinati movimenti automatizzati che una volta costruiti venivano sottoposti al giudizio di un'altro elaboratore con lo stesso identico principio di funzionamento. E l'abilita dove era?
L'abilita sta nel ricreare una sempre piu incredibile armonia nei movimenti fisici utilizzando lubbrificanti lessicali sempre piu potenti e competitivi per generare una fredda perfezione metallica.
Passavano i giorni, le settimane, i mesi , e il nostro meccanismo si articolava sempre più fluido in ogni istante e capace tramite sistemi retroattivi di compensare qualsiasi variante indesiderata.
Crescemmo tecnicamente a tal punto da cercare di evitare tutto cio che non era artificiale, trascurammo i prati verdi, il contatto con la terra, l'odore dei boschi e l'affetto istintivo degli animali; perchè essi, rendevano meno brillanti e luccicanti le nostre pesanti corazze di stoffa. Noi provavamo il gusto della bellezza plastica tralasciando completamente il sentimento e l'emozione.
Il tempo scorreva e con esso, la nostra fredda vita, che imboccava due binari che convergevano verso l'egoismo fattosi istintivo. Ormai non ci accorgevamo piu di nulla che non fosse concreto e ben delineato. Ogniqualvolta il destino ci portava al centro dell'attenzione, la preoccupazione andava alla nostra corazza, e al pregiudizio, che aveva origine nel pensiero altrui , questo!! era l'unica ragione di vita ..... NOI VIVEVAMO PER PIACERE A CHI CI STAVA ATTORNO.
In una calda nottata di luglio, dopo aver riaccompagnato a casa Marta, mi trovavo insonne e matido di sudore sdraiato sul mio letto a dorso nudo, ricercando disperatamente si assaporare una fresca brezza che raramente si materializzava nello spazio attorno a me.
Il fatto di non riuscire a prender sonno mi dava fastidio, mi irritava, perchè il quell'istante vedevo ben delineata la stanchezza che mi avrebbe assalito il giorno seguente, verso le prime ore del pomeriggio, dove solitamente si concentravano tutte le mie debolezze fisiche col chiaro intento di fammi crollare in un dormiveglia devastante che avrebbe inquinato il prodotto del mio lavoro.
Decisi allora di leggere qualcosa, mentre sceglievo fra la mia povera e male organizzata biblioteca tecnica personale, mi scappò l'occhio sull'album di fotografie. Esso se ne stava perso e abbandonato nella mensola piu difficilmente raggiungibile; appena tentai di sfilarlo, mi accorsi che sul bordo superiore si perdeva velatamente un infinitesimamente sottile strato di polvere, ilquale mi creò nella mente la sensazione che quelle immagini schiacciate da due rossi manti di cuoio e dalle infinite faccette di plastica trasparente non mi appartenessero più, come se le avessi riufiutate inconsciamente, eliminandole dai miei ricordi ora zeppi di tecnica e stile ma poveri di sentimenti .......
Sedetti sulla mia poltrona e lì, aiutato da una spendida luce lunare, aprii una finestra che si affacciava in quel vecchio mondo edificato su ricordi apparentemente estinti.
Rividi la mia figura da infante e da bambino in tutte le tappe che portano un neonato a diventare uomo. Ogni pagina che sfogliavo partecipava alla ricostruzione che avveniva nella mia mente di un paesaggio montuoso dove ripide guglie naturali si alternavano a profonde vallate nelle quali il vento si insinuava fresco e rapido come non era mai accaduto da tanto tanto tempo. esplodevano in me le emozioni una dietro l'altra senza un ordine logico, la prima volta che camminai, la prima bicicletta, gli amici di infanzia, i genitori, i parenti, tutto il mio mondo passato ma non trapassato riprendeva nuovo vigore e intanto, il paesaggio montano si completava con verde dei boschi piu sfrenato, il cielo azzurro intenso , il colore delle albe e dei tramonti. Mi sembrava di riascoltare il riflesso dell'eco di campanacci delle mandrie che pascolavano avevo sensazioni tanto reali, vicine e assordanti...... , gli uccelli che mescolavano i loro suoni suadenti fecero risollevare la recettività del mio spirito, ora tutto danzava armoniosamente e splendidamente in quel paradiso.
