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 Sebastiano
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Gabriella Cuscinà
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Inserito - 16/10/2004 :  17:41:48  Mostra Profilo  Visita la Homepage di Gabriella Cuscinà Invia un Messaggio Privato a Gabriella Cuscinà

Sebastiano

Dario un giorno ricevette una telefonata d’affari. Era un nuovo cliente, si chiamava Sebastiano e disse di essere paralitico. Siccome si muoveva con difficoltà, lo pregò di andarlo a trovare a casa.
Un pomeriggio dunque, Dario si presentò all’indirizzo indicatogli, entrò in un vecchio caseggiato fatiscente e bussò a una porta. Gli venne ad aprire la sorella dell’interessato, una donna dimessa. Alcune suppellettili e taluni arredi dell’appartamento gli fecero capire che il suo proprietario faceva l’indovino. In quel momento era occupato con una cliente e la sorella l’informò che ogni giorno riceveva una decina di persone cui prediceva il futuro.
“Si accomodi prego,” disse “mio fratello appena possibile la riceverà.”
“ Ne avrà per molto?” chiese Dario.
L’altra fece l’atto di non saper rispondere e invece esclamò: “Ho sempre sperato che Sebastiano smettesse di fare ciò che fa!”
“Perché scusi, non condivide l’operato di suo fratello?”
“Caro signore, ho avuto una visione premonitrice! Mio fratello dovrebbe smettere.”
“Visione? Che visione?”
“Nostra madre morì dando alla luce Sebastiano. Anche nostro padre morì giovane. Restammo soli e senza una lira. Lui ha intrapreso questo mestiere assurdo. Abbiamo di che vivere, ma la mia coscienza è sempre angosciata poiché mi rendo conto di quanta gente venga turlupinata da mio fratello. L’altro giorno udii un movimento impercettibile alle mie spalle. Mi girai e lo vidi! Mio padre era là! Udii chiaramente la sua voce che ci biasimava perché Sebastiano sta derubando il prossimo!"
“Ma sarà stata un’illusione. Una specie di allucinazione. Non ci pensi, non è possibile che abbia visto realmente suo padre.”
Nel frattempo, era uscita da una stanza una donna dall’aspetto misero e macilento.
Dario venne invitato a entrare.
Sebastiano era un tipo bruno, che emanava uno strano odore d’incenso, come se la sua pelle ne fosse impregnata. Immobilizzato su una sedia a rotelle, portava gli occhiali scuri poiché era anche cieco. Attorno a lui vi era trasandatezza e degrado, le pareti erano annerite e senza intonaco, i mobili ridotti all’essenziale.
Fece accomodare Dario e subito intavolò un discorso di ordine etimologico: “Ciao. Ma tu sai perché noi Italiani salutiamo sempre con il ciao?”
“No, penso sia un modo dire, come per gli Americani salutare con hallo.”
“Macché! Sino a cento anni fa, in Italia dicevano solo arrivederci, addio, buongiorno, buonasera. Il ciao era diffuso solo in Lombardia che l’aveva preso dal Veneto, anzi dal dialetto veneziano, essendo infatti l’alterazione lombarda del veneziano s-ciao, in Italiano schiavo.”
“Schiavo? E perché schiavo?”
“Nel Veneto era forma di saluto reverenziale, come dire: schiavo vostro. Quindi da schiavo divenne s-ciao e poi ciao.”
“Ma guarda! Invecchio imparando cose nuove. Mi pare che lo dicesse Solone,” osservò Dario facendo anche lui sfoggio di erudizione.
Seppe che Sebastiano aveva intenzione d’investire una certa somma di denaro e che desiderava avviare un’attività di commercio import export. Lui si chiese se quel denaro fosse stato guadagnato onestamente o piuttosto rubato alla povera gente credulona. Quell’uomo non gli ispirava fiducia. Parlava con tono saccente e puntava i suoi preoccupanti occhialoni neri. E poi Dario era sensibile al furto perpetrato verso chi è più debole. Dunque fu restio a concludere affari con quell’individuo. Si limitò a prospettargli talune possibilità ed eventuali settori di commercio. Si salutarono, senza avere concluso nulla di concreto.
Quel personaggio bieco e ambiguo aveva risvegliato in lui strane sensazioni.
Qualche giorno dopo, si trovava a bordo di un mezzo pubblico e, tra le persone all’altro capo della vettura, ebbe l’impressione di ravvisare qualcuno con la fisionomia di Sebastiano. Ma nello stesso tempo era diverso. Aveva capelli biondi, gambe agili e abiti eleganti. No. Non poteva essere lui. Eppure il sembiante, i lineamenti erano gli stessi. Dario si era sempre piccato d’essere buon fisionomista, e ora la sua curiosità era fortemente pungolata.
Cercò, facendosi largo, di raggiungere l’individuo, ma l’impresa era ardua e non riusciva ad avanzare per la calca. Allora diede qualche gomitata e riuscì a passare. Non appena gli fu dietro, avvertì l’odore di incenso che già conosceva. Quello si girò, lo guardò e trasalì. Ci vedeva perfettamente. Alla fermata successiva scese dall’autobus e si dileguò. Dario non ebbe più dubbi che si trattasse dell’indovino.