Rimasi assuefatto dopo tanto tempo da quello stimolo di sognare e intanto le pagine dell'album passavano una sull'altra risplendendo nel sublime del mio animo. Le ultime fotografie mi riportavano alla mente il mio servizio militare, lassù in trentino, lontano da casa, e in mezzo a tanti amici dove si passavano semplici serate. Ognuno di noi si muoveva in quell'atmosfera strana composta solo da uomini, anzi ragazzi adolescenti ricolmi dei propri sogni , desiderosi di vivere e ricchi di aspettative per quel che sarà la loro vita futura.
Scorrendo con la vista le varie immagini comparivano i miei cari ma oramai lontani amici, con i quali ho patito sofferenze e assaporato gioie; le figure di Ivan, Ulisse, Agostino, Emanuele, Nicola, Cristian, Alfred mi parevano tanto pure e vive, i loro sorrisi cosi veri e senza maschere, liberi da ogni complicazione mentale e assuefazione alla noia. Quelle foto mi coinvolsero a tal punto che mi alzai col il cuore che scandiva un ritmo immaginario , mi mossi attraverso la mia camera a piedi nudi e sentii come mai prima la mia pesantezza nel contatto con il suolo, la mie pelle si torceva ad ogni passo frapponendosi tra le ossa e il pavimento generando un rumore inconsistente e strano che mai avevo colto forse dato dalla presa di coscenza di ciò che ero diventato.
Portai il mio corpo vicino alle mensole con tutti gli oggetti cari, presi il cappello alpino zeppo ancora di spille luccicanti, simboli metallici del mio percorso militare, delle abilità acquisite, ripagamento di tante lunghe ma piacevoli sofferenze, raddrizzai la nera penna con delicatezza, sfiorando solamente la sua forma che nascondeva in se lo spirito dell'alpino, quello spirito di chi è sempre a disposizione del prossimo , di chi ama aiutare e di chi trova nel sorriso e nella gratitudine il più alto compenso che un essere umano possa ricevere. Rimasi immobile per un attimo perso nel limbo dei ricordi fattisi vivi e lucenti, deglutii profondamente e dopo un attimo indossai il cappello con la delicatezza con cui un re mette la propria corona sia essa tempestata di diamanti o spine ..........
Tornai a godere del riflesso lunare e a cogliere lampi di vita passata nelle pagine dell'album fotografico, ed ora finalmente sentendomi di nuovo parte dei miei cari amici, voltai le ultime pagine con una pace stellata nel cuore, e incastrato nel ripiego dell'ultima copertina vidi una busta un tempo bianca ora ingiallita e resa opaca dalle intemperie del tempo e dalla pessima qualita dell'impasto cartaceo. La mente mi si svuoto di colpo, scese la notte e sentivo unicamente il mio cuore con il suo lento e incostante tambureggiare, mi faceva perdere in un limbo , appeso a un filo nel vuoto assoluto ricolmo di oscutiva addensata.
Aprii la busta con una certa diffocoltà, le mie mani sembravano rallentate da mille e mille filamenti che come ragnatele opponevano una lieve e disgustante resistenza; una volta spostato il ripiego la colla ormai logora che a fatica teneva insieme le piege del foglio che costituiva la busta cedettero e cadde sull’album di fotografie il decrepito involucro.
Il contenuto della busta consisteva in alcuni fogli che nascondevano il loro contenuto nelle facce interne della Piega, li presi tastai la loro consistenza e vidi che il loro stato non era dei migliori come del resto il loro incartamento. Spiegangoli vidi il primo foglio scritto in una calligrafia alquanto infantile ma dolce e riccha di vita propria...........
Lessi quanto segue .....

IL tramonto

Quando sorge il sole
non lo riconosco,
Nel tramonto invece
ritrovo la mia figura,
Essa è tanto sorridente
Quanto gemente e cadente.
Scompare, si perde dissolta
Nel dolore, nella morte.

Quell’ultimo grido di luce
si strozza lontano nell’ombra.
Quell’ombra che cala velata,
aprendo il cammino alla notte.
Quanti tramonti, quante morti,
triste abitudine d’esistere
nel mio cuore provato.

Tutto è dolore attorno a me
tutto è triste, tutto buio,
È nell’oscurita che vago.
Da quando nacqui non ebbi albe,
ma solo tramonti.
Ed ora che l’alba si affaccia,
Non la riconosco, non è mia;
Oramai amo solo il tramonto.


Storia di un ragazzo sorridente

Giovanni era un ragazzo alto e magro , il suo viso sprofondava nelle lentiggini, il sorriso sembrava che gli fosse stato stampato in faccia dala nascita, sapete, non lo abbandonava mai , era il suo segno di distinzione nel mondo, sorrideva di fronte a tutto, dall’essere sgridato, picchiato, baciato e deriso, la morte lo faceva sorridere con la stessa espressione che nutriva sulla battuta sporca......
Era strano, stranissimo, non faceva male a una mosca , non urtata nessuno ma quanto si muoveva: faceva, sbrigava, toglieva, metteva, correva, urlava e tutto col sorriso .......; La sua voce ricordava spesso quella di cartoni animati tanto era piena di alte e basse ma sempre sinuose onde sonore. Nel profondo dei suoi occhi scorreva un fiume e nella fronte aveva un segno che lo distingueva dal mondo , creando un taglio netto tra lui e gli altri........
La sua vita era tristezza pura, un succedersi di eventi devastanti che scorrevano tuttora in quegli occhi che aprivano una voragine di contrasto col sorriso ridente delle labbra.
Mi ricordo all’età di undici anni quando andavo a casa sua e mi ritrovavo in un piccolo salotto solo con lui ad attingere dal bar vacui desideri. Nel frattempo sua madre stava nella stanza sopra noi, alimentando quel piacere di chi pagava quei vacui desideri.
Giovanni tutte le sere si perdeva cosi inebriato dallo scomporsi e dal muoversi degli oggetti nel salotto, mentre sopra i fantasmi corporei si abbandovanavo ai piaceri della carne e dell’oppio. Immerso in quell’ambiente mi raccontava del padre, egli invece, al contrario della madre, era sotto di noi , si, sotto un buon metro e mezzo di terra, dopo aver abbandonato la vita facendo risplendere nell’aria una scheggia metallica impazzita frutto di un flusso incostante di abbandoni e odii, in un susseguirsi di colpe, di sbagli di improvvise impennate e violenti ricadute.
Mai giovanni vide parenti che non furono i suoi direttissimi, madre e padre, si fa per dire.
Cambio casa piu di dieci volte nei primi dieci anni di vita, ma la musica per lui suonava sempre triste , sempre colma di note buie e stonate.
L’unico suo amico ero io, ma avevo paura di lui, del suo incederere a grandi passi nel percorso che la vita quotidianamente ci offre. Giovanni non aveva paura di nulla, tutto provava, e tutto cio che bruciava lo assaporava senza ritegno e senza limite ma con un certo splendore lunare.....
Nell’adolescenza non trovava ormai già piu segreti nel sesso, nelle droghe, nell’alcool e di tutto cio che legava gli angeli caduti nell’inferno col nostro mondo materiale fatto di scelte e decisioni.
Scopri il piacere del libro e lesse lesse lesse, mescolando ad esso il lavoro, il diavolo, e il suo futuro.
A 20 anni prede il diploma senza mai aver fatto un solo giorno di scuola superiore, ... 56 ...... disse il commissario deglutendo meravigliato dietro a quell’anima sorridente che era Giovanni.
Ormai quel pazzo ragazzo che era giovanni era diventato uomo, negli anni dell’adolescenza aveva toccato tutto con mano , spesso scottandosi , ma sempre colmo di curiosità e stupore in ogni istante che la vita gli proponeva.
Il giorno prima di partire per il servizio di leva mi suono a casa, io scesi, lui guardandomi con quel suo sguardo rilassato mi abracciò intensamente e avvertii quella sua energia vitale, poi staccandosi Giovanni mi afferrò le spalle e il suo sguardo incrocio il mio; in quel lunghissimo istante vidi un essere umano che brillava di luce propria, ora il mio Giovanni sapeva chi era e cosa voleva, nel suo vagare aveva trovato quel senso della vita che col tempo sicuramente si sarebbe evoluto ma la coscienza di quello che era non l’avrebbe mai piu abbandonato. Quella fu la prima volta che parlai ad un essere umano unicamente con lo sguardo con l’espressione e col pensiero che vinceva le barriere della realtà e ci innondava entrambi della nostra storia vissuta che ora si concludeva creando due nuovi guerrieri della luce.
Appena si allontano scappo dai miei occhi una lacrima rendendomi conto che quell’unico mio vero amico non sarebbe piu tornato qui, ora il mondo lo attendeva in tutte le sue forme piu svariate, qui aveva sofferto, qui era cresciuto qui si era formato, ora come un volatile appena svezzatto, incominciava a battere le ali librandosi nell’aria, e potendo finalmente vincere quella forza che ci tiene attaccati al suolo impedendoci di sognare e di vivere nella meraviglia del sublime che molto spesso risulta incomprensibile a chi vive nella rindondanza delle abitudini terrene.