Fu colto dai dubbi più feroci: doveva o meno recarsi alla Polizia per denunciare quel millantatore? Non solo abusava e si prendeva gioco dell’ingenuità della povera gente, ma per giunta agiva sotto falso sembiante. Aveva una doppia personalità! Doveva denunciarlo!
Mentre si avviava al distretto di Polizia più vicino, si sentì chiamare e salutare. Vide dinanzi a sé una ragazza che aveva conosciuto recentemente. Un tipo che amava viaggiare e girare il mondo.
“Ciao Dario! Ti ricordi? Sono Sandra. Ci siamo conosciuti quando stavo partendo per il Messico.”
“Sì certo, mi ricordo. Ciao. Sei stata in Messico? Ti sei divertita?”
“Non ne parliamo! Non sono più andata. Non puoi immaginare cose m’è successo!”
“Ch’è successo?”
“In aereo avevo chiesto l’auricolare ad una hostess per ascoltare la musica.
Me lo diede e pretendeva che pagassi. Non mi era mai capitato di dover pagare per l’auricolare. Dunque non volevo darle i soldi. Allora me lo strappò dalle mani e cominciò ad urlare. Nella foga, urtò contro il mio anello e si è procurò una piccola ferita.”
“Sei stata protagonista di un’avventura in volo,” aveva detto Dario sorridendo.
“Ancora non hai udito nulla. L’hostess ha detto al capo steward che non volevo pagare e che per questo l’avevo aggredita. Prima di raggiungere il Messico, l’aereo ha fatto scalo a Filadelfia. Ad aspettarmi ho trovato i poliziotti dell’ufficio immigrazione che mi hanno ammanettato e lasciato in isolamento per qualche ora.”
“Ma stai dicendo sul serio?”
“Poi un’agente donna dell’FBI mi ha portato in un ufficio della Polizia di Filadelfia, dove mi hanno preso le impronte digitali, scattato le foto segnaletiche e sbattuto in una cella. Io non riuscivo a capire cosa stesse succedendo.”
“Ma è incredibile!” Dario era esterrefatto.
“Dopo due giorni, con l’aiuto del viceconsole, sono stata rilasciata in attesa di giudizio. Poi il giudice mi ha prosciolta, ma ti assicuro che non dimenticherò mai più la rigidità faziosa delle autorità americane e ciò che mi hanno fatto.”
“Già, capisco. Un viaggio di piacere si è tramutato in tragedia. Mi spiace.”
Si erano salutati e Dario aveva cominciato a riflettere che se avesse denunziato Sebastiano alla Polizia, lo avrebbe rovinato. Sua sorella come sarebbe vissuta? Chi l’avrebbe aiutata?
Decise di desistere e di farsi i fatti suoi. Ma improvvisamente riaffiorarono i ricordi nella sua mente. Rivide una scena di molti anni prima: il figliolo di un noto imprenditore, fuggendo dall’inseguimento di un’auto blindata della Polizia, aveva provocato un incidente mortale. Infatti la vettura delle forze dell’ordine andò a sbattere contro un muro di contenimento. Morirono tutti gli agenti. Quel rampollo era cliente della concessionaria di auto che Dario aveva a quei tempi.
I giornali avevano riportato i fatti come un semplice tragico incidente occorso a una pattuglia in servizio. Ma lui conosceva la verità e s’era reso conto di come funzionasse la legge italiana, pronta a coprire i potenti.
Il suddetto rampollo infatti era stato scagionato da ogni responsabilità. Ma al momento dell’incidente, stava viaggiando con la sua compagna, una top model molto nota. Sconvolto dall’accaduto, l’aveva portata negli uffici della concessionaria, come luogo protetto, per sottrarla all’assalto dei fotografi e per non dare risalto all’accaduto. In seguito, le famiglie degli agenti di Polizia deceduti erano state abbondantemente risarcite e aiutate economicamente dal noto imprenditore, ma suo figlio era rimasto impunito.
Con l’età, Diego cominciava ad avere strani ripensamenti, a filosofeggiare di più, aveva rimorsi di coscienza e rifletteva cento volte prima di agire. Si diceva che era effetto dell’età che avanzava. Insomma si ritrovò a valutare se non fosse proprio il caso di andare a denunciare Sebastiano. Le legalità andava sempre rispettata. Anche combattendo contro il lassismo e permissivismo delle leggi italiane.
La sorella del manigoldo se la sarebbe cavata in qualche modo.
Decise che l’indomani sarebbe andato alla Polizia. Ma non fece in tempo.
Sui giornali del giorno successivo lesse che era stato arrestato un truffatore e sedicente indovino che simulava e si faceva passare per storpio e cieco. Era lui. Era Sebastiano che era stato portato in carcere perché ingannava i malcapitati clienti e rubava il loro denaro.


Gabriella Cuscinà

   
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