Appena tornato nella mia stanza mi acorsi di avere un biglietto nel taschino che diceva ........


La strada

Che bella la via
liscia e sempre dritta,
I fanciulli la percorron
Felici e sicuri.
Essa li guida nella luce solare,
Nel caldo primaverile,
Con calma e pacatezza
di chi non deve temere.
È cosi che il viaggio
Diventa spensierato,
e il fanciullo ride,
con voce gaia scherza;
Finchè il buio lo coglie
Ancora infante e forse lì
Chissa .... Capisce.


La nostra strada tortuosa
Si arrampicava , Irta sui colli,
accompagnata da gelo e ombra.
Nella nebbia sprofondava,
si stendeva dubbiosa
nell’angoscia di ogni passo
Cademmo, sanguinammo ed avanzammo.
Consci del dolore di giorno in giorno,
nella triste sofferenza della vita
trovai una luce nel mio cammino.
Essa era scintilla!, accanto a me
Insieme illuminanno la via, di luce viva
Quella luce che risplende
Nel buoi della notte.

Sai Marco, .... Ci sono tante strade oscure nel mondo che hanno bisogno di luce .
È in quelle vie che voglio camminare cercando di portare quello che noi eravamo, siamo, saremo.

Un abraccio è per sempre

Giovanni

Le lacrime scorrevano ora sul mio volto, quel foglio che tenevo in mano pareva rigenerarsi e pulsare di vita propria, subito ricordai la figura di Giovanni, lassù nelle montagne in trentino, in quella notte fredda e piovosa dove, noi, soli con i nostri fucili pattugliavamo, in mezzo a quei boschi silenziosi e distanti anni luce dall’artificialità delle cose umane.
Mi sembrava di riascoltare la voce di Giovanni che mi parlava di Marco della vita e della luce......
Era bello allora, in quella veste insolita, riscoprire la voce dell’anima che portava una leggerezza irreale nei nostri corpi, i quali entravano in perfetta sintonia con la natura. Quella natura che come il dolore è tappa fondamentale per conoscere l’intima bellezza dell’essere umano.
Sfogliando le pagine consumate tolte dalla busta trovai anche un disegno fatto da Giovanni nel quale veniva rappresentata una strana scena di caos dove una volto di dea spargeva il vento su corpi di donne perse nell’oblio, in un susseguirsi di delicate e scomposte curve levigate dal canto di altre facce di donne dai capelli lunghi e ondulati che riflettevano giochi di chiaroscuro su quel movimento caotico di corpi dando a tutta la rappresentazione un’irreale idea di totale inconsistenza.

Ora ricordavo tutto, quella busta ......., vedo giovanni che il giorno prima di congedarmi mi da quel disegno e una lettera per Marco, e poi vedo Marco, col suo volto meravigliato alla vista della lettera e sento il suo abbraccio stringermi forte, fortissimo e li Marco mi diede quella busta dove poi misi il disegno e ancora .... Quella busta che nel corso degli anni dimenticai perdendola in quella miniera di ricordi rivestita di cuoio rosso.
Chiusi l’album fotografico e nello stesso tempo abbassai le palpebre, un brivido freddo ripercorse longitudinalmente il mio corpo, era da tempo che non lo avvertivo, per me significava riprendere possesso del mio io, delle mie emozioni, delle mie sensazioni, delle mie follie nascoste e di tutto cio che negli ultimi anni nascondevo in fondo al cuore per non sentirmi diverso, per consumare la mia triste apparenza.
Ora non sentivo piu il calore infiammare il mio corpo, ma avvertivo ancora quella fresca leggerezza di quando stavo solo con Giovanni. Mi voltai a guardare la luna e le stelle e il canto dei grilli e l’abbaiare dei cani , tutti i rumori odori e visioni della notte tornarono a diventare parte di me , quel meraviglioso paesaggio montano che sfogliando nei miei ricordi d’infanzia mi tornava alla mente ora si arricchiva di quella fonte che zampillava giu dai monti trasformandosi in un impetuoso ruscello vigoroso e ricco di vita che mentre si avvicinava alla valle diveniva fiume lento e compassato per poi trasformarsi in mare a chilometri di distanza. Qui colsi il vero senso della vita, quella vita che tanto spesso sparge dietro di se un’infinita di scie scintillanti, ma poi, nel mare si perde silenziosa, sola e parte di tanti altri esseri con i quali crea la storia dell’uomo e la storia della vita.
È la nel mare o storia che sia che nasce l’uomo dove le acque si fondono e dove la morte rigenera la vita.

Nei gioni seguenti diedi una svolta alla mia vita, io e marta ci allontanammo in breve tempo, divisi oramai nella nostra diversità spirituale.
Riscoprii l’amore per Dio e per il prossimo, cercai nel mondo le persone vere quelle che sanno amare veramente, provai ad illuminare il più possibile le anime che vagavano nel mio piccolo mondo di provincia, qualche volta con successo altre senza risultati ma pur sempre nel rispetto di ogni singolo essere umano.
Trovai l’amore per una donna quando ad ogni movimento delle sue e mie labbra si plasmavano nella mia mente figure danzanti color pastello, tenui nei profili e sinuose nei movimenti, le nostre brevi ma intense risate riportavano al mio udito manifestazioni sonore di gioia provenienti dalla spensierate giornate passate all'aperto quand'ero bambino in piccoli parchi persi nei miei cari e verdi boschi. Il tutto mi si addensava nella mente creando una specie di cortometraggio che mi lasciava con un'espressione sorridente pietrificata sul volto, dove la bocca semichiusa non assorbiva ne emetteva ossigeno per lunghi tratti, come fosse in attesa di un'altro tipo di linfa vitale da bruciare, per generare quella forza necessaria per dissolvermi ed entrare in quelle brevi scene audiovisive, e qui, poter cingere la vita di quelle anime incorporee e danzare all'infinito immerso nel gaio vociare di eterna spensieratezza.

stefano

   
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